Care signore e signori, capisco che oggi nevica in buona parte d’Italia-anche da dove scrivo- ma per quanto voi vi prodighiate, lo faccio anche io, con l’aiuto di certe e certi dai profili invisibili per chi li nega. Ci mettono delle pupazze e dei bambocci a dirigere Tempeste e Assalti globali, come qualcuno di voi sa…
Fatta questa prefazione vengo ai Fatti di Cosa Vostra a Casa Nostra, malgrado non sia facile far emergere le storie, interrate, come i farmaci scaduti degli ospedali nel NordEst e smaltiti nei terreni, calpestate quasi con fervore sadomaso, come certe scarpe feticist, scarponi da donne soldato, per Pari opportunità.Alcune Breaking the Silence, che significa che rompono…il silenzio.Nun ce se crede, nun ce se crede, se ne mpressione se, na guardata se….
Parto dall’ultima notizia ricevuta e torno indietro, dal momento che Noi non siamo complici e poche righe per farvi capire di chi scrivo e di chi smaltisce con Pari opportunità, donne uomini, persone nel fango e nella violenza, lucrando sulle loro disgrazie, come il Potere mafioso delle chiese e delle parrocchie politiche insegna cosa mostrare e cosa tacere, in tutte le 4 stagioni.
“Una sera dei primi d’agosto 2009 Vittorio Addesso, ispettore-capo del Centro di identificazione per immigrati (Cie) di Milano, cerca di violentare Joy, una donna nigeriana, nella sua cella. Grazie all’aiuto di Hellen, sua compagna di reclusione, Joy riesce a difendersi. Qualche settimana dopo nel Cie scoppia una rivolta contro le condizioni disumane di reclusione. In quell’occasione Joy, Hellen e altre tre donne nigeriane vengono ammanettate, portate in una stanza senza telecamere, fatte inginocchiare e picchiate violentemente. In seguito alla rivolta, a Milano si è svolto un processo contro 14 donne e uomini migranti, tra cui Joy e le altre.Durante una delle prime udienze, quando in aula entra Addesso per testimoniare, le/i migranti processati denunciano pubblicamente gli abusi quotidiani da parte di quell’ispettore-capo e Joy trova il coraggio di raccontare del tentato stupro. In seguito al processo, alcuni/e migranti, tra cui Joy e le altre nigeriane, vengono condannati a 6 mesi di carcere; altri a 9 mesi. Le ragazze vengono separate e mandate in diverse carceri, in modo da isolarle e neutralizzare la forza che hanno saputo esprimere collettivamente… Segue intervista ed appello“
Venerdì mattina 12 febbraio da un commento a una nota su FB che riporta un articolo del Manifesto: “Joy è stata prelevata (sequestrata) in nottata e trasferita al CIE di Modena. Stessa sorte probabilmente per Debby, sua compagna di cella.”
Giovedì 11 febbraio,ore 16,30: “Questa mattina il comune di Milano e la Ministra per le pari opportunità davano lustro a se stessi con un convegno dal titolo “sicurezza e aiuto” sulle azioni “di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne”. Sala strapiena, buona metà dei posti a sedere occupati da forze dell’ordine di vario tipo e grado in divisa da gran spolvero, moltissime donne, di quelle che ogni giorno si occupano concretamente di altre donne che hanno subito violenza, costrette a stare in piedi. Eravamo ben certe, anche visto il pubblico, che di “prevenzione” di quello che succede alle donne recluse nei CIE non si sarebbe affatto parlato, quindi al momento della tavola rotonda abbiamo alzato dei cartelli e la voce chiedendo conto delle violenze e delle molestie sessuali perpetrate da solerti funzionari delle forze dell’ordine all’interno del centro di e identificazione ed espulsione di via Corelli e distribuendo dei volantini di informazione sulla vicenda di Joy ed Hellen, tra gli applausi di molte delle donne presenti. A quel punto è intervenuta la digos che ci ha strappato i cartelli e ci ha spinte fuori per identificarci, non riuscendo però ad impedirci di terminare di volantinare e di rilasciare delle interviste a giornalisti presenti. Le “ospiti non gradite” si sono poi ripresentate a sorpresa con altri 200 volantini distribuiti alle donne in uscita al termine del convegno. Le donne che si sono incontrate al presidio del 25 novembre in piazza Cadorna e che vogliono rompere il silenzio di Milano sulle violenze nei Cie.
Giovedì 11 febbraio, da Monica Perugini”Questa mattina alle ore 11 ho incontrato Priscilla nel carcere di Mantova, avendo chiesto al direttore di entrare in quanto consigliere provinciale. Sono sette mesi che sta rinchiusa, senza nemmeno una visita. Priscilla ha 22 anni, è nigeriana e la storia la conoscete, domani esce per fine pena e non lo sapeva neanche. Non sa nemmeno che cosa l’aspetta d’ora in poi. Abitava a Conegliano. Domani verrà trasferita, posta in carico alla Questura, ma poichè non ha i documenti il magistrato, sentita l’assistente sociale, deciderà se rilascare il foglio di espulsione e dove farla “accogliere”. Probabilmente in un CIE. Esce dal carcere, per aver scontato tutta la pena, entra in un lager per venire espulsa. Eppure contro la condanna è stato interposto appello e quindi la vicenda potrebbe essere considerata in itinere permettendo a Priscilla di restare in Italia. L’amministrazione potrebbe disporre anche una forma di accoglienza reale e non l’internazione in un altro centro d’espuilsione, dopo aver pagato a caro prezzo da Via Corelli in poi. Vi aggiornerò sugli sviluppi di queste ore. Intanto vorrei che tutti coloro che si sono fatti un’impressione consolidata dell’immigrato clandestino, proprio come hanno voluto questa legge, costume e consuetudine, possano incontrare, un giorno, dietro le sbarre invalicabili di un carcere dove non sei di nessuno, una cittadina come Priscilla. Di certo qualche dubbio su quanto hanno acquisito come convinzione, sorgerebbe in loro. Ma non è così perchè queste ragazze che hanno avuto il coraggio di ribellarsi e denunciare stupri e violenze nei CIE, sono state tolte dalla circolazione e attorno al loro è stato alzato un muro di silenzio, tanto da non farle comprendere cosa significhi che fuori delle altre donne si stanno interessando di loro e che fuori, la stragrande maggioranza non conosce la loro storia.”
