Malpensa, le promesse non mantenute. Bersani a Malpensa: così non va

Ad un anno esatto dalla nascita della Cai, la nuova Alitalia, Pier Luigi Bersani ha incontrato i lavoratori della Sea per discutere del futuro dell'aeroporto di Malpensa e di tutto il suo indotto, dopo che, nonostante tutte le promesse, Alitalia ha dismesso la maggior parte dei voli. Lavoratori che stanno ancora aspettando il governo in aeroporto, come prometteva la Lega, “per affrontare il tema dello sviluppo”. Invece non si è visto nessuno.

Durante la conferenza seguita agli incontri il leader del Pd ha risposto anche alle domande dei cronisti a seguito delle nuove dichiarazioni spot di Berlusconi sulle riforme istituzionali e del fisco.

Alitalia. “Sono stati spesi tre miliardi in più con il risultato di avere meno servizi. Noi facciamo gli auguri ad Alitalia perché abbia buoni conti però mi chiedo anche quali riverberi positivi sui servizi siano venuti da questa operazione”.

Un bilancio in rosso, ha proseguito il segretario del Pd:
“Di certo c'è il disastro dei conti dell'azienda Italia. Sono stati spesi tre miliardi in più rispetto all'ipotesi di Air France che fu osteggiata da Berlusconi e dalla Lega. Tutto questo sarà pagato dai contribuenti e dagli azionisti”.

A noi del Piano Fenice, come battezzarono l'operazione di salvataggio restano solo le ceneri perché “di questi tre miliardi di euro 300 milioni furono addirittura presi dai fondi per le piccole e medie imprese. Allora Air France capitalizzava cinque miliardi di euro, con 500 milioni avremmo potuto partecipare con il 10% alla più grande compagnia aerea del mondo. Lo stato francese ha il 16% e noi avremmo potuto sedere al tavolo della compagnia più grande del mondo”.

“Abbiamo speso tre miliardi per avere più servizi, più occupazione, e uno sviluppo di Malpensa? No, abbiamo solo cose in meno. Non ci vengano a dire che gli asini volano e non lo devono dire neppure agli italiani”.

“Si sarebbero salvati i voli, dicevano, si sarebbero salvati i posti di lavoro, dicevano – ha rincarato Matteo Mauri, responsabile nazionale per trasporti e infrastrutture – invece la nuova Alitalia è poco più che di respiro regionale e ha ridotto a 13 le tratte intercontinentali. La collettività ha pagato in modo durissimo l'operazione e siamo molto lontani dall'avere una vera compagnia di bandiera. Tutto in nome di un'italianità e di un'operazione elettorale che gli italiani stanno pagando duramente, i costi veri per il Paese sono stati altissimi”.

La Lombardia regoli il sistema aeroportuale. Lo chiede l'ex presidente della Provincia di Milano e capo della segreteria politica di Bersani, Filippo Penati, che spiega: “Malpensa in quest'ultimo periodo è cresciuta soprattutto nel settore delle low cost finendo così per fare concorrenza ad Orio al Serio e a Montichiari. Malpensa dovrebbe invece fare concorrenza a Francoforte, non a Bergamo. Bisogna mettere ordine nel sistema lombardo degli aeroporti dato che i cavalieri bianchi della cordata voluta da Berlusconi hanno lasciato solo tre rotte intercontinentali giornaliere a Malpensa. Il governo deve chiedere alla nuova Alitalia a che punto sono le trattative per la ridefinizione degli slot”.
Per questo Penati al governo che ritiene che sia meglio non farsi vedere, chiede: “Almeno convochi una buona volta il «tavolo Milano» che ha istituito”.

Martina denuncia: “Si decide tutto a Roma”. Maurizio Martina, segretario regionale del partito, boccia la politica aeroportuale di Formigoni perché “si fa a Roma. Sarebbe molto interessante, a un anno di distanza, riprendere i toni di Formigoni, che annunciava cataclismi se le potenzialità di Malpensa fossero state menomate. Ma la giunta lombarda non ha portato a casa nessun risultato: ha “bevuto” tutta la strategia elaborata nei salotti romani. In campagna elettorale il presidente della regione diceva: portiamo il modello lombardo a Roma. Nei fatti accade il contrario, e si decide tutto nella capitale. Apriamo gli occhi, le scelte fatte hanno diminuito le opportunità”.

