Poi ci sono le Last Ladies che reclamano anche loro C.A.S.E. Sono passati due mesi soli dal G8 all’Aquila, dove avevamo visto le Prime, le first e loro compagni.
Oh Yes, davvero nessuna festa, solo We Camp. Non sono sbigottite le loro informazioni ed espressioni facciali, femminili e maschili. Le case all’ Aquila ? “Ma come un’aquila può diventare aquilone che sia legata oppure no non sarà mai di cartone no”
Doriana Goracci

DEPORTATI
Non ci sono C.A.S.E. per tutti e non ci saranno, neanche in primavera
E francamente, dopo aver fatto un giro nella periferia di Coppito ci auguriamo che non ce ne siano!
Non una new town ma 20 new town stanno spuntando come funghi. Intorno a un centro storico che sarà
svenduto a immobiliaristi senza scrupoli, un pullulare selvaggio di gru, ruspe, megacantieri, colate
di cemento armato…e soldi, soldi, soldi inafferrabili. E sfruttamento di tutto e tutti (sembra che
gli operai dei cantieri lavorino a tre turni).
Non ci sono C.A.S.E. per tutti. I senza tetto sono 70.000, mentre i posti previsti nel piano
C.A.S.E. a primavera saranno al massimo 16.000. 27.886 gli sfollati censiti dal Comune e dalla
protezione civile con le case completamente inagibili (E o F), di cui circa 5.300 affittuari. Gli
affittuari dovranno lasciare le C.A.S.E. dopo i primi 2 anni. Quelli con le case temporaneamente o
parzialmente inagibili (B o C) non possono anticipare i soldi per la sistemazione.
Nessuna ricostruzione, ma realizzare questo piano C.A.S.E. metterà uno spesso strato di cipria e
fondotinta alle crepe di questo regime e un robusto ingresso di denaro pubblico nelle tasche dello
stesso e delle imprese che lo sostengono.
Un altro terremoto all’Aquila
Inizia a Piazza d’Armi la deportazione in massa degli sfollati
La voce nel campo si era sparsa da un paio di giorni ma niente di ufficiale. Il tempo “congruo”
annunciato da Bertolaso in TV per mettere al corrente i terremotati di Piazza d’Armi che sarebbero
stati cacciati dalle tende e mandati chissà dove, senza dare loro la possibilità di scegliere, si è
tradotto di fatto per molti in un giorno di preavviso. All’assegnazione delle località di
destinazione (alcuni sfollati stanno ancora aspettando di sapere dove saranno mandati) la guerra tra
poveri si è subito materializzata: gli “italiani” contro gli immigrati, chi ha trovato un lavoro
contro i disoccupati, i single contro i nuclei con più di 2 o 3 persone, chi ha le protesi o è
comunque disabile contro chi ha ancora la salute per camminare e fare le scale a piedi, gli
incensurati e i collaboratori contro i pregiudicati, chi viene mandato sulla costa o ad Avezzano o a
Sulmona, comunque lontano dalla città, contro chi ha avuto la “fortuna” di essere ristretto nella
scuola della caserma della guardia di finanza, vicino L’Aquila (dove si è svolto il G8) ecc.
Dopo aver discriminato tra gli sfollati sulla costa e quelli dei campi, l’operazione dividi et
impera, va avanti.
Pochi annunciano di incatenarsi o di “occupare” le proprie case inagibili, ma spesso queste
dichiarazioni non ottengono il risultato sperato, ossia rimanere ai margini più prossimi della
città, della propria casa, del proprio lavoro dei propri affetti.
Intere famiglie ulteriormente separate… tutti dispersi.
Il campo è militarizzato oltre misura, sembra di essere ad esercitazioni militari e antisommossa.
Durante il G8 i militari, pur con una presenza robusta dentro il campo (più del doppio degli
sfollati), incombevano soprattutto fuori del campo, a sorvegliare che nessuno intralciasse le grandi
manovre fuori, dove scorrazzavano i potenti.
Ora si sono concentrati soprattutto all’interno del campo (gli sfollati ora saranno quasi un decimo
di militari e forze dell’ordine), ad evitare che scoppi una scintilla di protesta, pronti a
toglierti via la tenda dietro le spalle appena ti allontani di un paio di metri. Ai 1200 sfollati,
presenti ancora 2 giorni fa, hanno tolto tutti i cessi chimici tranne 1, hanno cominciato a servire
cibo particolarmente disgustoso e a smontare una delle 2 sale mensa. La polizia locale (che conosce
le sue pecore) fa da paciere e intercede con la protezione civile per i sottoproletari che hanno
avuto dei precedenti penali e sono disposti a non piantare grane e a “collaborare” purché li si
lasci vicino all’Aquila. Il ricatto è: o te la prendi così o torni in galera e non ti piangerà nessuno.
