di Antonio Di Giovanni
Dopo il calcio, lo sport preferito degli italiani è il ‘gossip’. Soltanto che molti, purtroppo, non fanno i conti con l’effetto ‘boomerang’ di esso, poiché alla fine vale sempre il detto: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. Spiace solo per la categoria professionale dei giornalisti, che mai come oggi è finita sotto esame per il semplice fatto che i giornali sono diventati le ‘gazzette di guerra’ della resa di conti tra signorie economiche, clan politici e potentati editoriali. In effetti, in questi ultimi tempi ‘la Repubblica’, ‘l’Unità’, ‘l’Espresso’, ‘Avvenire’ e tante altre testate hanno rappresentato l’esempio più fulgido di un certo tipo di giornalismo. Il vero problema che si sta delineando nella trattazione dell’informazione non è, infatti, la questione del fornire una notizia, ma quella del ‘come’ proporla e del ‘quando’. Oggi, invece, appare sempre più caratterizzante un certo tipo di giornalismo ‘a orologeria’, che pubblica la notizia di un avviso di garanzia prima di un vertice internazionale, o quella del ‘papi berlusca’ e dei suoi presunti ‘baccanali’ di Villa Certosa poche settimane prima delle elezioni europee, nel pieno rispetto di una curiosa tempistica. L’esercito della ‘pagliuzza altrui’ e del ‘doppiopesismo’ sembra avere parecchi proseliti, perché in effetti taluni parlano di moralità e di ‘cessate il fuoco’ solo dopo esser stati a loro volta ‘sputtanati’ da altri editoriali, i quali non hanno fatto altro che utilizzare lo stesso peso e la medesima misura. Non occorre essere preti o direttori di giornali vicini alla Santa Sede per conoscere l’animo e le debolezze degli essere umani, che tra di loro, invece, dovrebbero rispettarsi, se non altro per convenienza. Indagare su Tizio, Caio e Sempronio portandone sulla pubblica piazza le miserie e le colpe, fa altresì scattare un meccanismo il quale, alimentato dal ‘venticello’ del pettegolezzo, produce a catena una serie di maldicenze difficili poi da gestire. Bisognerebbe essere maggiormente consapevoli di questo, io credo, soprattutto quando ci si siede addirittura sulla poltrona di un quotidiano cattolico, portatore di valori cristiani. Il punto, a mio avviso, è sostanzialmente questo: si torni a giudicare l’operato – e non i vizi – di una persona. Altrimenti, si perde di vista il vero scopo dell’informazione giornalistica, come accaduto, ad esempio, nel caso della nomina ai vertici dell’Ama – la municipalizzata capitolina che si occupa della nettezza urbana – di Stefano Andrini, subito demonizzato da ‘l’Unità’ come ex appartenente a gruppi ‘naziskin’. Immediata è giunta, infatti, la replica del quotidiano ‘il Giornale’, che per pareggiare i conti ha ‘sbattuto’ sulle sue pagine locali la nomina del dirigente delle Provincia di Roma, da parte del Presidente Zingaretti, di Roberto del Signore, condannato in cassazione per un anno e mezzo (pena poi sospesa) per “violenza sessuale aggravata all’abuso d’ufficio”. Ora, che senso ha tutto questo? Noi di www.laici.it, per indole e per carattere siamo garantisti. E crediamo che un individuo che abbia già pagato il proprio ‘conto’ con la giustizia debba comunque aver garantita la sua riabilitazione nella società. Non si può, ogni volta, “sbattere il mostro in prima pagina”. Ovvio poi che se Andrini, nelle veste di amministratore delegato dell’Ama, ridurrà la città di Roma un letamaio, il dovere di cronaca diventerà un obbligatorio nei confronti dei cittadini. Ormai siamo giunti alla deriva: c’è chi si schiera, chi furbescamente si defila, chi controlla meglio la serratura del proprio armadio per evitare che cadano inaspettatamente i propri ‘scheletri’. Ma a nessuno viene in mente di tornare a far politica veramente, a perseguire quella nobile arte, quella ‘scienza di governo’, che dovrebbe farci andare avanti, farci superare le difficoltà economiche, migliorare le infrastrutture, creare nuovi posti di lavoro, ottimizzare la pubblica istruzione, garantire un futuro ai nostri figli e un dignitoso presente ai nostri anziani. Speriamo, dunque, che questo esercito di moralisti prima o poi finisca le proprie munizioni e torni, innanzitutto, ad occuparsi dei veri problemi di questo Paese, che rischia sempre di più di chiamarsi ‘Novella 2000’, piuttosto che Italia. (Laici.it)