di Franco Grillini
Qualche volta in questi anni è sembrato che la libertà non fosse fra i valori fondanti del centrosinistra. Qualche volta è sembrato che anche i progressisti fossero ipnotizzati dalla retorica berlusconiana sulla libertà: dato che la destra si era data, contro ogni verosimiglianza, l’etichetta di “Casa delle libertà” e ora “Popolo della libertà”, il centrosinistra è talvolta sembrato accettare la tesi che altre dovessero essere le nostre priorità, le nostre insegne e i nostri valori.
La democrazia liberale non sarebbe quello che è senza le battaglie per la libertà degli individui condotte per due secoli dai liberali e dalla sinistra nei paesi dell’Occidente, spesso perfino quando importanti forze all’interno di quest’ultima si richiamavano a modelli e ideologie teoricamente contraddittori con quelle battaglie. Di fronte alla marea montante dei nuovi populismi e dei fondamentalismi di matrice religiosa (che sono i più feroci avversari delle libertà liberali) va ricordato che ogni forza politica davvero liberale o ogni forza politica del centrosinistra occidentale moderna si caratterizza essenzialmente per lo scopo di garantire in modo effettivo l’esercizio delle libertà individuali a chi ancora ne è escluso.
Questo vale innanzitutto per le libertà che un tempo una parte della sinistra definiva borghesi: la sfrontatezza con cui la destra ha agitato il tema del garantismo, solo perché tanti suoi esponenti a cominciare dal suo capo erano rincorsi da rinvii a giudizio, non può essere un motivo per concludere che la tutela rigorosa dei diritti di libertà dei cittadini sia naturalmente un valore della destra. È sempre stato vero il contrario.
La “mitezza” del diritto, assieme alla sua certezza, sono valori tipici della tradizione liberale occidentale e della migliore tradizione del centrosinistra nel nostro continente. Mitezza e al tempo stesso certezza del diritto sono anche la sola risposta possibile alla diffusa domanda di sicurezza e di tutela sia dalla grande criminalità terroristica che dalla grande criminalità politica e finanziaria, dalla corruzione ancora e nuovamente dilagante e dalla stessa criminalità di strada, una domanda che non ha bisogno, da parte nostra, di risposte demagogiche ed “esemplari”, ma di maggiore efficienza, di nuove tecnologie, di maggiore razionalità e soprattutto di maggiore fiducia nei valori illuministici che sono e devono rimanere una parte integrante della migliore tradizione liberale e democratica europea e italiana.
Le nostre risposte non possono essere quelle della destra, di cui si fece portavoce a suo tempo perfino uno dei suoi leader oggi fra i più avvertiti, quando disse: “Gli italiani dovranno abituarsi alla riduzione delle libertà individuali nella lotta al terrorismo”. Difendere le libertà e le garanzie costituzionali contro ogni stravolgimento della Costituzione e contro ogni tentazione autoritaria è il primo obbligo che grava su tutti noi.
Certezza oltre che mitezza del diritto, anziché calcoli compiacenti e azzardi politici rivelatisi nel passato disastrosi, dovranno guidarci anche nell’applicazione delle norme vigenti in materia di pluralismo dell’informazione, di incompatibilità ed ineleggibilità previste dalle leggi elettorali e nella elaborazione di rigorose normative antimonopolistiche nel campo dell’informazione politica.
Anche sul terreno della politica dell’immigrazione, anziché fluttuare fra retoriche meramente “buoniste” e rincorse della demagogia populista della destra, dobbiamo porci con assoluta priorità il problema dell’integrazione degli immigrati, spesso provenienti da contesti politici e culturali autoritari, nei valori etico-politici della democrazia liberale: non seguendo la linea della minore resistenza nell’attribuzione casuale e al tempo stesso indiscriminata di questo o quel diritto, bensì garantendo in modo rigoroso a tutti il pieno rispetto della dignità della persona umana, reprimendo severamente ogni forma di razzismo e di xenofobia e favorendo la piena, celere e coerente integrazione degli immigrati che ne manifestino espressamente la volontà nei diritti e nei doveri della piena cittadinanza. A condizione che essi accettino senza riserve i fondamentali principi etico-politici della democrazia europea, a cominciare dall’altrui libertà religiosa e dalla parità di diritti: anche per apostati, donne, minori, omosessuali.
Ma il terreno su cui è più urgente recuperare al patrimonio dell’area progressista italiana la battaglia per le libertà e i diritti è quello dei diritti umani, civili e individuali legati alla natura pluralistica e secolarizzata della nostra società.
