Una ritrovata autorità  dello stato nella lotta all’evasione

Mario Lettieri, sottosegretario all’Economia nel governo Prodi
Paolo Raimondi, economista

Il recente intervento dell’Agenzia delle Entrate che annuncia controlli capillari e misure severe nei confronti degli evasori fiscali ha un preciso valore etico e politico con ovvi riverberi economico-sociali. Il direttore generale dell’Agenzia, Attilio Befera, ha dichiarato che “i capitali portati all’estero e non dichiarati vengono considerati reddito nel momento in cui sono scovati e di conseguenza tassati come reddito”.

E’ una riaffermazione positiva dell’autorità dello stato. Le regole e le leggi in un Paese moderno, democratico, efficiente e “sano” devono sempre e comunque essere rispettate. Pena la decadenza economica e morale.

Un’economia senza regole e privatizzazioni selvagge generano corruzione e poche scandalose ricchezze. Impoveriscono la nazione e ne minano la coesione sociale.

Perciò, aldilà di ogni eventuale strumentalizzazione di parte, dovrebbe essere forte e condiviso il sostegno all’azione di contrasto ad ogni forma di evasione, elusione, riciclaggio e lavoro sommerso svolta dall’Agenzia delle Entrate, dalla Guardia di Finanza e dalle Dogane.

E’ incomprensibile, però un certo affievolimento, da parte dell’attuale maggioranza, di alcune norme approvate nella precedente legislatura, come quella della tracciabilità. Ciò è un segnale negativo, contrastante con le declamazioni sulla lotta all’evasione.

Nella fase particolare di crisi che continua a colpire pesantemente i lavoratori le famiglie e gli operatori economici onesti e corretti è quanto mai necessario dare sostegno a coloro che sono in difficoltà, siano essi singoli o imprese, e contemporaneamente dare un forte messaggio di legalità, di volontà di perseguire quanti violano le leggi, comprese quelle tributarie.

Un’evasione fiscale che supera i 250 miliardi di euro e la esistenza nei paradisi fiscali off shore di ben 500 miliardi di capitali appartenenti a cittadini e a imprese italiani sono dati sconvolgenti e non più tollerabili.

Dal controllo dei dati forniti dagli intermediari finanziari, i cui resoconti sono stati vagliati con strumenti più moderni, l’Agenzia ha individuato ben 170.000 persone che hanno operato in transazioni finanziarie estere. Ciò comunque non significa che siano tutte operazioni illegittime.
La crisi finanziaria globale ha fatto emergere il ruolo nefasto dei centri off shore usati per l’evasione fiscale, per la fuga di capitali, per il riciclaggio di danaro riveniente da attività illecite e per la stessa creazione e circolazione di titoli tossici.

Un punto fondamentale della riforma del sistema finanziario internazionale dovrà essere appunto lo smantellamento dei paradisi fiscali pena il continuo ripetersi di bolle finanziarie e di crolli economici.

La task force annunciata dall’Agenzia delle Entrate, una maggiore sinergia con la Guardia di Finanza ed una più efficace collaborazione con i competenti organismi degli altri Paesi possono sicuramente contribuire al successo delle indagini sugli investimenti immobiliari all’estero e sull’illecito trasferimento di risorse finanziare nei paradisi fiscali.

Altre due aree di indagine e di intervento, secondo noi, dovrebbero essere quelle relative ai corporate bond e ai derivati stipulati con banche e hedge fund internazionali.

La crescita delle emissioni, da parte di banche e grandi corporation a livello mondiale, di corporate bond che si registra da alcuni mesi potrebbe essere un segnale preoccupante, rivelatore della necessità di liquidità occorrente forse per “cancellare“ il peso dei titoli tossici dai propri bilanci o per far fronte a prevedibili insolvenze. Nel 2008 i bond in questione ammontavano a circa 900 miliardi. Ad agosto 2009 siamo già a 1105 miliardi!

Nel frattempo i normali crediti bancari sono stati di 1065 miliardi, un terzo di quelli concessi nel 2008.

Perciò, anche in relazione alle vicende Parmalat, Cirio, Banca 121 etc. il controllo sui corporate bond diventa urgente ed indispensabile.

Così come pregnante dovrebbe essere il controllo sui bilanci, nei quali i derivati finanziari potrebbero essere utilizzati, generando ai fini fiscali temporanee situazioni di perdite da eliminare successivamente con prodotti derivati di segno contrario.

La speculazione, l’evasione fiscale e il riciclaggio hanno negli anni passati dimostrato una vitalità e una capacità “innovativa” straordinaria.

L’uscita dalla crisi e la trasparenza e regolarità nell’economia richiedono una rinnovata e sempre più “sofisticata” capacità dello stato nel prevenire e reprimere ogni violazione dei doveri fiscali e contributivi.

Su questi temi, come sta avvenendo a livello internazionale, sarebbe opportuno che anche a livello nazionale vi fosse il massimo condivisione.

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