Le due facce delle Ferrovie dello Stato

di Paolo Brutti

Le Ferrovie dello Stato sono come il dottor Jekill e mister Hyde. Una decina di avveniristici treni sfrecciano a trecento chilometri l'ora e migliaia di treni per pendolari viaggiano lentissimi e stipati, come moderni vagoni piombati.

Può funzionare così un servizio pubblico essenziale? La stessa cosa vale per le merci. Le due facce delle FS possono distruggere la natura di servizio pubblico del treno. Vediamo perché.

L'Alta Velocità ferroviaria è una tecnologia di trasporto di passeggeri e di merci di enorme importanza per il futuro dell'Europa. In Italia le FS hanno interpretato questa trasformazione tecnologica in modo completamente sbagliato, costruendo una contrapposizione e un conflitto tra l'Alta velocità e il resto del trasporto ferroviario.

Diciotto anni dopo l'avvio del progetto dell'Alta Velocità, il primo treno veloce andrà da Roma a Milano in meno di tre ore. Poi settanta coppie di Freccia Rossa lo seguiranno nelle sedici ore giornaliere in cui si effettuerà il servizio. Un treno ad alta velocità ogni 15 minuti. Sembra un sogno. Ed infatti lo è. Questa medaglia ha un rovescio.

I Freccia Rossa occupano tutte le tracce orarie della linea ad Alta Capacità Milano Napoli. Tolto il tempo delle manutenzioni, resteranno libere si o no pochissime ore di notte, utili per far passare al massimo tre o quattro treni merci.

Ho detto linee ad Alta Capacità perché la linea veloce fu concepita per portare un formidabile carico di merci, oltre che di passeggeri. Per questo fu progettata senza pendenze e con una robustezza dell'infrastruttura civile utile a sostenere i grandi carichi per asse dei convogli merci. Anche per questo, ma non solo per questo, i suoi costi furono il doppio delle equivalenti linee francesi o spagnole.

Ora si scopre che i treni merci andranno sulle vecchie linee e, sotto Firenze, dove i treni tradizionali vanno oggi sulla Direttissima, verranno dirottati sulla vecchissima linea lenta. Stessa sorte per i treni intercity e per gli interregionali, che per di più verranno ridotti. I treni per i pendolari saranno più lenti e più affollati, con un aumento del tempo di viaggio anche del 50% e dell'affollamento anche del 90%. Altrettanto per i treni merci, che seguiteranno a passare nelle città vicino alle case, con i terribili rischi che abbiamo conosciuto.

Il fatto è che ogni giorno Trenitalia istrada sulla rete più di mille treni, tra merci e passeggeri e la rete ferroviaria è lunga più di 15 mila chilometri. I settanta Freccia Rossa e i seicentocinquanta chilometri della rete AC sono una frazione modesta della ferrovia reale. Eppure su questa frazione limitata di rete e di treni si è concentrato tutto lo sforzo di investimento delle FS negli ultimi quindici anni, mentre tutto il resto è stato lasciato deperire, come comfort, come pulizia e soprattutto come sicurezza.

Ora si profila un altro gravissimo pericolo. Le FS chiedono che l'Alta Velocità, sotto la pressione della concorrenza del treno di Montezemolo e Della Valle, diventi una società a sé stante della FS Holding. Niente di male se non ci fosse un sottoprodotto avvelenato: l'abbandono del resto della rete, senza valore economico e messa a totale carico delle regioni o dello stato.

Oggi con gli introiti delle tratte più remunerative si compensano le perdite del trasporto dei pendolari e quelle di quasi tutta la rete del mezzogiorno. Domani, mancando gli utili della parte ricca, la parte povera peserà tutta sui bilanci dello Stato e delle regioni, che non riusciranno a mantenerla. Il buon senso vorrebbe che questo non accada e che chi usa l'infrastruttura di Alta Velocità, costata qualcosa come trentacinque miliardi di euro allo Stato, remuneri allo Stato questo investimento, fornendo la risorsa necessaria per mantenere in esercizio anche il resto del servizio pubblico ferroviario che strutturalmente non sta sul mercato.

Non so se Matteoli si sta rendendo conto di questa situazione. A guardare da come ha reagito alla privatizzazione dell'acqua c'è da pensare che questo per lui non sia un rischio ma una benefica opportunità.

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