Intervista ad Antonio Panzeri

Eletto nel 2004 all'Europarlamento, Antonio Panzeri, lombardo di Rivolta
d'Adda, si ripresenta a questa tornata elettorale per le liste del PD e
risponde alle domande del direttore del Portale Lombardi nel Mondo, Luciano
Ghelfi

Il 6 e 7 giugno si vota per rinnovare il Parlamento europeo. Qual'è la sua
idea di Europa? Una confederazione dai legami labili, o una federazione dai
legami sempre più stretti?

L'Europa che vogliamo è un' Europa ampia e unita in grado di superare gli
egoismi dei governi nazionali. Lo stato federale è la prospettiva, ma per
arrivare a questo occorre completare il processo incompiuto della nuova
Costituzione. È essenziale quindi che entri in vigore il Trattato di
Lisbona, che permetterebbe una ben più ampia possibilità d'azione rispetto a
quella attuale.
Bisogna investire di nuovo sull'idea di Europa, un'Europa inclusiva e
sociale che aiuti anche l'integrazione dei paesi più 'deboli', come quelli
dell'Est. Si tratta dell' unico modo, tra l'altro, per evitare fenomeni di
dumping sociale.

L'Europa negli ultimi anni è apparsa spesso distante dalle attese della
gente. Dalla cioccolata senza il cacao all'aranciata senza le arance, in
tanti non hanno capito questa involuzione della legislazione dell'Unione.
Perché oggi l'Europa è ancora importante per noi italiani?

L'Europa è non solo importante ma direi fondamentale: è la naturale
dimensione del futuro. Di fronte all' attuale crisi economica e finanziaria
– e prima ancora di fronte al processo di globalizzazione – la partita
competitiva, e la possibilità di crescita e sviluppo, sono possibili solo se
si rafforza la dimensione politico-istituzionale, nonché economica e sociale
dell'Europa. Fuori dall' Europa nell'attuale fase (che vede la presenza in
scena sempre più forte di giganti come India e Cina) si rimane schiacciati!
Solo una classe politica poco lungimirante non lo comprende.

Bisogna anche dire che l' Europa oltre che importante può essere,conveniente
per i cittadini. Penso, per fare un esempio, al Fondo di adeguamento alla
globalizzazione, a cui anche l'Italia ha attinto per combattere la crisi e
da cui sono arrivati 19 milioni per il settore tessile in Lombardia. Soldi
veri, non parole.

Per quanto riguarda la cosiddetta “involuzione” della legislazione europea,
non possiamo dimenticare che la politica europea è frutto dell'interazione
fra Consiglio, Commissione e Parlamento. Solo il Parlamento è eletto
direttamente, mentre le altre Istituzioni sono espressioni dei governi.
Attualmente, purtroppo, la maggior parte dei Paesi europei sono governati
dal centro-destra.Se vogliamo una politica europea più vicina ai cittadini
ed attenta alle loro legittime esigenze, appare dunque di fondamentale
importanza inviare a Bruxelles rappresentanti che siano più sensibili al
punto di vista delle persone piuttosto che a quello dei grandi gruppi di
interesse.

Personalmente Lei sarebbe favorevole a un presidente della Commissione
Europea eletto direttamente dai cittadini dell'Unione?

In questo momento mi sembra prematuro pensare a un presidente della
Commissione che sia eletto direttamente, quando ancora non siamo ancora
riusciti ad approvare il Trattato di Lisbona. Meglio dunque lavorare
affinché il Parlamento, espressione del voto dei cittadini, possa avere
sempre più importanza dal punto di vista legislativo e politico.

Il referendum irlandese ha impresso un brusco stop al processo di
integrazione europea. Come farlo ripartire? Che ruolo può giocare il
Parlamento europeo?

Occorre assolutamente ripartire dal Trattato di Lisbona che anche dopo la
doccia fredda della bocciatura (col referendum irlandese) resta il passaggio
decisivo per dare slancio all'Europa. Anzitutto serve una presidenza del
Parlamento Europeo più stabile: se avremo un presidente per due anni e
mezzo, e non 6 mesi come avviene ora, avremo maggiore stabilità politica e
potranno essere adottate decisioni più efficaci e rapide. Così pure se
daremo all'Europa maggiori competenze in politica estera, anche attraverso
la creazione del ministro degli esteri europeo. E naturalmente, come dicevo
prima, rafforzare sostanzialmente il ruolo del Parlamento.

Le Regioni stanno diventando sempre più l'articolazione di molte azioni
dell'Unione. In questo senso la Lombardia sta facendo abbastanza, oppure
potrebbe fare di più?