Alla metà degli anni Settanta la grande avanzata elettorale progressista avvenne anche sull’onda delle grandi battaglie per i diritti civili – leggi su divorzio, aborto, obiezione di coscienza, riforma del diritto di famiglia, abbassamento della maggiore età ai diciott’anni – che la sinistra aveva finito per fare proprie (anche allora spesso superando un’iniziale riluttanza) e portato al successo. Da allora la società italiana non è certo tornata indietro, anzi, i processi di modernizzazione e di secolarizzazione, e con essi l’affrancamento da rapporti personali e sociali propri di una tradizione autoritaria e violenta, sono ulteriormente avanzati. L’Idv deve spingere l’intero centrosinistra a tornare a farsi interprete di questi cambiamenti sociali, deve proporsi come il partito della modernizzazione civile, senza timori di compromettere alchimie di vertice, o benevolenze ecclesiastiche. Dobbiamo incalzare la destra su questi terreni, e non consentirle più, come è perfino accaduto, di atteggiarsi impunemente a paladina della libertà e della modernizzazione del paese.
Su questioni come il diritto dei giovani a un’istruzione libera (cioè laica e non autoritativamente predeterminata da scelte altrui), la difesa rigorosa della laicità delle istituzioni (anche a livello locale), la libertà della ricerca scientifica, la lotta contro le discriminazioni e i diritti umani degli omosessuali, il riconoscimento delle loro unioni e delle famiglie di fatto eterosessuali e del carattere pluralistico dei modelli di famiglia, l’aborto per via non chirurgica e su tutte le gravi questioni della bioetica a cominciare dalla fecondazione assistita e dalla clonazione terapeutica, non c’è forza liberale del mondo occidentale che non si caratterizzi, in tutto o in parte, con maggiore o minore radicalità, attribuendovi maggiore o minore peso nell’ambito della propria proposta politica, per posizioni improntate, rispetto a quelle della destra tradizionalista, a una chiara e riconoscibile scelta di libertà.
Solo per fare un esempio, in materia di diritti umani degli omosessuali non c’è stato un solo caso in cui una forza politica liberale o progressista occidentale, giunta negli ultimi anni al governo del proprio paese, non abbia operato, nei limiti consentiti dalla situazione politica locale, riforme legislative importanti e significative: così hanno fatto, se c’è bisogno di ricordarlo, il Partito socialista francese, i partiti liberale socialdemocratico e verde tedeschi (il leader dei liberali tedeschi Guido Westerwelle, è un omosessuale dichiarato), i partiti liberale e laburista britannici; e, in paesi certo non meno cattolici dell’Italia, il Partito socialista spagnolo e il Partito socialista portoghese; per non parlare dei partiti liberali, socialdemocratici e verdi scandinavi e olandesi; e tale è stato altresì l’impegno di democratici americani, liberali canadesi, laburisti australiani e neozelandesi. Ma anche i partiti moderati di questi paesi, dai neogollisti francesi ai popolari spagnoli ai democristiani olandesi, a gran parte dei democristiani tedeschi e oggi anche dei conservatori britannici, hanno largamente condiviso tali riforme, o almeno appoggiato versioni più moderate di quelle riforme, ma che andavano comunque nella stessa direzione.
Allo stesso modo va pienamente recuperata la consapevolezza che in una società multiculturale e multireligiosa, come è ormai quella italiana, solo il più rigoroso rispetto della laicità delle istituzioni repubblicane può garantire un terreno comune per l’integrazione e la pari dignità sociale di tutti i cittadini. Lungi dal costituire la riproposizione di antiche e superate divisioni, la rigorosa laicità delle istituzioni è anche la condizione necessaria e primaria perché la nuova società multiculturale non si trasformi in un assemblaggio di microcomunità integraliste e settarie, ostili fra loro o meramente conviventi nell'attesa d’essere abbastanza forti per sopraffarsi a vicenda.
Certo la politica è anche il terreno del realismo e dei compromessi. Certo si dovrà magari anche tener conto delle posizioni politiche degli alleati e anche di sensibilità culturali distinte che pure sono presenti fra aderenti e militanti del nostro partito. Ma non si può accettare che, in nome della ricerca del minimo comun denominatore, la nostra sia la sola classe politica occidentale ad ammutolire su questi temi o a borbottare solo vaghi buoni propositi che non si traducono poi in iniziative di riforma puntuali o in decise campagne politiche: con il risultato, spesso, di pagare il prezzo della generica simpatia manifestata per la causa dei diritti civili, rinfacciataci dagli avversari, e di rinunciare, per sfiducia nelle nostre buone ragioni, a farle valere di fronte all’opinione pubblica. Esse sono patrimonio comune di tutte le forse politiche liberali, democratiche e di sinistra, anche delle più moderate, del mondo occidentale cui apparteniamo.
La politica italiana deve recuperare il ruolo di protagonista attiva della modernità e della libertà. Sono bandiere nostre, che non vanno più lasciate cadere nel fango, perché siano raccattate e agitate dal primo demagogo di passaggio.