Italiani all’estero attenti ai quaquaraquà
Essi sono una categoria ben individuabile. Solitamente hanno i piedi a papera, dicono io io ed indicano i cattivoni che gli rubano la marmellata alla mamma con il dito indice. Mentre lo fanno nascondono la testa dietro alla parannanza. Portano quasi sempre una borsa bustina sotto il braccio per contenere qualche foglio la classica: vieni cummico (la vieni sempre con me) che di solito contiene qualche bolletta da pagare.
Non hanno alcuna cognizione se non per le cose che sanno fare bene come allacciarsi le scarpe o suonare il campanello del portone di casa. Hanno la bocca impastata dai congiuntivi e credono di aver detto tutto senza aver proferito parola. Sono sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato mandati da gente sbagliata con intenti sbagliati.
Il quaquaraquà è una figura storica della gamma delle tipologie umane già al tempo del compianto avanspettacolo. Giacca corta al di sopra delle natiche a rigoni grandi colorata di giallo e quadretti verdi. Unico bottone allacciato, quello centrale.
Baffi, dimenticavo. Quelli, sì mi raccomando, hanno quasi sempre i baffi per rispondere ed ottemperare ad una tacita legge che ne legittima le connotazioni complessive. Essi ignorano del tutto gli argomenti che si apprestano a trattate e se ne conoscono qualche aspetto è su quello che sono in grado di argomentare ore ed ore. Di solito tendono, per avere la meglio, a basare il loro eloquio sul discredito degli altri con l’ausilio di un alito fetido e ripugnante.
Ecco, cari italiani all’estero, se vedete uno così siete al cospetto di un esemplare in cattività di quaquaraquà. Vi consiglio di fotografarlo ed appendere quella fotografia nella cameretta dei vostri figli piccoli o dei nipoti in maniera tale da suscitare la loro ilarità. Ah, non vi fidate mai di loro. Per carità!
