Diritti dei migranti, diritti di tutti

Dichiarazione dei deputati del PD eletti all'estero in margine alle prese di
posizione ONU su migranti e diritti umani

“Abbandonati e respinti in violazione del diritto internazionale, senza
verificare in modo adeguato se stanno fuggendo da persecuzioni. In molti
casi le autorità respingono questi migranti e li lasciano affrontare stenti
e pericoli, se non la morte, come se stessero respingendo barche cariche di
rifiuti pericolosi”.

Queste parole pronunciate nei giorni scorsi dall'Alto Commissario dei
diritti umani dell'ONU, Navi Pillay, s'incrociano con le ripetute
espressioni di allarme dell'Unione Europea contro le lesioni dei diritti dei
migranti e spargono sale fresco sulle ferite sempre aperte dal così detto
Decreto Sicurezza. Il solco che questo provvedimento ha tracciato nella
società italiana è quello della tendenziale criminalizzazione della fasce
deboli e, in particolare, degli immigrati. I problemi di ordine sociale
dell'arrivo e dell'integrazione in Italia vengono declinati ormai in termini
penali e di ordine pubblico. Prima ancora della lotta agli ingressi
clandestini, è saltata la logica differenziale, sopravvissuta alla stessa
Bossi-Fini, che portava a trattare in modo diverso gli immigrati regolari da
quelli irregolari.

Non è polemica, sono fatti. Per i lungo soggiornanti, ad esempio, sono stati
introdotti test, un'imposta di 200 euro per la richiesta di cittadinanza,
che colpisce anche le persone di origine italiana, e numerosi obblighi di
certificazione, oltre a una nuova tassa per il rinnovo del permesso di
soggiorno. Si è esteso il numero dei casi di condanne, anche non definitive,
che comportano la revoca del permesso di soggiorno, prescindendo dal
sacrosanto principio di valutare le situazioni una per una. Altro caso,
esploso in occasione della chiusura dell'anno scolastico, è quello dei
minori stranieri non accompagnati (senza genitori presenti), che al
diciottesimo anno di età rischiano di essere espulsi e quindi di
interrompere il corso di studi, riconosciuto come diritto inviolabile dalla
normativa internazionale.

L'introduzione del reato di immigrazione clandestina apre una fase di
criminalizzazione della semplice presenza irregolare dello straniero,
dissuaso a servirsi di prestazioni sociali che non si dovrebbero negare a
nessun essere umano dal fatto che il Decreto pone a carico dei “pubblici
ufficiali” e degli “incaricati di pubblico servizio” (sono milioni)
l'obbligo di denuncia degli irregolari: una tendenziale caccia all'uomo.

Oltre ai diritti umani, in Italia le politiche antagonistiche verso i
migranti hanno messo in discussione alcuni fondamentali diritti
costituzionali. In base ad essi, le sanzioni penali dovrebbero colpire
concrete azioni materiali, non una categoria di persone, come invece è
previsto nel Decreto. L'obbligo di interruzione del procedimento penale in
caso di espulsione adottata in via amministrativa, contrasta con il diritto
dell'imputato di ottenere sempre e comunque una decisione di merito. La non
retroattività della legge penale è messa in discussione dalla possibilità di
perseguire permanentemente anche gli ingressi irregolari antecedenti alla
nuova normativa. Senza contare l'abnorme prolungamento dei periodo di
reclusione.

Si potrebbe continuare con molte altre esemplificazioni. Il punto di fondo è
che, anche senza che ce lo dica l'ONU o l'UE, non possiamo rassegnarci a una
deriva civile nella quale siano messi in discussione diritti umani e diritti
costituzionali. Siamo il popolo che ha conosciuto l'affondamento delle navi
degli emigranti e centinaia di migliaia di incidenti sul lavoro in Paesi
stranieri; milioni di italiani sono stati clandestini e hanno subito
xenofobia e razzismo; nel parlamento statunitense nei primi decenni del
Novecento sono state presentate decine di proposte di legge miranti ad
impedire l'immigrazione degli italiani; quasi tutti i nostri emigrati sono
passati per la porta stretta dello sfruttamento sul lavoro e molti hanno
vissuto discriminazioni nel percorso scolastico, nelle carriere, negli
incarichi pubblici. Eppure, questo non ha ci ha impedito di diventare leali
cittadini di altri Paesi e di dare un fondamentale contributo al loro
sviluppo e alla loro modernizzazione.

I diritti sono stati la stella polare che ha guidato questo cammino, del
quale un lungo tratto è ancora da fare. La seconda Conferenza nazionale
dell'emigrazione, già nel 1988, metteva come primo punto il raggiungimento
dei diritti civili e politici, compreso il voto in loco nei Paesi europei e
in quelli extraeuropei. Un popolo come il nostro può accettare un regime di
doppia verità? E, soprattutto, dopo la bruciante vaccinazione che abbiamo
avuto come emigranti, possiamo accettare questa strisciante regressione
democratica e civile, che mette in discussione diritti umani e diritti
costituzionali, sottesa alla normativa e alle politiche sui migranti?

In molti luoghi della politica, della cultura e della società civile si
stanno levando voci di allarme e di dissenso. I parlamentari eletti
all'estero, per la loro provenienza e per le esperienze che obiettivamente
incarnano, possono essere uno dei fulcri della reazione democratica alla
presente deriva. E' giusto superare per questo antagonismo pregiudiziale e
banali concorrenzialità. Questo è il momento di cercare occasioni e luoghi
di lavoro comune, a partire dalla difesa e dallo sviluppo dei diritti dei
migranti.

I deputati del PD della Circoscrizione Estero:

Gino Bucchino, Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Franco Narducci,
Fabio Porta

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