La Memoria dell’Avvocatura sul Lodo Alfano

di Stefano Ceccanti
Senatore Pd, relatore di minoranza sul lodo Alfano

1. L'insieme degli argomenti utilizzati dall'Avvocatura si fonda su motivazioni politiche contingenti, di opportunità, e non risponde in modo minimamente convincente alle obiezioni di costituzionalità.
2. Come si è già rilevato ieri, l'argomento politico delle possibili dimissioni del Presidente del Consiglio è insensato se posto di fronte alla Corte costituzionale e per di più il riferimento al precedente del Presidente Leone è palesemente errato, trattandosi allora di una campagna di stampa e non di un processo.
3. L'argomento che viene più volte ripetuto, quello dell'esistenza di un circuito mediatico-giudiziario, vale, se fondato in quei termini, per tutti i cittadini e giustifica azioni di riforma su quel terreno, non privilegi per qualcuno.
4. Le due risposte all'obiezione più forte, quella per cui scelte di questo tipo debbono, nel caso, essere fatte con legge costituzionale perché si derogano vari principi costituzionali, a cominciare da quello di uguaglianza, sono inconsistenti. Lo è la prima, quella relativa al precedente della sentenza n. 24/2004 che dichiarò incostituzionale il lodo Schifani senza far cenno a tale argomento. Infatti l'ordinanza di rimessione non aveva posto quel problema e, pertanto, come dichiarò Leopoldo Elia nell'audizione in Senato “Chi tace non dice nulla”, il silenzio (per di più di fronte a una mancata domanda) non dice niente.
Lo è anche la seconda, che però, più che essere inconsistente è pericolosissima: si potrebbe secondo l'Avvocatura fare quasi di tutto con legge ordinaria, tranne toccare le “parti essenziali”, le “strutture” proprio perché la legge ordinaria è “modificabile più agevolmente” di fronte a “esigenze meno durature”. In pratica questa pericolosissima affermazione tende a ridurre al minimo il valore della rigidità costituzionale, ristretta a una minima parte della Carta, dal confine peraltro molto incerto (le “strutture”, le “parti essenziali”) e a consentire al legislatore ordinario qualsiasi altro sconvolgimento. Non a caso, per rispettare con rigore la rigidità costituzionale, molte delle leggi costituzionali della vita repubblicana sono state approvate proprio per risolvere questioni “una tantum”: basti ricordare la legge cost. 2/1989 sul referendum per i poteri costituenti al Parlamento europeo, la 1/1991 sullo scioglimento anticipato nel semestre bianco, la 1/1993 e la 1/1997 sui poteri delle Bicamerali per le riforme. Ci immaginiamo ad esempio, in una situazione di emergenza, quali limitazioni ai diritti sarebbero concepibili con legge ordinaria secondo questo argomento? Questo aspetto della memoria è di gran lunga il più grave, persino più del problema sollevato già ieri sull'argomento politico delle dimissioni.
5. Anche l'altra obiezione forte, quella di aver varato una protezione generale, automatica, assoluta, superiore a quella prevista in quel caso dalla Costituzione (e non da una legge ordinaria) per i reati ministeriali, per i quali è prevista la possibilità di autorizzare la celebrazione del processo, ha una risposta insensata: “i reati funzionali..hanno una valenza politica tale da rendere utile una decisione quanto più tempestiva possibile, valenza che non hanno…quanto meno nella stessa natura i reati comuni”. Ma la protezione, in deroga al principio di uguaglianza e a danno delle altre parti del processo si dovrebbe fondare sull'idea di proteggere la funzione e non la persona per cui non può essere più forte per i reati extra-funzionali. Non può trattarsi di un privilegio che copre peraltro anche i reati comuni commessi prima dell'assunzione del mandato.

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