E’ venuto il momento di un piano del Governo per le piccole e medie imprese

Per le PMI è l’ora della necessità di risultati
La “proposta Guzzetti”

di Angelo De Mattia

Quando, agli inizi di questo decennio la Banca d’Italia sostenne, in diverse circostanze , e innanzitutto nelle Considerazioni finali del Governatore all’assemblea di fine maggio, che sarebbe stato opportuno promuovere un processo di aggregazione delle minori imprese che mutuasse alcuni elementi del consolidamento bancario, si levarono le critiche, in primis del mondo confindustriale, alcune sollevando addirittura , senza tema del ridicolo, l’eccezione di incompetenza istituzionale della Banca a discutere di questa materia. Si contestò un andare in un apodittico “ fuori registro”.

L’esigenza aggregativa veniva, naturalmente, sostenuta senza nulla togliere al ruolo fondamentale, di vero e proprio polmone della nostra economia, svolto dalle medie e piccole aziende. Come sempre, tuttavia, il tempo è galantuomo e fa giustizia delle critiche strampalate. Con la crisi finanziaria è difficile trovare oggi posizioni di dissenso sulla necessità che le imprese in genere – come ha ricordato Mario Draghi nella Giornata del risparmio – e in specie quelle minori riprendano il processo di ristrutturazione comunque avviato negli anni successivi a quelle analisi e proposte della Banca centrale.

Occorre agire con i mezzi a disposizione hic et nunc, senza affidare la ripresa all’esclusiva leva delle esportazioni, attendendo così passivamente il miglioramento del contesto internazionale.

In effetti, dal versante per noi di maggiore interesse – gli Usa – vengono, da ultimo, notizie non negative: il Pil del terzo trimestre segna un incremento del 3,5 per cento annualizzato, migliorano gli orientamenti delle imprese, anche se non si può dire che si è ormai fuori dal pelago , vista la persistente perdita di posti di lavoro e considerato, come é stato sostenuto, che dopo crisi rilevanti il prodotto ha segnato, in passato, balzi percentuali doppi dell’attuale. Anche negli Usa sono tuttora acute le difficoltà nelle quali si trova il comparto delle imprese minori.

I tempi per una exit-strategy, a livello globale ed europeo, non sono, in ogni caso, ancora maturi. Dovrà preliminarmente essere chiaro che gli assai incerti sintomi di ripresa non siano dovuti alle misure straordinarie di sostegno promosse dalla mano pubblica. Tra gli esperti ritornano le disquisizioni, mercé l’utilizzo delle lettere dell’alfabeto, se si tratterà di una uscita dalle difficoltà a V o a U, avendo per fortuna abbandonato in questo simbolismo economico-montessoriano la lettera W. In tale contesto, appare intempestiva la decisione, preannunciata dal presidente della Bundesbank, Axel Weber, che la Bce si accingerebbe ad adottare con il ritiro di alcune misure di iniezione di liquidità nel sistema.

Forse, sarebbe opportuno attendere qualche elemento di maggiore chiarificazione prima di assumere un tale provvedimento, che comunque dovrà alla fine essere adottato per poi essere seguito dalla revoca delle altre misure non convenzionali di politica monetaria, quando sarà possibile varare la strategia di uscita dalla crisi. Ma si tratta di decisioni che richiedono una scelta dei tempi ben ponderata. Un errore potrebbe rialimentare le difficoltà, soprattutto se si dovessero aggiungere problemi dal lato dei soggetti possessori di derivati.

Se questa è la situazione, se, pur nella certezza che la caduta delle economie si è arrestata, non si nutre altrettanta certezza nel rilancio, allora, per ciò che riguarda il nostro Paese, è urgente sostenere le imprese minori, oggi le più esposte ai riflessi della crisi, perché pezzi fondamentali, storici, del nostro apparato produttivo non vadano dispersi, insieme con il lavoro, le tradizioni, le culture, lo spirito di comunità. E’ un impegno di cui anche altri Paesi si stanno dando carico, pur non essendo le aziende piccole e medie cosi innervate in quelle economie, come nella nostra. Draghi ha sottolineato con forza che il principale contributo che il sistema bancario può dare alla nostra economia sta nel non far mancare il sostegno del credito intelligente, prudente e selettivo al processo di ristrutturazione che le imprese devono riprendere, dopo l’interruzione dovuta alla crisi o, comunque, devono avviare ex novo.

