di Filippo Giannini
Adam Smith era un filosofo scozzese che possiamo definire l’alfiere del liberismo economico: cioè quella dottrina di economia politica secondo la quale lo Stato non deve intervenire direttamente sull’attività economica per regolamentarla. Volendo fissare una data questa può essere indicata intorno al 1830. E allora: 1995 meno 1830 è uguale a 165; cioè centosessantacinque anni. Il lettore penserà che sto dando i numeri. No! E invece sì. Allora, seguitemi.
1830: nascita del liberismo.
1995: infamia di Fiuggi.
Con il 1830 nasce la dottrina del niente Stato in economia, con il 1995 si decreta la morte del Fascismo, il quale nella sua filosofia prevedeva il controllo dello Stato (anche) sull’economia. Quindi esattamente il contrario di quanto sostiene il liberismo. Di conseguenza nel 1995 si pretese la messa a morte del Msi che, notoriamente si presentava, fra errori e forzate necessità, come continuazione della filosofia fascista.
Dimentichiamo, ma solo per un attimo, il solenne giuramento fatto dal capo degli infami sulle bare di Almirante e di Romualdi di essere l’artefice del Fascismo del XXI Secolo, e torniamo a Fiuggi. Gli innovatori sostengono che con quel Congresso si è fatto un salto in avanti, verso il futuro, cioè si è data vita ad una Destra moderna e, a dimostrazione di questa novità, hanno ripescato le teorie del liberale in politica e liberiste in economia.
165, ecco il numero: hanno tirato fuori dal cilindro una dottrina una dottrina vecchia di centosessantacinque anni, presentandola ai gonzi come moderna e del futuro.
Gli autori della mascalzonata di Fiuggi hanno usato l’abilità di Hudini, la scaltrezza di Al Capone, la mano assassina di Moranino e la scelleratezza di Badoglio. Ma l’arma vincente fu soprattutto il nemico giurato del Fascismo: la Massoneria.
Era il 1993 (più o meno), allora non mi interessavo più di politica – almeno in senso attivo – e le mie idee erano rimaste immutate sin da quando, nel 1948 mi iscrissi al MSI partecipando attivamente alla vita del Movimento. Ripeto, era il 1993 e si cominciava a sentire il fetore di Fiuggi. Ricordo che si doveva essere vicini a qualche consultazione elettorale, quando lessi che Giulio Maceratini era al bar Ruschena, a Lungotevere dei Mellini, a disposizione di chiunque volesse incontrarlo. Andai e gli esposi i miei timori e perplessità. Egli mi rispose all’incirca: . Me ne andai rassicurato.
1994 (chiedo perdono per l’eventuale inesattezza delle date, ma i fatti sono precisi): eravamo in riunione con Giorgio Pisanò e altri nell’albergo Santina, in Via Marsala a Roma, quando piombò nella sala Alessandra Scivolone, la quale, quasi piangendo ci disse che, a causa del suo cognome (Mussolini), Gianfranco Fini la stava emarginando dal partito, ma lei era (parole esatte).
Poco sopra ho accennato al nemico giurato del Fascismo, la Massoneria. Ho sotto gli occhi una rivista: Massoneria oggi – Organo del Grande Oriente Italiano, e leggo che . Ma adesso viene il bello, fra i tanti nomi noti (On. Irene Pivetti, On. Antonio Martino ecc., dei quali non ce ne potrebbe fregar niente), brillavano per la loro presenza, indovinate chi? Sì, alcuni fra i più alti esponenti del morituro MSI. Riprendo la lettura: . Allora prende sempre più forma quanto poco sopra ho indicato, e cioè il richiamo ai vari Hudini, Al Capone, Moranino, Badoglio.
Mi chiedo e chiedo: perché poco prima di Fiuggi Gianfranco Fini ha imbarcato nel MSI tante cariatidi della Democrazia Cristiana. E’ ovvio, per sfascistizzare il MSI, altrimenti quale motivo hanno spinto quegli esseri poco raccomandabili (Gianfranco Fini, Gianni Alemanno, Ernesto La Russa ecc) a raccattare e imbarcare nel MSI, partito notoriamente fascista, personaggi del calibro di un Publio Fiori, di un Gustavo Selva e così di seguito, gente che con il fascismo non avevano nulla a che vedere?
Non posso dimenticare la dichiarazione di quel signore (Publio Fiore) rilasciata a La Stampa qualche tempo fa: . E no! Non ci stò. E allora chiamo in causa il principale autore di quella mascalzonata, avvalendomi anche di un articolo della brava Ercolina Milanesi che ha ricordato i precedenti di Gianfranco Fini. Questi, oltre al citato giuramento compiuto dinnanzi alle bare di Almirante e Romualdi, il 19 agosto 1989, affermò: . Il Giornale, 5 gennaio 1990: . 30 settembre 1992: <(…). Chi è vinto dalle armi ma non dalla storia è destinato a gustare il dolce sapore della rivincita (…). Dopo quasi mezzo secolo, il fascismo è idealmente vivo>. Giugno 1994, La Repubblica: . La Nazione: . L’Eco di Bergamo: .
Poi, improvvisamente il nostro ha definito il fascismo, male assoluto. A prescindere dalla stupidità dell’espressione, cosa era avvenuto nella mente del discepolo di Almirante? La risposta la fornisce Giorgio Pisanò che ben conosceva il personaggio, risposta ricordata sempre da Ercolina Milanesi: .
E’ veramente impressionante l’analisi di Giorgio Pisanò se si pensa che egli scrisse questo nel 1994 e tutto si è realizzato: Gianfranco Fini ha liquidato il Msi, ha liquidato An per confluire nel calderone liberaldemocratico di Berlusconi, pronto per liquidare anche quest’ultimo.
Gianfranco Fini: utilizzando le tecniche degli Hudini, degli Al Capone, dei Moranino, dei Badoglio, è il Grande Liquidatore. Un essere di insaziabile ambizione, senza morale, senza onore, senza decoro. Insomma senza niente, ma caricato di una demoniaca capacità di distruggere tutto.