Il senso della riforma costituzionale

E’ maturata progressivamente, da un quarto di secolo o poco piu’, la consapevolezza di una stringente urgenza di riformare organicamente la nostra organizzazione sociale. Ripensare il significato dei valori che sostengono i principi cardine dell’ordinamento giuridico, adeguare le regole alla nuova dimensione di un mondo globalizzato che ci ha fagocitato nostro malgrado, ragionare in termini di divenire piuttosto che di venire da. Ma siamo pur sempre una societa’ portatrice di un inestimabile patrimonio culturale ed umano, che per conservare la propria identita’, e offrirne cosi’ la ricchezza agli altri popoli, deve innanzitutto sapersi spogliare di tutte le sue caratteristiche, non per cancellare il proprio passato ma per rivitalizzarlo. Saper distinguere i veri valori, validi autonomamente, da quelli illusori, legati cioe’ solo ad un particolare momento storico.
La Costituzione e’ la legge fondamentale che un popolo, libero e padrone delle proprie scelte, si da’ per autodisciplinarsi. Quella vigente non e’ nata in condizioni di serenita’ sociale ma a seguito di una guerra civile e questo fatto ha determinato una serie di disarmonie al suo interno che la rendono incapace di auto-adeguarsi alle esigenze contemporanee.
Gia’ nel “Discorso sulla Costituzione” del 26 gennaio 1955, Pietro Calamandrei spiegava agli studenti universitari – in sostanza – che la Costituzione fosse anche una polemica contro il passato, contro il regime appena caduto, citando in particolare la parte relativa ai rapporti civili politici, ai diritti di liberta’. Quelle liberta’ che prima della Repubblica erano ‘disconosciute’ segnavano da allora un modo diverso di concepire l’appartenenza del cittadino allo Stato. Ma si definivano in contrapposizione alla loro precedente ‘negazione’. E non era tutto. La reazione non riguardava solo l’individuo, ma l’ordinamento della Repubblica nel suo insieme. Un sistema di equilibrio di poteri che tendeva forse piu’ a neutralizzare il potere dell’Esecutivo, mascherando quell’intento con il parlamentarismo un po’ immobilista del bicameralismo perfetto, che a consentire una dinamica gestione del potere decisionale. Da qui l’assenza di una precisa responsabilita’ politica direttamente individuabile e la correlata tipicita’ delle crisi di Governo che ha caratterizzato la Prima Repubblica. La continua ricerca di alleanze costituiva un terreno fertile perche’ si degenerasse in corruzione generalizzata del sistema.
Era dunque da prima che si arrivasse all’esasperazione estrema, il terremoto di Mani Pulite, che dovevamo gia’ pensare ad una nuova Costituzione, non limitarci al referendum per abolire il finanziamento pubblico ai partiti e all’abolizione dell’immunita’ parlamentare. Da quella crisi strutturale emerse nettamente sulla scena una forza politica che era stata soffocata per decenni. La Destra in Italia era stupita essa stessa del fuoco che sembrava non aver mai cessato di ardere sotto le ceneri. Non era pero’ nostalgia del passato. Cosa significava allora? Era la coscienza del popolo che, allertata dal simbolismo del crollo del muro di Berlino come fine delle contrapposizioni ideologiche, indicava il nuovo percorso: riconoscere le disfunzioni della realta’ storica e politica italiana per poterle correggere. Si era giunti a compimento di un’evoluzione silenziosa che richiedeva solo un ultimo sforzo: restituire dignita’ a quella parte di italiani ai quali era stata negata.
Non era sufficiente la grande intuizione della Destra italiana di ‘lasciare la casa dei padri’ per emanciparsi dal proprio passato e reinventarsi in un ruolo europeo ancora piu’ avanzato, fino a lasciarsi assorbire da un ideale polo liberale e moderato che si riassume pero’ nella personalita’ carismatica di un leader politico davvero anomalo, sicuramente fuori dall’ordinario. Cosi’ come non e’ stato minimamente utile al Paese la danza un po’ macabra della Sinistra: non avendo mai chiarito il suo stacco con il proprio passato, non ha funzionato come coalizione ‘anti-Berlusconi’ e nemmeno come pessima imitazione del Partito Democratico di Obama, tantomeno andra’ lontano con un leader ‘pre-scelto’ dall’altra parte.
La democrazia della Seconda Repubblica e’ ancora zoppa. Si e’ vero, ci sono stati i libri del revisionismo di Pansa che hanno rivelato un passato martoriato e squalificato con eccessiva foga. Ma siamo sicuri che l’abitudine al clima di vendetta contro una dittatura che appartiene ormai alla storia si sia stemperata? Saremmo forse in grado di confrontarci sulla stessa memoria del passato magari mettendo Mussolini e lo stesso Fascismo in grado di esercitare il proprio naturale diritto di difesa durante un processo intellettuale formale? Provare a comprendere come mai una dittatura che e’ arrivata a riscuotere un consenso sensazionale abbia poi attratto tutto quell’accanimento distruttivo teso a negare una qualsiasi forma di positivita’ di quel regime, fino a vietare per decenni di manifestare un pensiero scientifico critico e a perseguitare coloro che avevano creduto sinceramente in quegli ideali con intimidazioni e leggi discriminatorie a partire dalla Scelba e all’ancora vigente XII disposizione transitoria della Costituzione.
I diversi tentativi di riforme istituzionali andati a vuoto, o che non hanno esplicato gli effetti desiderati, hanno trasformato l’urgenza di una riforma costituzionale in emergenza, ma c’e’ da chiedersi se si possano affrontare le riforme in queste condizioni, con animo aperto, dribblando l’operato degli sfascisti ad oltranza. La politica italiana si disperde cosi’ facilmente in battibecchi infiniti che rendono molto ‘teatrale’ lo scontro tra pochi personaggi …in cerca d’autore. Il cittadino e’ relegato al ruolo di suddito-spettatore di questa messa in scena, abilmente giostrata dai mezzi di comunicazione di massa, e non riesce piu’ a giudicare la raffica di provvedimenti normativi di proposte concrete, realta’ di fatto, decisioni e risultati, che dovrebbero soddisfare concretamente i bisogni della collettivita’. La riforma Costituzionale, sia nella sua interezza sia in una versione parziale, non fara’ miracoli ne magie. Il risanamento della societa’ italiana passa per la reciproca legittimazione politica cementata dalla condivisione di una storia comune. Federica Polegri

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