diFederico Palomba
il testo del mio intervento di oggi alla Camera dei Deputati, in risposta all'intervento del Ministro della Giustizia Alfano sull'amministrazione della giustizia.
Testo dell'intervento
Signor Presidente, signor Ministro, svolgerò nella seconda parte dell'intervento le considerazioni di carattere tecnico, ma adesso è il momento di occuparsi degli aspetti politici, dei rapporti tra politica e giustizia. Ebbene, signor Ministro, dopo la sua relazione, constato che non ci siamo. Sono passati due anni e la politica della giustizia che la sua maggioranza, il Presidente del Consiglio e i consiglieri del Premier le hanno imposto non è quella che interessa ai cittadini e probabilmente non è quella che lei vorrebbe. Forse, anche lei sente la delusione dello scarto tra ciò che vorrebbe fare e ciò che è costretto a fare o non fare.
Noi non troviamo nella politica della giustizia di questa destra italiana alcuna idea di come risolvere i gravi problemi che riguardano i cittadini. Ne abbiamo un chiaro esempio nella sua imbarazzata relazione, che contiene l'elencazione di poche cose fatte, ma che, al contrario, a parte le omissioni sulle leggi ad personam, contiene proclami, alcuni senza contenuto, come sulle riforme ordinamentali e strutturali, e altri che incombono minacciosamente per i contenuti detti non nella relazione, ma nelle infuocate e devastanti dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dei suoi ripetitori di provocazioni, come a proposito delle riforme costituzionali sulla giustizia.
Ma se anche la sua relazione fosse un miracolo di precisione, dovremmo pur sempre partire dall'abc della giustizia, che significa uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e rispetto per una delle tre funzioni sovrane, qual è la giustizia.
La magistratura è sì un ordine, perché è sorretta da norme ordinamentali, ma è indipendente e autonoma dagli altri poteri dello Stato, come afferma l'articolo 104 della Costituzione, che voi vorreste stravolgere e travolgere. Non si può parlare di riforme quando il Premier ha una sola idea fissa in testa: demolire la giustizia, delegittimare chi la esercita, intimidire i magistrati direttamente o a mezzo di lacchè, giornalisti o altri, possibilmente sterminare chi la pensa diversamente con dossieraggi a orologeria.
Sarà pure lecito qui specularmente ribaltare sul Presidente del Consiglio le espressioni che egli usa rovesciare sui magistrati, fedeli servitori dello Stato. Li definisce eversivi, ma, allo stesso modo, dobbiamo dire che, in realtà, è lui un eversore dell'ordine costituito.
Per lavare le sue macchie, non esita a rovesciare fiumi di insulti e di calunnie sui magistrati e sui pubblici ministeri, soprattutto. Una volta li ha definiti non sani di menti, anzi, meglio, geneticamente tarati – io ho fatto per quarant'anni il magistrato, così come è un magistrato il sottosegretario Caliendo: non ce ne siamo mai accorti, ma se lo dice lui – e un'altra volta li definisce plotoni di esecuzione, come indecentemente ha detto ieri, con il contorno degli attacchi insensati a tutte le istituzioni di garanzia, Presidente della Repubblica e Corte costituzionale inclusi.
È ormai gigantesco il dossier del CSM a difesa dei giudici contro gli attacchi del premier. La demolizione del senso comunitario e del rispetto delle regole che lo governano è talmente profonda che ci vorranno decenni per ripristinare il senso della legalità e del rispetto delle istituzioni, senza i quali una società organizzata si trasforma in un aggregato fondato sulla legge del più forte.
Il Capo del Governo è insofferente dinanzi ad ogni controllo; chi è troppo pieno di sé o ha cose da nascondere vuole comandare solo lui. Il Parlamento è già svuotato di compiti e poteri, esclusi quelli semplicemente notarili di cose che non possono non passare per esso; per le altre, si decide fuori.
