Forse, non è sfuggito a nessuno che l’Italia è assai diversa da quella degli anni ’90. In circa vent’anni, il Paese si è profondamente trasformato; sia nelle abitudini, sia sotto il profilo socio/politico. Il XXI Secolo è arrivato mentre la nostra società già si stava evolvendo. Un’evoluzione che, per le sue molteplici novità, ci ha trovato impreparati. Non solo è cambiata la moneta, ma anche i parametri tramite i quali siamo andati a confrontarci con gli altri. Il Secondo Millennio sembra così lontano ed il Terzo è ancora troppo giovane perché consenta delle riflessioni meno generiche. Eppure, dobbiamo riconoscere che non siamo più gli stessi. Su questa percezione, che riteniamo possa essere condivisa, manifestiamo alcune nostre riflessioni. Era il 1992, quando crollava l’impalcatura politica del Paese. Aveva resistito per quarantasei anni. Poi, si è radicalmente trasformata. Certamente, non è questa la sede per stabilire se in meglio o in peggio. L’importante è avere registrato la sua profonda metamorfosi. In questi ultimi dodici anni, una generazione d’uomini di partito è scomparsa. Quasi non sia mai esistita. L’occupazione a tempo indeterminato, tanto cara a tutti noi, appare una realtà sempre più remota. La penisola è anche diventata ambita meta immigratoria. Le stesse forze sociali sono meno coese. L’unità non è più tra le loro mete prioritarie. Per noi, non lo sarà mai più. I prezzi, pur sotto l’area Euro, non sono diminuiti. Anzi. La soglia della povertà si è fatta meno improbabile. Insomma, la crisi involutiva c’è e non per cause unicamente mondiali. Pressappoco in dieci anni, abbiamo registrato uno stacco generazionale che non era prevedibile. Non sono mancati, fortunatamente, gli stimoli ad andare avanti. Magari ricercando altri valori per dare un significato a questa frenesia che è incertezza per il futuro. Oggi non è più pensabile ragionare a livello d’entità territoriale. L’Italia non lo è più. Non lo è più neppure l’Europa. La nuova realtà è la globalizzazione che rende anonimi anche i meno scettici. Gli anni che seguiranno, ma dipende da noi, potranno essere migliori. Ciò che ci preme è la verifica della trasformazione che è in atto. Per essere vincenti ci si deve adattare. Con una forte coerenza e con le idee chiare su quello che potremo riconquistare. Il destino d’Italia è anche nel suo passato e nelle risorse che dovranno essere riscoperte ed utilizzate. Le scelte che contano, però, non sono dietro l’angolo. La politica, ma quella sul serio rinnovata, potrà giocare il suo ruolo; senza condizionamenti. Per superare, definitivamente, i contrasti tra il vecchio ed il nuovo, non resta che l’impegno di ciascuno. I politici, eredi dei fondatori della Prima Repubblica, possono farcela. Il tempo del cambiamento è venuto.