mercoledì 10 febbraio 2010 da Marginalia “ Per Joy, Hellen, Florence, Debby e Priscilla. E tutte le altre dannate della terra Ricorderete tutte/i come, dopo le rivolte di questa estate nel Cie milanese di via Corelli e il processo che ne seguì, le migranti e i migranti coinvolte/i furono sapientemente sparse/i in diversi carceri della penisola. Le cinque donne – Joy, Hellen, Florence, Debby e Priscilla – per scadenza dei termini della pena, dovrebbero essere “rilasciate” venerdì 12 dai carceri di Como, Brescia e Mantova, per essere probabilmente riportate in un Cie e poi “rimpatriate” . Per chi, nonostante qui l’avessimo documentata dall’inizio, non ha ben chiara tutta la vicenda, nell’impossibilità di scrivere ora una cronistoria rinvio ai diversi blog/radio/siti (e in primis noinonsiamocomplici) che stanno seguendo la vicenda passo passo e che indicano anche gli orari e i luoghi di ritrovo per la serie di iniziative previste venerdì mattina ( e per tutta la giornata, finché bisogna) sotto i suddetti carceri (e anche, in sostegno, altrove, come a Roma). Per il resto non avanzo ipotesi e per riflessioni, analisi, bilanci, rimando , nonostante una certa urgenza, a un prossimo futuro. Il momento esige cautela, e disgraziatamente su più fronti”.
E siccome siamo donne Aperte a dibattiti e processi, tra morte vive e Altre in mezzo,
e a quanto pare i vivi non ricordano
“Siamo i genitori di Carmela Cirella, una ragazzina di tredici anni che il 15 aprile del 2007 è volata giù dal settimo piano di una palazzina del quartiere Paolo VI di Taranto, dopo aver subito diversi abusi e violenze sessuali da parte di individui certamente non degni di essere denominati come esseri umani, ma soprattutto dopo aver constatato sulla propria pelle l’assoluta incapacità delle istituzioni, nel rispondere alle sue richieste di aiuto.”
“Gelsomina Verde avevi vent’anni torturata e ammazzata da quel fango che per molti non esiste e per altri è un bene. Mai nessuno stato medaglie ti darà, nessuna chiesa santa ti farà.”Gelsomina Verde era nata a Napoli il 1982 morta lì, il 21 novembre 2004 “fu una vittima della camorra, torturata e uccisa a 22 anni nel pieno della cosiddetta faida di Scampia; il corpo venne poi dato alle fiamme all’interno della sua auto. Era il 21 novembre 2004…Si è ipotizzato che il cadavere della giovane donna, uccisa con tre colpi di pistola alla nuca dopo ore di torture, sia stato bruciato per nascondere agli occhi della gente le tracce dello scempio inflittole. Infatti, l’omicidio di questa giovane, colpì notevolmente l’opinione pubblica per le sue modalità efferate e per il fatto che Gelsomina era del tutto estranea alle logiche dei clan: operaia in una fabbrica di pelletteria, era solo stata legata affettivamente ad uno degli scissionisti, e la relazione si era interrotta alcuni mesi prima dell’assassinio della ragazza.”
Ho scritto e riportato quanto sopra, perchè oltre ad essermi state segnalate con urgenza le ultime notizie, c’è una sorta di lotta, che non va avanti con i clic, ma con amore tra donne e donne e i loro compagni, che fa scrivere ad un’amica che non ho ancora mai incontrata, la scorsa notte: *amica visto che tu hai le parole, che ne dici se ci pensi un pò a questo, tempo permettendo(lo so che sei super incasinata)…?”…………….Il ruolo delle donne, madri, sorelle, figlie o mogli, è in questa fase diventata importante.Esse, infatti, rompono consuetudini, esprimono i loro sentimenti e le loro richieste in modo aperto, scrivono lettere personali ai propri mariti in carcere che vengono pubblicate. Nelle manifestazioni sono in prima fila e le più anziane cercano di liberare i ragazzi appena arrestati dalla polizia negoziando o fingendo di esserne le madri.Il regime da segni di paura di fronte alla costanza e alla determinazione di queste donne, proprio per questo bersaglio di attacchi, arresti e minacce.”baci e buona serata*
Si, ci si ribella e manifesta, come domani 13 febbraio 2010 a Roma, dove torneremo, ironia della sorte, a Piazza Bocca della Verità: NO VAT Facciamo Breccia. Se vi siete annoiati, se avete trovato il testo pesante e sgradevole, conservate solo quest’ultima notizia ma non inoltratela, già campeggia a livello nazionale. Auguri per San Valentino, ci teniamo anche noi all’Amore.
“Antonella Clerici indosserà le scarpe gioiello di Loriblu al 60/mo Festival di Sanremo che prenderà il via il 16 febbraio. Oltre sessanta sono i modelli realizzati a mano dalla celebre griffe marchigiana su misura per la conduttrice del Festival con cristalli swarovsky, strass e pietre preziose.”
La tamurriata si fa sempre più nero profondo.
Doriana Goracci
video e riferimenti
p.s. ” perchè i vivi non ricordano?” viaggi fuori dai paraggi.