CHE SUCCEDE IN GERMANIA?

Per chi prevedeva una marcia trionfale della Merkel nelle elezioni federali del prossimo 27 settembre il rinnovo delle assemblee di tre Laender è stato una bella doccia fredda. Qualche giorno fa il confronto televisivo tra la Cancelliera e il candidato della SPD si è concluso a favore di quest'ultimo. Adesso socialdemocratici sognano una rimonta come quella del 2005. E tutti vanno all'attacco del “centro liberale” (paese che vai, centro che trovi). Dopodiché la Grande Coalizione resta l'esito più probabile delle elezioni tedesche. Le alternative sarebbero date o da un governo di centro-destra in mezzo alla crisi economica, oppure da geometrie inedite, che vanno dalla “Giamaica” (dai colori della bandiera Verde, Giallo, Nero, che stanno per gli ecologisti, i liberali e i cristiano-democratici) al centro-sinistra, alla sinistra-centro ecc. Con la Linke e i Verdi che hanno un peso elettorale capace di sommarsi a quello della SPD come potenziale maggioranza nel Paese: “Prima o poi”, dicono i commentatori “arriverà la coalizione rosso-rosso-verde” (v. servizio su SpiegelOnline: http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,648908,00.html ). Di seguito un'analisi di Felice Besostri sui dati delle regionali in Germania.

di Felice Besostri

Per chi prevedeva una marcia trionfale della Merkel nelle elezioni federali del prossimo ottobre i risultati delle elezioni per il rinnovo delle assemblee di tre Laender sono stati una bella doccia fredda. La CDU aveva la maggioranza assoluta nelle tre assemblee della Saarland, della Sassonia e della Turingia: ha conservato solo la Sassonia. Questo Land appare in controtendenza poiché la CDU guadagna in seggi, mentre la Linke perde sia in percentuale che in seggi. La Sassonia è, anche, l'unico Land, nel quale entra la destra radicale della NPD, malgrado un forte ridimensionamento da 12 a 8 seggi.

La sinistra, intesa in senso ampio, cioè SPD, Linke e Verdi, ha la maggioranza per governare in Turingia con 51 seggi su 88 (SPD e Linke hanno da soli 45 seggi) e nella Saarland con 27 seggi su 51, ma in questo caso i Verdi sono decisivi.

Le maggioranze non si fanno sui numeri: nel disciolto Bundestag SPD, Verdi e Linke avevano la maggioranza assoluta e ne è uscita una Grosse Koalition. Le maggioranze si fanno sui programmi e sulle prospettive politiche e la sinistra non è messa molto bene.

Un dato positivo è che i progressi della SPD e della Linke non avvengono sempre a spese dell'altro partito concorrente. In Turingia la SPD è progredita del 4% e la Linke dello 1,3%. Nella Saarland le perdite della SPD, che resta il primo partito di sinistra, nella misura del 6,3% sono state appena un terzo dell'incremento della Linke, uno spettacolare 18,9%. In Sassonia gli incrementi di SPD(+0,6%) e Verdi(+1,3%) non assorbono tutte le perdite della Linke(-3%).

Quando la sinistra ha progredito, poiché la percentuale dei votanti è diminuita, ciò è avvenuto con la conquista di nuovi elettori e con l'inversione dell'astensionismo, con la diminuzione di quello di sinistra ed aumento di quello democristiano, dal momento che i Liberali della FDP recuperano meno di un terzo delle perdite della CDU in Turingia e nella Saarland. Questo Land presenta delle particolarità, per cui è difficile estrapolare indicazioni politiche generali: Oskar Lafontaine è stato un popolarissimo Ministerpresident di questo Land dal 1985 al 1998 e la maggioranza degli elettori dava un giudizio negativo del Ministerpresident uscente, il democristiano Mueller, rispetto al capolista socialdemocratico Heiko Maas. Oskar Lafontaine non lascia mai indifferenti o lo si ama o lo si odia e una sua qualità di dire quel che pensa gli fa compiere errori tattici non privi di conseguenze politiche. Proprio nella Saar ha polemizzato fortemente con i Verdi, disposti ad accordarsi con la CDU e i Liberali, augurandosi persino che non entrassero nell'Assemblea del Land. Ora si trova in un impasse, dal momento che i Verdi sono essenziali e per di più, se fossero rimasti fuori, la sinistra non avrebbe avuto la maggioranza. Il limite di Lafontaine è la mancanza di una strategia tattica, se viene consentito l'apparente ossimoro, cioè di coniugare le scelte concrete con gli obiettivi. Per esempio è stato un errore entrare nel governo Schroeder come Ministro delle Finanze e mandare tutto all'aria in un botto con le dimissioni da Ministro e da Presidente del Partito e non approfittando delle difficoltà della destra socialdemocratica al tempo del primo governo Schroeder, uscendo dalla SPD nel maggio del 2005. Un obiettivo di fondo Oskar Lafontaine l'ha sempre enunciato quello di riunificare la sinistra, che nel caso tedesco non è soltanto il superamento della divisione tra socialdemocratici e comunisti , ma quello della divisione della Germania in due stati, appartenenti a due campi internazionali contrapposti. In un certo senso, il problema maggiore è quello di sapere se Lafontaine è il personaggio più adatto al compito, come se Fausto Bertinotti si mettesse a capo di un movimento per la riunificazione della sinistra italiana, per molti sarebbe difficile valutare solo quello che dice e non quello che ha fatto nella sua lunga carriera politica. Non bisogna dimenticare che Lafontaine è l'ultimo esponente in attività di una generazione politica socialdemocratica, quella immediatamente successiva a Willy Brandt, Helmut Schmidt, Hans-Jochen Vogel e Johannes Rau, cioè di un'altra epoca. Senza di lui la Linke sarebbe rimasta un PDS, cioè un erede minore della SED e della cosiddetta Ostalgie, cioè della nostalgia della DDR, ma non è sufficiente perché per la prima volta è entrata nell'Assemblea di un Land occidentale, ma grazie soltanto alla personalità di Lafontaine e non di un effettivo insediamento politico-sociale della Linke , come dimostrano le concomitanti elezioni comunali nel Land più popoloso ed industriale della Germania, il Nord Reno-Westfalia. In questo Land la Linke più che raddoppia i suoi voti, ma si ferma al 4,4%, mentre la SPD è sempre un partito del 29,4% e ha un numero di sindaci superiore a quello della CDU, pur avendo perso il governo del Land. La Saar è un problema per chi si appresta a governarla. Il Land più piccolo è anche il più indebitato ( con un bilancio di 3,4 miliardi di Euro ha un debito pubblico di 10 miliardi ), tanto che per salvarlo dalla bancarotta si prospetta persino la sua scomparsa e l'incorporazione nel confinante Land della Renania-Palatinato. Non sarà un problema di Lafontaine, perché non ha nessuna possibilità di diventare Ministerpresident del suo Land: sarebbe una rottura di un costume politico consolidato, per cui la guida dell'esecutivo spetta sempre al partito di maggioranza relativa della coalizione vincitrice e perciò nella Saar la SPD (24,5%>21,3%). In Germania Verdi e Liberali pur decisivi per formare le maggioranze non hanno mai potuto esercitare una pressione ( o un ricatto) per rivendicare la guida degli esecutivi. Nel caso specifico dei rapporti tra SPD e Linke, Lafontaine è un problema anche per la Linke, perché la deroga alla regola impedirebbe al vincitore delle elezioni in Turingia,Bodo Ramelow di diventare il Ministerpresident di quest'ultimo Land, pur essendo la Linke di gran lunga il primo partito con il suo 27,4% a fronte del 18,5% della SPD.