C'è una difficoltà, non solo della Regione, ma direi dell'intero paese, nel
cogliere le opportunità offerte dall'Unione. La Regione Lombardia ha fatto
anche meglio di altri ma si può certamente fare di più. Penso, per esempio,
alla creazione negli enti locali di “Sportelli Europa'' che siano in grado
di aiutare i cittadini e le imprese nella loro ricerca di canali per i
finanziamenti da Bruxelles.

Che ruolo può giovare l'Unione Europea per l'integrazione dell'emigrazione
italiana in Europa?

L'Europa ha già fatto molto per promuovere l'integrazione e la mobilità di
tutti i suoi cittadini. In generale, le comunità italiane all'estero sono
molto ben integrate e anzi viene riconosciuto il loro apporto nella società
e nell'economia locale. Tuttavia, specialmente per gli immigrati di seconda
generazione, il rapporto con la patria è spesso mediato. Per questo il PD si
è sempre fatto promotore, a livello europeo, di misure volte a promuovere la
cultura italiana e la diffusione della lingua. A questo proposito può
giocare un ruolo importante anche la diffusione dei nostri programmi
televisivi all'estero

Oggi i nostri emigranti sono sufficientemente integrati nel resto dei paesi
europei?
In generale, come ho detto prima, direi proprio di sì. Anche perché
l'emigrazione di oggi è un'emigrazione spesso molto specializzata. Gli
italiani che emigrano lo fanno perché non trovano adeguato riconoscimento
delle loro capacità in patria, mentre all'estero è più facile per loro
inserirsi nel mondo del lavoro. Purtroppo questa situazione ci priva di
importanti risorse umane, che invece contribuiscono alla ricchezza e allo
sviluppo degli altri Paesi.

La redazione del Portale Lombardi nel Mondo

www.lombardinlemondo.org

Intervista a Gabriele AlbertiniGabriele Albertini di candida per un nuovo
mandato come parlamentare europeo nelle file del PDL. Un Bilancio del
mandato europeo appena concluso del quale Albertini è stato, tra l'altro,
vicepresidente della Commissione trasporti e turismo. E c'è spazio anche per
parlare di Milano e dell'Expo 2015.

di Marco FATTORINI
www.ilpolitico.it

Onorevole Gabriele Albertini, provando a fare un breve bilancio di questo
mandato, quale è stata la sua esperienza al Parlamento Europeo? Ha, inoltre,
intenzione di ricandidarsi per le elezioni di giugno?
“Senz'altro ho intenzione di accettare una futura candidatura, naturalmente
è il partito, in questo caso il Popolo della Libertà, che decide chi viene
candidato o meno. Se gli uscenti disponibili saranno ricandidati, conto di
essere tra questi.
Per quanto riguarda l'attività svolta, credo di aver compiuto un discreto
lavoro a cui concedo un bel 7 e mezzo, soprattutto dopo aver terminato un
mandato di grande responsabilità come quello di sindaco di Milano. A
Strasburgo ho frequentato assiduamente le commissioni di cui faccio parte,
da un punto di vista strettamente statistico ho un cospicuo numero di
interrogazioni ed interventi, circa una quindicina, ed ho una percentuale
dell'85% di presenze ai voti in Commissione e in plenaria.
Dal punto di vista umano è stata sicuramente un'esperienza positiva: sono
entrato in contatto con altri colleghi e realtà, è stata anche l'occasione
per approfondire lo studio delle lingue come l'inglese e il francese. Dopo
nove anni sul palcoscenico milanese e nazionale con un ruolo di grande
esposizione, ho senz'altro apprezzato 5 anni di uno scenario un po' meno
esposto anche se assolutamente stimolante”.

Come è stato il passaggio da un ruolo politico e amministrativo locale,
quale era il suo incarico al comune di Milano, a quello di parlamentare
europeo, in una prospettiva sicuramente ampia e sovranazionale?
“La differenza è insita nel fatto che il governo, in un'amministrazione come
il Comune, prevede una responsabilità molto gestionale, in quanto si è a
capo di una colossale impresa di servizi. Basti pensare al Comune di Milano
che è una vera e propria holding di 40mila dipendenti, tra aziende
controllate e comune stesso. Così anche il quadro legislativo, composto di
leggi, regolamenti, direttive, è fondamentale. Nello scenario
dell'amministrazione comunale si tratta di decidere, si hanno a disposizione
anche notevoli poteri, capitali pubblici da investire nell'interesse della
collettività. Si tratta di un ruolo sicuramente molto impegnativo che
richiede una notevole responsabilità ed esposizione (basti pensare al fatto
che ricevevo 25.000 lettere all'anno dai cittadini per richieste varie). Ora
il lavoro al Parlamento Europeo è molto più “nascosto”, costituito di
relazioni con gli altri opinion leaders (i miei colleghi) e le istituzioni
europee. E' un lavoro di tessitura dei testi, interrelazioni, ricerca del
consenso per gli emendamenti, ascolto delle associazioni di categoria. Il
clima è sicuramente differente, non vi è la tensione del governo, ma
l'elaborazione, la riflessione e lo studio di testi su cui discutere per
ricercare la sintesi finale. A prevalere, sulla realizzazione, ad esempio,
di un'opera pubblica è la ricerca del consenso”.