Vorrebbe pure piegare ai suoi voleri la superstite istituzione di controllo, la magistratura, ma siccome non ci riesce, né con la minaccia né con la lusinga, pensa a stravolgerla con riforme costituzionali, il cui obiettivo finale è quello di controllare l'azione penale dei pubblici ministeri, sottoponendoli al controllo dell'Esecutivo insieme al CSM, affinché sia sempre e solo lui a governare, a decidere le leggi, ad interpretarle e ad applicarle, a fare le sentenze.
Un unico ed assoluto padrone di tutto: così sì che la politica sarebbe politicizzata nel senso letterale del suo controllo da parte della politica, ma se ai cittadini si chiedesse se vogliono una giustizia controllata e diretta dai politici di turno o una giustizia indipendente, magari imperfetta, non ho dubbi che, al 100 per cento, preferirebbero la seconda, perché la selvaggia delegittimazione operata dal Capo del Governo avrà pure indebolito il consenso dell'istituzione giudiziaria, ma i politici sono infinitamente indietro nella considerazione sociale, all'ultimo posto, perché la politica viene vista come lo strumento per fare gli affari propri e sfuggire la giustizia.
Ci rivolgiamo con rispetto e fiducia al Capo dello Stato e gli chiediamo di esercitare il massimo controllo, e se necessario di bloccarli, su quei provvedimenti che stravolgono l'ordine costituzionale, deprimono uno dei poteri dello Stato ed esaltano l'arroganza dell'uomo al comando.
Ma diciamo anche ai cittadini: aprite gli occhi, perché il «capo supremo» vuole anche una giustizia fatta da lui e sotto il suo controllo, come era al tempo del Medioevo e prima dello Stato di diritto.
Signor Ministro, vi sono 5 milioni e mezzo di cause civili pendenti: i cittadini penserebbero che bisogna ridurre i tempi di queste cause, e che per ottenere tale risultato ci vogliono più magistrati, più personale di cancelleria, più risorse finanziarie, norme più agili e stringenti che evitino l'ostruzionismo processuale. Ma la destra al Governo non la pensa così: è abile nel cavalcare questo bisogno di giustizia civile e di processi più rapidi per dire che questa giustizia non va, ma al solo scopo di rispondere con leggi ad personam che hanno l'unico obiettivo di evitare al Primo Ministro di dover partecipare alle udienze penali che lo riguardano, come fanno tutti i cittadini. E così il Parlamento, con una batteria impressionante messa in campo, è ingessato, non per risolvere i drammatici problemi che la crisi economica scarica su tante famiglie, e neanche per consentire alla giustizia di funzionare meglio: l'unica riforma che la destra introduce è «ammazzare» 100 mila processi per far morire i due che riguardano il Presidente del Consiglio, applicando retroattivamente le disposizioni calibrate sulle sue esigenze.
Si dice che non si vuole concedere una nuova amnistia per svuotare le carceri, ma di fatto la si concede, «uccidendo» un'enorme quantità di processi. Così facendo, si distrugge la difesa sociale nei confronti dei criminali, alla faccia della sbandierata volontà di garantire la sicurezza. Ma dove sono finiti i proclami di rispetto della legalità e di lotta alla criminalità di quanti un tempo facevano parte di Alleanza Nazionale? Niente: si deve soccombere alla «legge del capo», a costo di lasciare liberi centinaia di migliaia di delinquenti. E dove sono finiti i proclami leghisti, che a parole affermano di voler contrastare la criminalità, ma poi lasciano passare ogni legge che salva i delinquenti pur di mantenere il patto con «Roma ladrona», che garantisce loro privilegi ed enorme potere? E riguardo alla giustizia penale, ci si accorge che i processi sono lunghi solo quando li si deve «uccidere» per salvare il Premier, altrimenti nessuno se ne sarebbe occupato; allora, invece, i cervelli si «strizzano», e vengono fuori tutte le idee di salvataggio.