Nella Linke Ramelow può rappresentare il contraltare di Lafontaine in termini generazionali e di provenienza: Lafontaine un politico, Ramelow un sindacalista dell'Assia renana, che nel 1990 si trasferisce ad Est, diventando il presidente regionale del sindacato del Commercio, Banche e Assicurazioni. Ramelow informa i suoi usando Twitter e, a differenza di Lafontaine è un protestante profondamente religioso, tanto da tenere una predica nel Giorno della Riforma in una chiesa..Ramelow è un pragmatico e per un approccio realistico ai problemi, come ha dimostrato nel gruppo parlamentare della Linke nel Bundestag. Nell'unificazione tra WAGS e PDS per fondare la Linke ha avuto un ruolo importante proprio per la sua provenienza dall'Ovest della Germania ed iscritto alla PDS soltanto dal 1999, cioè da un anno non sospetto di nostalgie.

La sinistra non si esaurisce nei rapporti tra Linke e SP, ma riguarda anche i Verdi, unico partito in crescita in tutti e tre i Laender, sia pure con percentuali dallo 0,3% allo 1,7%, cioè ben lontane dai risultati delle europee. I Verdi sono in un momento di riflessione politica a livello europeo, dove il loro leader Rudi Dutsche vuole smarcare gli ecologisti da un'impronta di sinistra, che ne impedirebbe l'espansione elettorale anche a spese dei socialisti, come è avvenuto in Francia. Su un'altra scala è il dibattito in corso nei Verdi italiani tra favorevoli e contrari a Sinistra e Libertà.

Senza i Verdi in Germania non c'è possibilità di maggioranza a sinistra, soltanto in Australia e nei paesi scandinavi l'ambientalismo è stato assunto a scelta di fondo dei rispettivi partiti laburisti o socialdemocratici e perciò non si è creato un partito ambientalista. Spesso la sinistra è ancora ancorata a modelli produttivistici e di sviluppo economico ad ogni costo, una sorta di nostalgia delle grandi fabbriche e delle masse operaie.

I socialdemocratici sono di fronte ad una scelta, che richiede una riflessione globale sulla politica della SPD, ma soprattutto sul suo ruolo. Non può continuare ad indossare “calze rosse con scarpe nere”, come icasticamente ha definito la sua politica la Sueddeutsche Zeitung di questo primo settembre.. Al di fuori di una ristrutturazione dei rapporti a sinistra, con i Verdi e la Linke, c'è soltanto la riedizione della Grosse Koalition, ma con rapporti di forza ancora più svantaggiosi dell'esperienza fallimentare in corso.

D'altro canto con la Linke i rapporti sono concorrenziali sul piano elettorale e vi sono obiettive difficoltà a costruire un programma di governo, con una formazione che deve le sue fortune più alle sue denunce, che alle sue proposte. Un soggetto non partitico, come il sindacato, può essere il soggetto animatore di un nuovo discorso a sinistra, come soggetto unitario: in queste elezione si è astenuto da dare indicazioni a favore della SPD, come era tradizione. In questo vi potrà essere un insegnamento anche per la sinistra italiana, se la CGIL si porrà seriamente il problema, che il suo futuro dipenderà anche dall'esistenza di un interlocutore politico affidabile, prima che sia trascinata negli scontri interni al PD. (ADL)

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