Lei è vicepresidente della commissione per i trasporti e il turismo. Può
dirci dunque quali sono stati i traguardi, anche a lei cari, ottenuti in
questi campi dall'azione di tale commissione?
“Cominciando dall'ultimo evento, ho presentato un regolamento per i diritti
dei passeggeri che viaggiano su pullman e autobus il quale sarà approvato in
plenaria martedì (oggi, ndr): rappresenta un'innovazione assoluta perché
riguarderà 300 milioni di passeggeri. Inoltre ho presentato un rapporto
sulla politica europea del trasporto sostenibile che è stato approvato nel
gennaio di quest'anno e che Jacques Barrot, allora commissario europeo ai
trasporti, ha definito come un'altra “Bibbia” da seguire per una futura
politica europea del trasporto sostenibile.
Invece nel campo del trasporto aereo ho sviluppato un accordo tra Unione
Europea ed India, anch'esso votato a gennaio dal Parlamento in sessione
plenaria. Ho inoltre seguito con particolare attenzione, partecipandovi con
emendamenti, il dossier sulla liberalizzazione dei servizi postali dell'Ue,
il progetto n. 1 Berlino-Palermo che andrà a sfruttare il tunnel del
Brennero ed altri ancora. Alcuni traguardi degni di nota sono, ad esempio,
quello del terzo pacchetto ferroviario, passo fondamentale verso l'obiettivo
di un mercato liberalizzato, oppure ancora il varo del secondo pacchetto
“cielo unico europeo”, regolamento che rivoluzionerà la gestione dello
spazio aereo ottimizzando costi, tempi di percorrenza e sicurezza. Un
ulteriore passo fondamentale è stato quello della direttiva eurovignette per
la tassazione dei veicoli adibiti al trasporto merci”.

Nell'attività a Strasburgo lei è anche membro sostituto della commissione
per l'industria, la ricerca e l'energia, oltre a far parte della delegazione
per le relazioni con Israele. Cosa ci dice in merito a questi ambiti?
“Nella commissione per l'industria, la ricerca e l'energia ho seguito il
completamento del mercato europeo nel settore energetico e in quello delle
telecomunicazioni, la direttiva sul perfezionamento del sistema europeo di
scambio delle quote di emissione e poi quella sulla promozione dell'uso di
energia da fonti rinnovabili.
Per quanto concerne l'attività della delegazione per i rapporti con Israele,
ho avviato diversi rapporti di collaborazione e, nel novembre dello scorso
anno, ho compiuto un viaggio con la delegazione in terra israeliana, in cui
abbiamo incontrato diverse autorità tra cui l'allora ministro degli esteri
Livni”.

Come reputa l'azione del Parlamento Europeo, in un momento di crisi e
instabilità come questo? Quanto è importante la presenza di un organo
sovranazionale che possa coordinare le azioni dei singoli stati?
“Nella prospettiva della costituzione di uno stato federale europeo il
Parlamento, che è l'unico organismo eletto dai cittadini, ha un ruolo
fondamentale e la sua utilità per tutti è quella di essere una realtà sopra
le altre. Tuttavia un elemento ancor più pregnante è l'Euro, basterebbe
pensare all'odierna crisi finanziaria senza la moneta unica, sarebbe stata
nefasta per l'Italia. Inoltre, tra i motivi di fondamentale importanza
dell'Europa, spiccano la necessità di convergere con una politica per
l'energia, la sicurezza ed una politica estera europea che rafforzino la
difesa e lo sviluppo degli stati membri”.