Meno tasse per tutti? Per Bersani il Pd è pronto a discutere di fisco con il Governo che deve però cessare la politica degli annunci. “Quale riforma fiscale? Passano da un annuncio all'altro. Due mesi fa si doveva abolire l'Irap, adesso si riprende la proposta di 16 anni fa su due aliquote. Che cosa vuol dire due aliquote? Quali sono i tetti e le detrazioni? Questo governo ci fa correre dietro a delle palle perse”.

“Vogliano discutere di fisco? – ha proseguito – pronti a farlo domani mattina. Discutiamo sulle detrazioni Irpef per il lavoro e le famiglie, sul superamento degli studi di settore, sugli equilibri tra imposte sul lavoro e rendite finanziarie, sulla lotta al nero e all'evasione. Su questi punti siamo pronti anche domani mattina”.

Elezioni reginali e primarie. “Le primarie non sono un vincolo ma un'opportunità”. Così il segretario del Pd ha risposto alle domande dei giornalisti in merito alla scelta dei candidati per le prossime elezioni regionali. “Decideranno – ha ribadito Bersani – le assemblee regionali del partito se, come e dove farle. Adesso dobbiamo privilegiare la messa in campo di candidati forti. Abbiamo buone occasioni e dobbiamo coglierle”.

“Il partito non è un notaio – ha continuato il leader del Pd – che stila solo il regolamento delle primarie. Penso che nelle situazioni dove la destra è già in campo debba essere privilegiata l'immediatezza e l'efficienza della scelta”. Sulla scelta del candidato nel Lazio “ho detto che la Bonino è una fuoriclasse, fuori dagli stereotipi e non deve essere imbrigliata. Si è capito come la penso, ovviamente nel rispetto delle scelte degli organi del partito. Per quanto riguarda la Puglia, il tema non è l'esclusione di questo o quel candidato ma le opportunità per un ampliamento dello schieramento”.

“Le candidature – ha concluso Bersani – dovranno essere presentate il 20 febbraio e in otto o nove regioni siamo già a buon punto sia nella definizione della coalizione sia nella scelta dei candidati. Ricordo che sono le assemblee regionali che devono decidere perchè noi siamo l'unico partito federalista. Gli altri decidono uno in una villa oppure in due o tre persone. Noi abbiamo un partito con delle assemblee”.

Riforme istituzionali. Bersani ha voluto ribadire che le riforme sono sì importanti ma che non rientrano nelle priorità che coinvolgono direttamente i cittadini. “Non siamo per il tanto peggio tanto meglio ma Berlusconi deve sapere che non decide lui quando si fa l'amore e quando si litiga. Se in Parlamento viene invaso da quello che ho definito uno tsunami con iniziative che, pur avendo l'apparenza della generalità, hanno l'urgenza della soluzione del problema di uno noi, non siamo disposti perchè pensiamo che questa cosa possa pregiudicare un discorso di sistema, per l'Italia e per tutti gli italiani”.

“Noi – ha aggiunto Bersani – siamo pronti a discutere sulle riforme istituzionali e a portare avanti un discorso di sistema in grado di rileggere i rapporti tra governo, Parlamento e magistratura. Ma è importante ricordare che le priorità dell'agenda politica devono essere maggiormente connesse alle esigenze degli italiani. Non possiamo parlare solo di riforme istituzionali, dobbiamo fare come fanno negli Stati Uniti dove si discute di riforma sanitaria o in Germania, in Spagna e in Inghilterra dove si discute di fisco e di lavoro. Mentre altrove si discute di crisi e di lavoro, noi cosa facciamo? Discutiamo di processo breve?”.

Sui temi del fisco, del lavoro e dell'immigrazione il Pd ha già fatto delle proposte. “Berlusconi non pretenderà che noi facciamo le proposte, loro se ne fregano e noi applaudiamo. La buona educazione esiste ma la sudditanza no”.

A.Dra. – Ma.Lau.

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