Dal 1886 al 1996 ( dati ufficiali Istat), ben 25 milioni d’italiani hanno lasciato la penisola. Con i figli ed i nipoti, nati all’estero, il loro numero ha superato, globalmente, i 56 milioni. In sostanza, negli anni, si è costituita nel mondo una “colonia” italiana di tutto rispetto. Intanto anche il Vecchio Continente è stato interessato dai fenomeni migratori, prima interni, poi dall’estero; Bel Paese compreso. Così, alla fine dello scorso anno, erano presenti sul nostro territorio 4.600.000 cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno ( fonti Caritas). Tra i nostri Emigrati e gli Immigrati i punti d’incontro sembrerebbero pochi. Ma la realtà, che viviamo quotidianamente, ci consente una visione più realistica di un fenomeno sociale in costante espansione. Mentre si preferisce non collegare ai nostri gli aspetti sociali, economici ed etnici che interessano gli stranieri in Italia, si tende, soprattutto sul fronte politico, a tenere “separate” le due facce di uno stesso problema. Con conseguenti incomprensioni, spesso confuse col “razzismo” che, per la verità, non è mai stato proprio della nostra gente che, semmai, per il passato l’ha pesantemente subito. Ma, tant'è che non mancano le allusioni. Meglio, quindi, tentare di chiarire la realtà per non falsare la storia di questo nostro Paese che si è dimostrato disponibile, da subito, all’accoglienza. La nostra Emigrazione, almeno quella pianificata, è iniziata nella seconda metà del 1800. L’Immigrazione, pur se in tono minore dall’attuale, è iniziata verso la fine degli anni’80. Dal 1992, il Parlamento ha iniziato a legiferare per regolamentare i flussi migratori ed i provvedimenti normativi, com’è noto, continuano. Tutti ci siamo resi conto che gli Immigrati, ovviamente quelli in regola, possono essere fonte di produttività e stimolo all’integrazione. In Patria, la realtà è questa. Per i Connazionali all’estero, oggi poco più di cinque milioni con cittadinanza italiana, tra vecchie e nuove generazioni, le tutele sono rimaste, invece, poche e vincolate a provvedimenti non aggiornati d’almeno vent’anni. Per chi vive lontano dalla penisola, scarse sono le informazioni e le agevolazioni previdenziali, pesanti gli oneri fiscali e troppe le promesse disattese. Lo stesso diritto di voto, non ha modificato, nella sostanza, i loro problemi di sempre. Anche se il “Federalismo” ha vinto alla grande, nei confronti della nostra Comunità nel mondo perdura l’”Immobilismo”. Quello subdolo, spesso di non facile collocazione, ma che danneggia chi, invece, avrebbe bisogno di un sostegno. Questa Seconda Repubblica è per i Connazionali all’estero non differente dalla Prima. Saranno, magari, cambiati i simboli di partito e gli uomini che li rappresentano, ma chi è all’estero deve continuare con l’arte d’arrangiarsi. Mentre ancora rammentiamo le scritte xenofobe nei nostri confronti in molti locali pubblici d’Europa negli anni ’50 e ’60 (Défense d’entrer aux italiens), ci s’interroga sulle sorti dei Cittadini extracomunitari presenti nel Paese. Dato che la storia non è scritta mai a caso, se gli Immigrati sono una risorsa per l’Italia, non meno lo sono i nostri Emigrati nel mondo. Anche tenuto conto che la loro maggiore concentrazione ora è proprio nei Paesi dell’UE. E’ indubbio che ci si sta avviando verso una società multietnica. L’importante, però, è non dimenticare o, peggio, rinnegare le nostre radici culturali, storiche e sociali in nome di un pluralismo che, restando solo di facciata, potrebbe arrecare più danni che vantaggi.