Non crede che l'Italia da sempre sottovaluti il ruolo e l'importanza
dell'Europa? Quale è la strada da seguire in questa direzione?
“C'è molta disinformazione sul ruolo dell'Europa. Basti pensare al fatto che
i regolamenti europei hanno un gigantesco impatto sui singoli stati, Italia
compresa, però entrano in vigore dopo 2 anni e diverse fasi di
implementazione. Si perde così il rapporto tra la causa e l'effetto, cosa
che invece non avviene per la legislazione nazionale. Però guardando anche
alla futura applicazione del Trattato di Lisbona si nota come il 90% della
legislazione nazionale degli stati membri sia un derivato di quella europea.
L'attenzione che si deve prestare per quello che avviene in Europa è
fondamentale, purtroppo però questa distanza temporale tra la decisione e
l'applicazione nazionale fa la differenza e fa perdere anche la portata
delle notizie. Spesso si arriva così a preferire il chiacchiericcio
quotidiano della politica locale, che spesso si trasforma in un teatrino e
diventa, così, l'ombelico del mondo. E' difficile riuscire a trovare un
mezzo d'informazione che s'interessi a qualche cosa che accade in Europa. Io
ho fatto presente un mio regolamento (che tra 2 anni cambierà la vita di chi
viaggia) con un comunicato ufficiale e un solo giornale, peraltro con un
modesto trafiletto, ha riportato la notizia. Eppure il Parlamento Europeo
può influenzare la vita di 500 milioni di cittadini: c'è allora una
contraddizione tra l'importanza e l'effettiva attenzione che viene data
all'Europa”.

Lei ha aderito al gruppo del Partito Popolare Europeo al Parlamento di
Strasburgo. Crede che il Pdl, neonata creatura del centrodestra, possa
pienamente legittimare il suo cammino e la propria identità all'interno del
Ppe?
“Sono convintissimo che questo avvenga. Forza Italia lo è da tempo, Alleanza
Nazionale, col passare degli anni, ha garantito, attraverso valori e
tradizioni, la sua adesione allo statuto del Ppe. Visto che alla base c'è un
insieme di valori di riferimento, a partire dalle comuni origini cristiane
in cui ci si identifica: tutto ciò dà il senso di una evoluzione democratica
del Partito di An che peraltro già aveva avviato questo cammino
trasformandosi da Msi in Alleanza Nazionale e poi confluendo nel Popolo
della Libertà. Da parte mia c'è sicuramente grande fiducia in questo
processo.
Io non sono mai stato iscritto a nessun partito, neanche a Forza Italia,
seppur mi consideri un berlusconiano “di ferro”, e sono stato eletto come
indipendente nelle liste di Fi, mentre ho segnalato la mia volontà di
iscrivermi al Pdl il giorno stesso in cui è stato compiuto l'atto fondativo
con il congresso di Roma. L'ho fatto perché, come moderato, ho visto in
questo nuovo soggetto politico l'unione di tutte le tendenze del
centrodestra. Mi Sono sempre sentito appartenente ad un mondo politico che
non era caratterizzato da un solo partito: è per questo che mi piace l'idea
del popolo. Ed è proprio nell'acronimo del PPE “European People Party” che
si trova il Popolo della Libertà”.

Da ex sindaco, quali sono le opportunità (anche in termini di trasporti e
turismo) e invece i rischi che porta con sé l'Expo 2015?
“L'Expo è una grande occasione per portare ad attuazione accelerata annose
questioni come la Pedemontana o le linee 4 e 5 della metropolitana milanese.
Ci sono 15 miliardi di opere pubbliche, di cui almeno 12 sono destinate ad
infrastrutture dei trasporti che mancavano in una regione che è certamente
tra le più avanzate d'Europa, ma, in relazione al bisogno e alla domanda di
servizi nel campo dei trasporti, è soltanto quattordicesima, tra le regioni
italiane, per il rapporto tra chilometri di ferrovie, strade e numero di
abitanti. C'è dunque un gran bisogno di investimenti e della realizzazione
di tali progetti.
I rischi, invece, sono quelli di non riuscire a completare le opere bene e
in tempi ragionevoli. Per “bene” intendo il non superamento del budget di
spesa previsto. Come in tutti gli scenari della realizzazione di opere, ciò
che conta non è l'intenzione o l'indirizzo, ma la realizzazione con annessi
tempi e costi.
Per addurre un esempio milanese, posso dirle che noi abbiamo ristrutturato
il teatro della Scala in 36 mesi con solo il 10% in più di sforamento
rispetto al budget, dovuto al fatto di aver trovato una falda ed altre
incombenze non prevedibili. Un esempio negativo, sempre a Milano ma durante
un altro governo, è quello del Piccolo teatro realizzato in trent'anni, con
un costo moltiplicato per dieci volte rispetto a quello preventivato. Questi
sono due diversi esempi di governo”.

Marco Fattorini

www.lombardinelmondo.org

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