Occorre uscire dalla logica della competizione come forma di individualismo. Alcuni produttori provenienti da tutta Italia si sono incontrati per un dialogo intersettoriale. Obiettivo: individuare nuove strategie commerciali e di comunicazione
di Monica Sommacampagna
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Una quindicina di noti produttori vitivinicoli provenienti dalla Valle d’Aosta alla Sicilia si sono confrontati a briglia sciolta sul tema della vendemmia 2009 domenica 13 settembre a Monte Rossa Bornato (Bs). Il contesto e lo stimolo per questo dialogo intersettoriale alla presenza della stampa è giunto da un’azienda agricola della Franciacorta, la MonteRossa, alla quale riconosciamo il merito di essersi spinta oltre.
“Impressioni di settembre” è stato il tema dell’incontro che il gioviale titolare Emanuele Rabotti ha ideato e organizzato chez lui ripensando al celebre successo della Premiata Forneria Marconi. Questo motivo che ha avuto molta fortuna ci sembra, in effetti, una promettente “etichetta” per una piccola ma incoraggiante testimonianza di come, in momenti non certo rosei per il mercato vitivinicolo, fare gruppo possa essere proficuo e stimolante. Magari ispirare nuove strategie di comunicazione e affermare prodotti di qualità in diversi contesti commerciali.
Del resto, Emanuele Rabotti è un uomo che va diritto al punto, mica ha organizzato l’evento senza una precisa finalità – tant’è che già pensa al prosieguo. “Occorre uscire dalla logica della competizione come forma di individualismo – ha detto Emanuele Rabotti, dell’azienda agricola Monterossa in Franciacorta. La competizione è una molla sana che spinge a migliorarsi ma se vissuta in un sistema Italia ha sicuramente molta più possibilità di affermarsi all’interno di mercati molto aggressivi sia da un punto di vista numerico che commerciale”. Quindi il “fare sistema” come idea capace di ispirare positivamente il comparto.
Il bilancio è stato positivo perché non sono solo fioccati commenti sulla vendemmia ma le “impressioni di settembre” si sono tradotte in comunicazione di quello che c’è dietro la vendemmia, di particolari metodi di produzione, della ricerca di qualità, in tempi obiettivamente difficili.
Viviana Beccalossi, già vicepresidente della Regione Lombardia ed ex assessore all'agricoltura lombarda, ha espresso viva soddisfazione: “Non sono mai riuscita a mettere insieme i nostri produttori dalle Alpi alla Sicilia senza che si guardassero di traverso. Voi – prosegue la parlamentare oggi componente della Commissione agricoltura – siete i migliori testimoni del vostro territorio. Dovete ritornare alle origini e farvi valere nei riguardi delle amministrazioni. La nostra agricoltura ha bisogno di un’attenzione quotidiana”.
Parliamoci chiaro
Dalla Val d’Aosta Costantino Charrère di Le Cretes ha preso in esame le ultime dieci vendemmie nei suoi vigneti, posti ad altezze fino a 1.300 m, per arrivare a constatare che se nel 2002 e nel 2008 la vendemmia si è svolta la prima settimana di ottobre, per tutte le altre si è verificata con un anticipo di 2-3 settimane. Di conseguenza – ed era inevitabile – Charrère ha dovuto ammettere che “qualcosa nei vini sta cambiando, abbiamo bianchi più equilibrati, facili, in linea con la modernità del bere”.
Non che sia facile gestire viti a ridosso dell’Etna! Rosario Greco, della Benanti, ha detto che confrontarsi con 30°C di giorno e 18°C la notte ha spostato la raccolta delle uve nella parte Nord alla terza e alla quarta settimana di ottobre. Greco, presidente della Strada del Vino dell’Etna, ha detto di avere una spina nel fianco che lo spinge a essere mordace nella difesa di tradizioni vitivinicole storiche: quello che definisce il qualunquismo dei nuovi produttori dell’Etna.
Vendemmia manuale anche per Elisa Sandri, della Poier e Sandri, “bisogna però non avere fretta” ha raccomandato Roberto Baracchi de Il Falconiere. Produzione concentrata sul Lambrusco e limitata volutamente a 20 milioni di bottiglie per Alessandro Ceci delle Cantine Ceci. Nadia Zenato, della Fratelli Zenato, ha parlato della sua vocazione bianco-rossa, divisa tra il Lugana e il Valpolicella. Sono intervenuti anche Silvano Zamò de Le Vigne di Zamò e Maurizio Felluga. Al titolare della Livio Felluga si deve il merito di aver rifiutato in pubblico la facile idea del contadino ritenuto tale perché con le mani sporche di terra. “Basta essere contadini nei principi” ha sottolineato. Testardaggine contro chi lo sconsigliava a produrre vini del colli asolani, privi di autoctoni di razza, è emersa nella testimonianza di Francesco Serafini di Serafini e Vidotto.
“La vendemmia per me è un momento di sana tensione: le scelte te le porti dietro per 2-3 anni” ha commentato Aldo Rainoldi, che ha aggiunto: “Siamo torturati dalle rocce. Sulla difficoltà di coltivare viti su poca terra la dicono lunga i nomi di alcuni nostri vini: Sassella, Grumello, Inferno!”. Ha fatto sorridere di simpatia Stefano Antonucci della Santa Barbara, con aspirazioni da fotografo, quando ha detto che gli piange il cuore raccogliere i grappoli più belli dalla vigna che sono spesso il soggetto dei suoi scatti. Un sacrificio, del resto, indispensabile.
Ulteriori testimonianze sono giunte da Giovanni Manetti della Fontodi e da Sabatino di Properzio, de La Valentina.
Il messaggio più forte è stato dato da Costantino Charrère: “Noi produttori siamo i gestori del territorio, gli architetti del paesaggio, per questo abbiamo ancora più responsabilità a fare gruppo, a non guardarci di traverso. Dobbiamo reagire ai pregiudizi e agli individualismi che ci vogliono l’uno contro l’altro anche perché da soli possiamo fare ben poco”.
In conclusione, chissà che le impressioni di settembre non ispirino nuove iniziative per favorire il dialogo tra realtà produttive vicine e lontane…
Chissà che questo desiderio di mettersi in gioco e confrontarsi non ispiri più forza al comparto e, quindi, una sana ventata di ottimismo…