La Camera è bloccata, non da interventi a favore delle famiglie o delle imprese che stanno morendo, malgrado la propaganda in una televisione, anche pubblica, ormai asservita alla maggioranza, non da interventi organici per la giustizia, ma da una fantasiosa definizione del legittimo impedimento a comparire in udienze, come necessariamente conseguente al fatto di essere Premier o ministro: per 18 mesi si pretende che egli sia sottratto alla giustizia italiana, che è fatta per tutti i cittadini. In tal modo, si inventa con una legge ordinaria una prerogativa per i politici, che può essere introdotta solo con legge costituzionale. L'ha ripetutamente detto la Corte costituzionale che non si può fare, quando ha annullato il cosiddetto lodo Alfano, approvato nel tempo record di 72 ore; l'hanno ripetuto gli illustri studiosi che la Commissione ha sentito; e lo sanno benissimo anche le tante persone oneste della maggioranza, ma a loro non importa. E sapete perché? Hanno fissato il tempo di validità della legge in 18 mesi, perché è quello prima del quale la Corte costituzionale non potrebbe ancora una volta spazzare via questa legge illegittima, ed è il tempo entro il quale la maggioranza spera di far approvare con legge costituzionale il cosiddetto lodo Alfano ed il ripristino dell'immunità parlamentare. Questo è cinismo! Intanto approviamo lo scudo, quando sarà caduto ne avremo già altri. Questa è l'idea di giustizia che le impongono, signor Ministro: come evitare la giustizia ai potenti, gli altri si arrangino; se sono cittadini normali, non importa niente a nessuno.
Ma agli italiani non dovrebbe interessare sapere se chi li governa è un lestofante o un'immacolata persona prima, e non dopo che abbia governato? E se poi risultasse un delinquente? Sapete che soddisfazione saperlo a cose fatte, oltre il danno anche la beffa! Chi è inquisito per gravi reati non dovrebbe potersi neppure candidare: prima si faccia giudicare, se sarà assolto potrà farsi eleggere ed eventualmente assumere responsabilità di Governo.
C'è un che di perverso nel ragionamento del Capo del Governo… (Commenti). Mannino è stato assolto da un giudice, da altri giudici! C'è un che di perverso nel ragionamento del Capo del Governo, che dice che il consenso di cui afferma di godere lo mette al riparo da tutto. È proprio sicuro che gli italiani attribuiscano un salvacondotto a chi hanno eletto, e che può fare tutto? Forse che non gli hanno dato il consenso per governare la cosa pubblica, e non per fare affari personali?
Mai il livello di aggressione della politica sulla magistratura era stato così infuocato, determinando quel clima di odio e di isolamento che in altri tempi è stato il terreno di coltura delle stragi di mafia: Livatino, Chinnici, Ciaccio Montalto, Falcone, Borsellino, oltre che fedeli servitori della Polizia e dei carabinieri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
L'attentato agli uffici della procura di Reggio Calabria è un segnale gravissimo, il richiamo ai plotoni di esecuzione evoca purtroppo anche tutto questo e chi compie questo richiamo si assume una pesantissima responsabilità per quello che potrebbe accadere. Ministro, non ho parlato di giustizia perché ne parlerò dopo, ma è certo che il suo capo non fa altro che delegittimare i giudici della Repubblica italiana e la giustizia amministrata nel nome di quello stesso popolo italiano al quale il Premier si appella per dire che vale di più la funzione di Governo di quella dei giudici.
Il Premier governa per il consenso del popolo, ma il giudice amministra la giustizia rendendo le proprie decisioni nel nome dello stesso popolo italiano. Negli Stati Uniti i processi sono promossi dallo Stato, e quindi dal suo popolo, nei confronti dell'imputato: quale popolo vale di più, quello al quale lui si appella per sottrarsi alla giustizia o quello che dovrebbe giudicarlo per accertare se è colpevole o innocente? Il Premier la smetta con questa inutile, stucchevole pantomima: gli italiani non si lasceranno ingannare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori – Congratulazioni).