Gli infinocchiati

di Antonio Di Pietro

Infinocchiati dall’etichetta “antiberlusconismo”. E' così che Silvio Berlusconi, proprio lui, ha fregato l’opposizione trasformandola, ad eccezione dell’Italia dei Valori, in una melassa di facciata a metà tra una meringa friabile e una gelatina che non sta insieme neppure in un barattolo.

Qui non c’è nessun “antiberlusconismo”, c’è una vera e propria lotta contro lo sfascio delle istituzioni portato avanti da un uomo che guida un esercito di assoldati.
Senza Berlusconi la maggioranza si sgretolerebbe come sabbia al vento. Se si vuole impedire che Alì Babà ed i 40 ladroni saccheggino il Paese bisogna buttare giù dal cavallo Alì Babà, c’è poco altro da fare.

Ebbene, il primo atto di Walter Veltroni, che sancì la caduta del governo Prodì, fu la stretta di mano con Silvio Berlusconi che puzzò di inciucio elettorale.

Anche il Capo dello Stato che, in qualche modo, si è cimentato con una 'stretta di mano' sulla parola, nel tentativo di trovare un’intesa democratica tra istituzioni e governo, è stato 'fregato' e ne sta pagando le conseguenze con feroci ed indiscriminati attacchi orditi da quella viscida mano.

Ora è D’Alema a ricompiere quel gesto. Faccia diversa, stesso copione: anche lui si trova a 'stringere la mano' per seppellire l’ascia di guerra, una guerra che questo Pd non ha mai vinto, una guerra che non vuole vincere o non può vincere perché, forse, è proprio la guerra che garantisce l’esistenza e la permanenza di entrambi gli schieramenti nel Paese.
Seppure la sinistra ha avuto più di un’occasione per buttar giù dal cavallo Alì Babà è sempre scomparsa nel polverone dei 40 ladroni. Poteva farlo con la legge sul conflitto di interessi, poteva farlo adeguando il prezzo delle concessioni televisive dall’inesistente 1% al congruo 30% interrompendo, come era giusto che fosse per lo Stato, il flusso immenso di denaro che ha consentito all’uomo di Arcore di comprarsi la Presidenza del Consiglio per ben quattro volte.

L’ascia di guerra va seppellita solo dopo che la guerra è vinta. Non si ricostruisce un Paese mentre si è impegnati a combattere l’invasore che lo vuole annientare.
Alì Babà vuole la morte dello Stato. Ora vuole riformare la giustizia della democrazia per creare una sua giustizia oligarchica. Stringere la mano a questo bieco individuo significa stringere un patto con chi ti fregherà; deporre le armi ora significa arrendersi ai golpisti.

Cercare il dialogo ora, senza porre come condizione che Berlusconi se ne vada, significa essere traditi.
Rifiutarsi di essere tacciati di “antiberlusconismo” significa fare il gioco di Alì Babà perché, in questa maggioranza, l’unico a decidere è lui: Alì Babà.

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