“Dopo 18 mesi il Ministero dell’interno risponde a una interrogazione alla quale ci eravamo dati già una risposta”. “Anche per i richiedenti l’iscrizione anagrafica in Italia, ai fini del riconoscimento o del riacquisto della cittadinanza italiana jure sanguinis, si applicano le norme introdotte con la legge 28 maggio 2007, n. 68, cioè il rilascio di una semplice “dichiarazione di presenza” in luogo del permesso di soggiorno” – ha ricordato l’On. Marco Fedi commentando la risposta del Governo alla sua interrogazione.
“Apprezziamo l’impegno a monitorare l’applicazione delle circolari 14/2008, 32/2007 e 52/2007, oltre alla possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per “attesa di cittadinanza”, ma riteniamo ancora insufficiente lo sforzo per fare in modo che vi sia un’informazione immediata, accurata e diffusa nel modo più ampio sul territorio: lo testimoniano le continue richieste di chiarimento ed intervento che riceviamo”.
“La discussione svolta in Commissione affari costituzionali ha evitato di toccare questi temi nonostante l’impegno a produrre un testo unificato di riforma della cittadinanza”.
“Siamo lontani da un testo unificato che tenga conto della sentenza con la quale il 26 febbraio di quest'anno la Corte di cassazione ha riconosciuto alle donne italiane coniugate con cittadini stranieri prima dell'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale il diritto di trasmettere la cittadinanza ai propri discendenti”.
“Il Governo è stato assente”. “Credo sia utile rilevare come sia mancata, in questa delicata fase, l’azione del Governo tesa sia a predisporre una riforma organica della cittadinanza che tenga conto dei grandi temi vicini alle nostre comunità, dalla riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana fino al superamento della discriminazione nei confronti delle donne, sia nel chiedere un eventuale stralcio di queste norme dal testo unificato per un esame distinto dagli altri temi di riforma” – ha concluso l’On. Marco Fedi.
Risposta Ministero dell’interno a INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/00837
La soluzione alla problematica segnalata è da individuarsi nelle direttive che il Ministero dell'interno ha emanato già in occasione dell'entrata in vigore delle disposizioni introdotte con la legge 28 maggio 2007, n. 68 recante “Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio”.
Tale normativa ha previsto, per i soggiorni inferiori a tre mesi, il rilascio di una “dichiarazione di presenza” in luogo del permesso di soggiorno e le istruzioni ministeriali hanno precisato che a tale dichiarazione possono fare ricorso anche i discendenti di cittadini italiani onde poter disporre di un titolo per l'iscrizione anagrafica finalizzata all'acquisto della cittadinanza iure sanguinis.
Analoga opportunità, pertanto, deve ritenersi disponibile anche per lo straniero che si trasferisce in Italia per attivare la procedura del riacquisto della cittadinanza di cui all'art. 13 della legge 5 febbraio 1992, n.91: anche questi può e deve rendere la dichiarazione di presenza di cui alla predetta legge 28 maggio 2007, n. 68 ai fini dell'iscrizione anagrafica occorrente per il riacquisto.
Ove la procedura si protragga per oltre tre mesi, superando cosi i tempi del permesso di soggiorno di breve durata, gli interessati possono chiedere al Questore del luogo di residenza il permesso di soggiorno “per attesa di cittadinanza”.
In presenza di particolari presupposti di necessità ed urgenza, peraltro opportunamente documentati dagli interessati, le Questure potranno procedere, in via eccezionale, al rilascio di un'autorizzazione al soggiorno sul modello cartaceo (con validità limitata a seconda delle esigenze prospettate) nelle more della produzione del titolo in formato elettronico da parte del competente Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
Tali opportunità sono state oggetto di specifiche direttive già indirizzate alle Prefetture ed alle Questure. I competenti uffici del Ministero dell'interno, per il tramite delle Prefetture, continueranno ad effettuare periodici monitoraggi al fine di scongiurare difformi e pregiudizievoli applicazioni dei predetti indirizzi, anche da parte dei Comuni, sul territorio nazionale.