LIBERTA’ DI STAMPA ?

A Roma i giornalisti manifestano per la libertà di stampa (nei giorni scorsi i manifesti di appoggio sui muri romani erano tutti del PD, giusto per sottolineare certe “indipendenze”) anche se in piazza più che giornalisti c’era di tutto: dai militanti di sinistra ai precari della scuola. Non ho condiviso questa protesta e non solo perché il tutto si è trasformato – come era prevedibile – in una manifestazione schiettamente politica, ma anche perchè da sempre l' Ordine dei Giornalisti è a mio avviso pesantemente di parte. Abituato a “solidarizzare” a sinistra ma con due pesi e due misure quando le scorrettezze vengono da questa parte. E’ così da molto tempo e ne approfitto per ricordare ai lettori de IL PUNTO anche una mia piccola esperienza personale. Era il 1975 e – giovanissimo – chiesi l'iscrizione all'Ordine. Presentai tutta la documentazione prescritta alla sede di Torino con il richiesto “congruo” numero di articoli firmati e pubblicati. Sapevo che di solito se ne presentavano qualche decina ma – informato di come andavano le cose nella sede torinese di C.so Stati Uniti – io ne presentai 400 (quattrocento!) ma la mia iscrizione non fu accettata perchè gli articoli furono giudicati insufficienti nel numero. Ricorsi a Roma, vinsi, ma l'Ordine piemontese rifiutò nuovamente l'iscrizione senza altre motivazioni. Per farmi accettare dovetti fargli causa in Corte d'Appello dove finalmente il Magistrato mi dette ragione. Tutto ciò solo perchè l'antifascistissimo Ordine della Stampa Subalpina del 1975 non poteva ammettere che un ragazzo di destra diventasse giornalista. Sono passati i decenni, ma la sostanza non è cambiata come la proprietà di gran parte dei giornali. Circa la TV è stato divertente e curioso ascoltare da Santoro, giovedì sera – tra un chiacchiericcio di escort e l'altro – l'intervista a Carl Bernstein che dagli USA, tirato per i capelli dal biondo Santoro a comunque parlar male di Berlusconi, ha accennato – dopo molti “non so”, “non conosco bene” “questo va valutato” ecc.ecc. – alle “cinque TV italiane su sei controllate in Italia dal premier”. Chissà se avranno spiegato all'illustre giornalista yankee che la trasmissione antiberlusconiana per eccellenza andava in onda proprio su una rete da lui giudicata “di proprietà” dello stesso Cavaliere. Certo Bernstein a New York non avrà potuto scoprire come in studio si cercasse ogni volta di chiudere il dibattito quando si accennava agli scandali sanitari della sinistra in Puglia…

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