Tre casi riguardanti gli italiani all’estero hanno avuto negli ultimi mesi uno spazio sui nostri giornali: uno clamoroso, che ha rischiato di mettere in crisi le relazioni con un grande Paese amico; uno assurdo e drammatico sul piano personale; uno di ordinaria inefficienza burocratica.
Il primo ha riguardato il pluriomicida Cesare Battisti, condannato in Italia all’ergastolo e che dopo essere scappato dalla Francia in Brasile, ha chiesto asilo politico.
La questione è ancora aperta e si trova davanti al Tribunale Superiore di Brasilia. Ebbene, senza mettere in discussione la fondatezza della posizione italiana che vuole l’estradizione ad ogni costo per un criminale che non ha ucciso per ideali politici (cosa che sarebbe, comunque, gravissima) ma per rapine, è anche vero che questa volta la nostra reazione diplomatica è stata un tantino esagerata. Battista non è certamente l’unico criminale italiano in giro che è riuscito a sfuggire dalle patrie galere con la scusa di essere un ‘perseguitato politico’. Solo in Brasile ci sono altri due o tre. Ma mai come in questo caso sono stati usati dei toni estremamente duri nei riguardi di un Stato democratico e da sempre molto vicino all’Italia. Eppure, sarebbe stato sufficiente leggere la stampa brasiliana per accorgersi che anche da quelle parti quasi tutti hanno criticato aspramente la decisione di Tarso Genro, Ministro della giustizia brasiliano, che ha concesso autonomamente l’asilo politico a Battisti. Il pericolo che corriamo è che la questione si sposti (grazie a certe dichiarazioni incaute), dal piano giuridico a quello dell’orgoglio nazionale: in questo caso avremmo fatto un regalo enorme a Battisti ottenendo esattamente l’effetto contrario. Del resto è facile immaginare che le possibili conseguenze di una crisi tra l’Italia e il Brasile la pagherebbero per primi i 25 milioni di italiani e oriundi italiani che vivono in questo grande e accogliente Paese latino americano.
Il secondo caso riguarda sempre il Brasile, ma questa volta il protagonista è uno sfortunato cittadino di Guidonia: Giuliano Tuzi, messo in prigione perché accusato da un coppia di persone anziane di aver baciato morbosamente un ragazzina che poi è risultata sua figlia. Tuzi si è fatto ingiustamente una settimana di galera e questo è sicuramente un fatto terribile, anche se è stato trattato bene. A leggere le cronache giornalistiche. Sfortunatamente è incappato nella psicose che sta coinvolgendo le autorità e i cittadini di Fortaleza, la città dove è avvenuto il presunto fatto e che ha avviato una drastica battaglia contro la pedofilia. Un male terribile alimentato, e questo occorre non dimenticare, da tanti italiani che proprio per questo motivo si sono trasferiti in questa città. La nota positiva è che la Farnesina, le nostre autorità diplomatiche sul posto e un’associazione di italiani di Fortaleza, si sono mossi tempestivamente e bene tirando fuori dalla prigione lo sfortunato Tuzzi (quanti innocenti in Italia rimangono invece per anni in prigione …).
Lo stesso non possiamo forse dire del Consolato italiano di Barcellona (e parliamo del terzo caso) se è vero quello che ha scritto su La Repubblica (16 settembre 2009) la signora Susanna Rampini. Rapinata di tutto, senza un solo euro, senza documenti ma con bambini piccoli, la Rampini dal Consolato italiano non ha avuto nulla. Era chiuso. Attraverso un numero di emergenza si poteva comunicare solo con una gentile funzionaria in grado di esprimere solo una generica solidarietà. Per fortuna, un italo-argentino conosciuto sul posto ha prestato la prima assistenza.
Ebbene, da questi esempi emerge chiaramente quanto sia importante seguire da vicino e giornalisticamente la nostra attività diplomatica, sia nelle grandi che nelle piccole decisioni o omissioni. Spesso si dimentica che la politica estera italiana deve sempre tenere conto della presenza di milioni di italiani all’estero e che tutelare il singolo italiano fuori dai confini nazionali non è un optional ma un obbligo. Purtroppo, spesso dimenticato.