Mario Lettieri, sottosegretario all’Economia nel governo Prodi
Paolo Raimondi, economista
L’egocentrismo occidentale, che spesso scade in provincialismo, può diventare il peggior ostacolo per capire i veri processi della politica e dell’economia mondiale. Gli Stati Uniti in primis, ma anche l’Europa e l’Italia, misurano sempre tutte le loro difficoltà e decisioni come “globali”, mentre considerano secondario tutto ciò che viene dai cosiddetti paesi emergenti.
Da qualche tempo alcuni media tedeschi stanno cambiando questo atteggiamento dando un maggior peso e una più accorta attenzione a certi accadimenti provenienti “da lontano”.
Il Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) ha evidenziato un importante intervento fatto lo scorso maggio in un seminario di esperti economici del G20 a Mumbai, India, dalla signora Hu Xiaolian, vice capo della Banca Centrale cinese, che il Wall Street Journal nel 2008 considerava la quarta donna più potente al mondo.
Oltre a sottolineare l’esigenza di regole condivise e di efficaci controlli sui rischi finanziari, Hu Xiaolian evidenziava che le recenti speculazioni e le degenerazioni del sistema non erano i fattori primari della crisi. Sosteneva, infatti, che “ le cause della crisi sono strettamente legate al sistema monetario internazionale malato dominato dal dollaro americano”, aggiungendo che “è ragionevole dire che il costo per mantenere l’attuale sistema monetario potrebbe aver già superato i benefici che ha prodotto”.
Il primo difetto del sistema sta nel fatto che le economie emergenti e in via di sviluppo “hanno di fatto finanziato la crescita delle nazioni sviluppate con enormi quantità di denaro”. Gli USA, ricordiamo, assorbono il 50% dei capitali globali disponibili e 6 altri paesi dell’OCSE ne assorbono un altro 30%.
Come è noto, essendo il dollaro la moneta di riserva mondiale, quasi tutto il commercio internazionale è negoziato in dollari per cui i paesi produttori di materie prime o esportatori di beni hanno accumulato enormi riserve di moneta americana.
Di fatto, questi dollari sono andati soprattutto a sostenere il consumo e il crescente debito americano.
La signora Hu aggiungeva che ”dal 1976 le spese totali americane, sia del settore privato che di quello pubblico, hanno sempre superato il loro reddito prodotto” e gli USA hanno affrontato questa distorsione stampando soldi e emettendo obbligazioni acquistate da paesi in surplus come la Cina.
Lo status del dollaro come moneta di riserva mondiale esclusiva ha bloccato ogni possibile aggiustamento strutturale, a cui si deve aggiungere “l’euforia” verso l’economia americana creatasi a partire dal 1990 con lo sfascio dell’Unione Sovietica, la crisi giapponese e asiatica e la stagnazione economica in Europa.
Hu Xiaolian concludeva con tre suggerimenti: aumentare la sorveglianza sulle economie che emettono le principali monete mondiali, rafforzare il ruolo dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) del FMI e promuovere l’iniziativa dei paesi emergenti per uno speciale “fondo di investimento per incanalare i capitali verso i paesi in via di sviluppo e trasformare queste nazioni nel motore della ripresa e della crescita globale”.
Sottolineiamo che nel periodo precedente il G20 di Londra dello scorso aprile, anche Zhou Xiaochuan, capo della Banca Centrale cinese, sorprese il mondo con la proposta di rimpiazzare il dollaro, come moneta di riserva mondiale, inizialmente con i DSP e poi con una nuova moneta globale.
Questi due interventi autorevoli non sono semplici opinioni personali ma un chiaro orientamento politico della leadership cinese da non sottovalutare e da prendere in attenta considerazione.
Già gli ultimi dati forniti dal FMI indicano che nel secondo trimestre del 2009 la parte in dollari delle riserve monetarie mondiali è scesa al 62,8% rispetto al 65% del primo trimestre.
Questo è un evidente segnale di un cambiamento in atto.
E’ certamente un segno di intelligenza politica e di realismo la dichiarazione dell’americano Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, fatta subito dopo il summit di Pittsburgh. Egli dice: ”Gli Usa farebbe un errore se prendessero per certo il dollaro come principale moneta di riserva mondiale. Se guardiamo davanti, ci saranno sempre più alternative al dollaro”.
Speriamo che l’Europa non sia miope e prenda sul serio le proposte provenienti dai cosiddetti paesi emergenti. Intanto, il primo passo potrebbe essere proprio quello di smettere di considerarli emergenti e quindi di secondaria importanza.