E’ un’opera, questa, che è legittimo attendersi dal sistema delle banche, il quale deve dedicare particolare attenzione ai possibili processi di aggregazione delle imprese minori, ora che anche i distretti – che pur hanno beneficiato negli anni di provvedimenti di sostegno – soffrono le conseguenze della crisi. Si tratta di corrispondere a programmi di integrazione che siano promossi sulla base di una adeguata visione strategica, capace di unire ai vantaggi dell’impresa minore la maggiore robustezza che si può conseguire con le sinergie della concentrazione.

In questo quadro, è interessante la proposta illustrata dal Presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, in tema di rafforzamento patrimoniale delle imprese, che prevede la costituzione di appositi fondi di sviluppo attraverso collaborazioni tra pubblico e privato, tra banche e associazioni settoriali di imprese,con il possibile coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti. Lo scopo sarebbe principalmente quello di favorire aggregazioni tra imprese piccole o medie, utili a contrastare la situazione di debolezza in cui diverse di queste sono venute a trovarsi.

Si tratta, ora, di valutare attentamente questo progetto in fieri del quale ha parlato anche il Ministro dell’economia, riservandosi – come è già accaduto per la moratoria dei debiti nei confronti del sistema bancario – una valutazione a posteriori sul comportamento degli istituti di credito ai fini dell’eventuale concessione di misure fiscali agevolative: insomma, una sorta di politica dello scambio ancora sub judice.

Un progetto del genere ricorda, fatti i dovuti cambiamenti, quei provvedimenti legislativi adottati nella seconda metà degli anni settanta per la riconversione e la ristrutturazione industriale, nei quali, però, il ruolo dello Stato era predominante. Da tali misure si potrebbe, tuttavia, trarre ulteriore ispirazione, pur tenendo conto dell’enormemente mutato contesto globale e italiano.

Occorrerà valutare come ai fondi in questione contribuiscano le singole banche, come queste articolino la loro iniziativa tra credito e apporti nel capitale, come siano rispettate le reciproche autonomie e quali risorse intenda dedicarvi la Cassa DD. PP. A. quest’ultima, che oggi beneficia dell’impulso organizzativo e strategico dell’amministratore delegato volto opportunamente a innestare i canoni dell’operare dell’impresa in un organismo che pur sempre è incardinato nella pubblica amministrazione se non altro sotto il profilo sostanziale, si chiede ora un decisa accelerazione dei tempi dell’istruttoria per le operazioni di finanziamento secondo i recenti provvedimenti normativi che hanno aperto alla Cassa ampie possibilità operative. Così come si richiede la compiuta definizione dello status ordinamentale di questo organismo ai fini della sottoposizione all’Organo di vigilanza, procedendo nel percorso intrapreso.

Ma non basta, certamente, ciò che possono fare per le imprese il sistema bancario, le stesse fondazioni ex bancarie, i fondi accennati, la Cassa DD.PP. Occorrono provvedimenti direttamente dello Stato. E qui si tocca il tema della legge finanziaria in corso di discussione, con le ipotesi di parziale soppressione dell’Irap, del rilancio dei crediti di imposta, del rimborso dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, etc.

Il necessario apporto delle banche dovrebbe essere integrato da interventi pubblici che prevedano un piano organico di sostegno, agendo prioritariamente su quelle misure che abbiano effetti più rapidi, pur senza essere slegate dal quadro di assieme. Un piano che abbia anche la funzione di chiarire costi e benefici. Per esempio, ridurre l’Irap per le imprese sotto i 50 dipendenti e compensare la riduzione con la soppressione dei contributi in conto capitale, come si propone con un emendamento parlamentare, fa nascere subito l’esigenza, al di là delle tecnicalità, di chiarire quale sia il saldo netto di una tale operazione.

Occorre organicità. Non si può procedere a pezzi e bocconi, come, nelle richieste, a volte fa anche la Confindustria. E’ venuto il momento di un piano del Governo per le piccole e medie imprese, che includa pure la parte che, autonomamente,dovrà fare il sistema bancario. Le tante discussioni sull’impresa, le tante dichiarazioni e i frequenti impegni non possono continuare all’infinito. E’ l’ora della necessità di risultati. Queste misure si integrerebbero efficacemente con l’altro cruciale riavvio: quello della politica delle riforme di struttura che creerebbe anche spazi maggiori per il sostegno delle imprese e del lavoro. (Terza Repubblica)

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