Dopo i bei propositi dell’assemblea cittadina di ieri, indetta dai comitati, dopo la promessa di
quei rappresentanti di vigilare affinché in nessun campo ci fosse stata una “deportazione non
consensuale” (ma una deportazione non può esserlo, è ovvio!), nessuno di loro ho visto stamattina.
Davanti al campo c’era però uno striscione che recitava: “Dall’impegno e dal cuore dell’Emilia
Romagna alla prevaricazione del Dipartimento” firmato “i Ri-sfollati di piazza d’armi”
Luigia, per una rete di soccorso popolare
Quello che segue è il volantino che verrà diffuso nei campi in questi giorni, già condiviso, da
alcuni, all’assemblea cittadina del 5 settembre:
“Nessuno o tutti — o tutto o niente. Non si può salvarsi da sé.”
(Bertold Brecht)
Decine di migliaia di sfollati senza più lavoro né reddito, né case, né luoghi di studio sicuri per
tutti gli studenti.
Diritto alla salute inesistente. Dopo aver consentito lo svolgimento di un G8 da 500 milioni di euro
sopra una sanitopoli che saremo sempre noi a pagare, i “clienti” dell’Azienda Sanitaria Locale si
vedranno scippata anche questa.
Dopo aver resistito 5 mesi alla dura vita delle tendopoli per non abbandonare la propria città, ora
anche noi verremo deportati lontano dall’Aquila, senza che siano pronte le case per tutti.
Il vero scopo di questa deportazione di massa è come al solito di natura elettoral-propagandistica –
si mira a spacciare il piano C.A.S.E. e la politica del governo come un successo a livello
internazionale – e speculativa — i cittadini saranno scoraggiati a tornare e incentivati a vendere
le proprie case per pochi euro a immobiliaristi senza scrupoli (magari proprio alle immobiliari
legate alla famiglia di Bertolaso e all’Eucentre, fondato dalla stessa protezione civile)
Su 70.000 sfollati, circa 16.000 sono i posti ufficialmente previsti nel piano C.A.S.E. per la fine
dell’anno, dove andranno tutti gli altri terremotati?
Ogni alloggio del piano C.A.S.E. ha un costo base di 135.000 euro contro i 15.000 previsti per le
case mobili nuove, mentre il 70% delle case mobili, utilizzate per dare riparo davvero temporaneo ai
terremotati dell’Umbria e delle Marche, vengono lasciate a marcire a Capua, presso il deposito del
Raggruppamento autonomo recupero beni mobili della Protezione civile (ora sotto inchiesta — e
giustamente — per omicidio colposo plurimo)
I criteri per l’assegnazione delle C.A.S.E. (stabiliti da Comune e protezione civile), così come
quelli per l’individuazione delle località dove entro la fine del mese saranno deportati tutti gli
aquilani, stanno già scatenando una guerra tra poveri. I ricchi la faranno sotto traccia, mentre
tutti tenteranno di salvarsi da sé.
Solo con l’autorganizzazione, il rifiuto della delega ed un processo di democrazia diretta è
possibile rovesciare le politiche antipopolari e scongiurare la guerra tra poveri. C’è chi ancora si
ostina a chiedere la requisizione di case sfitte agibili. C’è chi ancora mette avanti il dialogo con
le istituzioni a una lotta di massa. C’è chi ancora cede al terrorismo delle istituzioni rinunciando
ad essere protagonista del proprio futuro. Ma il futuro è di chi lotta, non di chi lo compra o,
peggio, lo delega.
Noi crediamo che sia ora di occuparle le case sfitte agibili
Noi crediamo che solo una lotta di massa possa portare dei risultati e se le istituzioni non ci
rappresentano vanno rovesciate
Noi crediamo che il futuro ci appartiene e lottiamo ogni momento per questo. Noi lottiamo per la
vita, non per la sopravvivenza. Per la vita e per la memoria di tutto e di tutti.
Settembre non è tempo di migrare, ma di lottare energicamente e di opporsi alla rapina della nostra
città e della nostra storia
ORA O MAI PIU’
rete di soccorso popolare
mumiafree@inventati.org – http://sfoll-aut.blogspot.com/
![[Alberto.jpg]](http://1.bp.blogspot.com/_L8gIj90GnaY/SqJROXQbJbI/AAAAAAAAAls/TuQ-30In2fo/s1600/Alberto.jpg)