"UNO CHE NON CI HA MAI ABBANDONATO"

La figura e l'opera di Pietro Nenni verrà rievocata al Senato della Repubblica il 27 gennaio prossimo da Mauro Ferri, Riccardo Nencini, Giovanni Pieraccini e Sergio Zavoli.

di Andrea Ermano

Di Pietro Nenni, morto a Roma il primo gennaio del 1980, è ancora ben vivo un ricordo di grande umanità e dell'azione svolta come leader del Psi e come statista. Noi lo ricordiamo anche e non da ultimo come un esponente autorevolissimo dell'emigrazione socialista — insieme a Filippo Turati, Giuseppe Saragat e Sandro Pertini . La sua leadership crebbe e si temprò negli anni dell'esilio, della Guerra di Spagna e della Seconda guerra mondiale.

In quegli anni Nenni fu a lungo direttore dell'Avanti-ADL. L'organo del Psi veniva redatto a Parigi e stampato a Zurigo in coedizione con la nostra testata. L'ADL era “tollerato” in Svizzera grazie alla direzione responsabile di Pietro Bianchi. Il quale Bianchi rivendicava per altro di non aver scritto mai, in tutta la sua vita, un solo rigo di piombo. L'editore del futuro ministro degli esteri socialista si definiva con grande orgoglio “operaio edile sindacalizzato”. Aveva accettato controvoglia quella funzione pro forma, affidatagli da Modigliani a nome del partito. Avevano prescelto Bianchi in quanto, fidatissimo, si era naturalizzato qualche anno prima e la cittadinanza elvetica acquisita lo avrebbe preservato da un'estradizione “nelle patrie galere”.

Bianchi detestava i preti “dall'età di dieci anni”, e non risparmiava affilatissime ironie alla boria intellettuale, ma aveva una venerazione per Nenni. E per parte sua Nenni, dopo la guerra, confesserà: “Io non mi sen­to né uo­mo di Parlamento né uomo di go­ver­no né, an­co­ra me­no, uomo di Stato, ma un militante della classe ope­ra­ia; con una sola speranza: che il giorno in cui morirò gli o­perai possano dire: è morto uno dei nostri, uno che si sen­tiva come noi, che lottava con noi, che non ci ha mai ab­ban­donato”.

Sentimenti forse incomprensibili oggi, in un'epoca dominata dal potere finanziario e dall'influenza abnorme che esso esercita su di noi tramite i mass media. La neolingua ha derubricato “operaio”: una non-parola. Quando nel 1998 la direzione di MondOperaio, rivista politico-culturale fondata mezzo secolo prima da Pietro Nenni, venne affidata a Claudio Martelli, questi fu preso forse dall'imbarazzo per quella dicitura così poco trendy (Mondo? Operaio?) e pensò bene di segmentarla in tre elementi lessicali: “Mondo-Opera-Io”. Con l'Io s'intendevano esaltate le “nuove soggettività”.

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Mondo-Opera-Io?! Era ancora l'epoca del “Nuovo che avanza” (e delle privatizzazioni di banche pubbliche un tanto al chilo). Gli ex quadri intermedi e dirigenti del Psi ti spiegavano di essersi dovuti accasare a destra perché il brand “socialismo” non tirava più. Per non parlare degli ex quadri intermedi e dirigenti del Pci che vaneggiavano di partiti liquidi e altre amenità, passando dal Cremlino a Wall Street senza fermate intermedie, di tutta furia, tanto per non arrivare in ritardo alla catastrofe finanziaria globale, dopo aver atteso così a lungo che il Muro di Berlino gli cascasse su quella zucca da primi della classe.

Mondo-Opera-Io?! A dire il vero anche noi ci interrogavamo in quegli anni se una denominazione come L'Avvenire dei lavoratori non andasse in qualche modo “superata”. Per il poco che può interessare, confesso che le mie remore furono sulle prime di carattere meramente storico e filologico.

Mondo-Opera-Io?! Certo è che parole come “operaio” e “lavoratori” sono terribilmente demodé. Qualsiasi vip fa più notizia dei 41 morti sul lavoro, dei 1'042 invalidi sul lavoro e dei 41'702 infortuni sul lavoro registrati in Italia dal 1° al 15 gennaio 2010.

Mondo-Opera-Io?! Intanto il numero degli operai nel mondo ha continuato a crescere. La verità è che non ce n'è mai stati così tanti, di operai, da quando esiste l'uomo su questo pianeta. Senza contare una “nuova” soggettività molto speciale, il lavoratore-schiavo, un tipo di produttore umano dotato di dignità personale in corso di azzeramento. Insomma, le cose non è che vadano bene. Ma d'altronde, diceva Keynes: “Quando l'accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è probabile che le cose vadano male.”

Mondo-Opera-Io?! Il punto di minima è stato raggiunto con il dibattito sull'Art. 1 della Costituzione repubblicana, che recita così: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. C'è chi asserisce che la menzione al lavoro andrebbe tolta in quanto non ha trovato applicazione pratica. Il solito sofisma. Si confonde il fatto con il diritto. Nelle parole “fondata sul lavoro” i padri costituenti collocarono la Repubblica sul basamento del lavoro, escludendo cioè che essa “possa essere fondata sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla fatica altrui”. In realtà, l'elusione del primo caposaldo costituzionale e ancor più la proposta abrogativa rappresentano un evidente atto di auto-accusa dell'establishment. La molla è un forte imbarazzo: comprensibile. Ma allora non serve sfondare il fondamento della Repubblica né deturparne la Costituzione. Meglio sarebbe mettersi una mano sulla coscienza.

Chissà che cosa avrebbe pensato Pietro Nenni di tutti noi e di tutto ciò?

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Dopo la Seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, Nenni fu il principale fautore del referendum istituzionale tenutosi nel 1946. Da esso nacque la Repubblica Italiana. Il leader socialista appartiene perciò al novero dei grandi padri costituenti, in posizione del tutto preminente. “Un uomo politico che può essere indicato a modello per la rinascita della nostra società dalla grave crisi etica e politica in cui essa si trova”, ha scritto di recente lo storico Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni.

E proprio la Fondazione Nenni insieme alla rivista MondOperaio ha promosso un convegno dedicato al leader socialista, affidando a Mauro Ferri, Riccardo Nencini, Giovanni Pieraccini e Sergio Zavoli il compito di ricordarlo.

L'incontro avrà luogo nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica (Palazzo Giustiniani) il 27 gennaio prossimo a partire dalle ore 17.00.

Parlare di Nenni il 27 gennaio, cioè nel “Giorno della Memoria” vale a ricordo anche della figlia, Vittoria, che fu deportata e morì ad Auschwitz, rea di avere preso parte all'attività di propaganda clandestina contro il nazi-fascismo.

All'appuntamento in Senato verrà presentato il numero di dicembre di MondOperaio dedicato a “Nenni, trent'anni dopo”. La rivista è attualmente diretta da Luigi Covatta. Il numero speciale “Nenni, trent'anni dopo” contiene contributi di: Nencini, Tamburrano, Aleksandrov, Zavoli, Usai, Emiliani, Sassano, Gervasoni, Iacono, Granati, Isinelli, Salvitti, Sabbatucci, Colarizi, Strinati, Scirocco, Cafagna, Finetti, Intini, Macaluso, Galloni, Ferri, Pieraccini, Paolicchi, Formica, Colucci, Acquaviva, Fontana Nenni e Benzoni.

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