L’intervista: Alicia Bernasconi, ricercatrice del Cemla. Prima parte

Colta e gentile sempre indaffarata tra libri, telefonate e archivi, è una
immagine a colori in un fondo color seppia, circondata da libri giganti che
sembrano quasi invitarti ad aprirli.
Da molti anni, con il Direttore del Cemla, Padre Mario Saltello, non fanno
altro che scandagliare e cercare dati, nomi e cognomi, parenteschi e quanto
sia possibile per articolare il passato di tanti emigranti.

Il suo interesse e la sua passione per questo fenomeno non si limita solo
alla cronologia dei fatti ma anche e soprattutto alla ricerca dei dettagli
della vita delle persone, unendo fili apparentemente invisibili che formano
la trama della quotidianità delle famiglie emigrate. Portano alla luce
frammenti che poi uniscono pazientemente, evocando il passato. Scherzando le
dico che per me il Cemla è una nave. Tutti a bordo dunque…

D- Le sue origini?
R- Sono nata a Buenos Aires, in Argentina, da genitori argentini: mio padre
figlio di italiani e mia madre nipote di spagnoli. Il nonno paterno è venuto
dall' Italia, dalla città di Como all'età di otto anni con uno zio, era
orfano. Mio padre mi raccontava che mio nonno all'età di diciotto anni era
già indipendente dagli zii e che a diciannove anni si è sposato, mia nonna è
nata a Moròn, provincia di Buenos Aires da genitori italiani.
Da quanto ho potuto vedere nel certificato di matrimonio i miei nonni erano
praticamente vicini di casa, vivevano uno di fianco all'altro, la stessa
strada, il numero civico delle case era 236 e 238.
Mio nonno è morto prima che io nascessi, non ho avuto, purtroppo, contatto
con lui, però con nonna invece sì, mi ha strasmesso alcune espressioni
italiane…

D- Ne ricorda qualcuna?
R – Diceva molto spesso: << Madonna Santa!>>, << Faccia tosta!>> poi se io e
mio fratello o mia sorella litigavamo ci diceva: << mamma arrucami tucca
tucca mi ruma che adesso mamma non guarda >> (ride)… la ricordo bene. Mia
nonna si chiamava Anna Teresa.
Altri ricordi…. sono immagini della mia infanzia. Ero molto piccola quando
nonna faceva da mangiare, per esempio: la cima ripiena o una grossa palla di
carne che chiamava in spagnolo – bola de carne – e poi – la pasqualina -.
Ricordo il tirare la pasta, stenderla una sopra l'altra con l'olio d'oliva
in mezzo, è una immagine viva e molto forte in me.
Poi il resto della mia cultura italiana devo dire che è un po' ambientale
diciamo…
Quando sono andata in Italia per la prima volta, nel 1972, viaggiavo in
treno e parlavo con la gente nello scompartimento e quando mi chiedevano
dove avevo imparato l'italiano, rispondevo: << Al cinema...>>.
Quando ero piccola andavamo spesso al cinema, almeno una volta alla
settimana. C'erano i cinema di quartiere che una volta alla settimana
cambiavano programmazione e il Neorealismo italiano è stato una presenza
costante.
Grazie al cinema ho conosciuto: De Sica, i primi film di Fellini – I
Vitelloni – la scena di Alberto Sordi che sfotte, con il suo famoso gesto
del braccio, ai lavoratori e il camion che si rompe… indimenticabile
questa scena. Poi altri film: Pane. Amore e Fantasia, Susanna tutta
panna…e tanti altri, adesso non li ricordo tutti.

D- Quindi Lei ha perfezionato l'italiano grazie al cinema?
R – No! La mia prima infarinatura dell'italiano è grazie al cinema, perchè
allora non c'erano i doppiaggi, i film erano in lingua originale. Poi
l'italiano l'ho perfezionato, un po' grazie al mio lavoro, mi occupo di
ricerca. Ho letto e leggo molto in italiano, sono stata molte volte in
Italia e quindi diciamo che questi aspetti mi hanno aiutata, tutto questo
senza uno studio formale e rigoroso della lingua e della grammatica che
spero di fare prima o poi.
Comunque, la storia delle mie origini è simile a molte altre storie
dell'emigrazione italiana in Argentina. Mio padre, le mie zie, sapevano
abbastanza poco della storia di mio nonno. Forse perchè mio nonno era troppo
piccolo, orfano di genitori, aveva perso il contatto con i famigliari
credo…
So che quando si è sposato nel 1896 aveva ricevuto alcuni documenti tra i
quali il certificato di nascita, inviato da un parente che aveva lo stesso
cognome, non so il parentesco perchè l'ho scoperto dopo, vedendo una nota
scritta sul certificato: Si spedisce a richiesta di…

D – Che lavoro svolgevano i suoi bisnonni in Italia?
R – Dal certificato di nascita risulta che erano insegnanti. So anche che
mio nonno ha lavorato in una ferramenta qui a Buenos Aires che si chiamava –
Fereteria Francesa – una molto grande.
Dopo compra un terreno, nei dintorni di Buenos Aires, e poi costruisce la
sua casa, nel quartiere Saenz Peña.
Quando ho cominciato a studiare l`emigrazione ho scoperto che mio nonno,
come tanti italiani, aveva rapporti con altre famiglie italiane: i suoi
vicini di casa, la Fam. Bosso, erano i grandi amici di famiglia. Nel
censimento del 1895 risulta che la sorella di nonna si era sposata quando
aveva 16 anni, mia nonna ne aveva 18, giovanissime …però all'epoca era
così.

D- Suo nonno aveva fratelli in Italia?
R – Non si sa se aveva fratelli, probabilmente no, essendo rimasto orfano
molto piccolo. Mia madre mi raccontava di una famiglia Mazzini che a quanto
pare sono questi zii che l'hanno portato in Argentina. Non ho altre
informazioni di questa famiglia. Del nonno ho un paio di foto molto vecchie,
foto color seppia, molto formali.

D- Aneddoti?
R – Si… aneddoti, barzellette …raccontate da mio padre, però in
spagnolo. A quanto pare, mio nonno era un anticlericale, quando passava di
fronte ad un convento per esempio, diceva:<< Questa è la fabbrica dei
preti..>> (ridiamo).
Mia nonna invece è riuscita a fargli fare la comunione a mio padre,
naturalmente senza che nonno lo sapesse, poi ha insistito che anche noi, i
suoi nipoti, la facessimo, però senza successo.

D- La vocazione per la ricerca, nasce forse dalle sue origini?
R – Non è un cammino così lineare come sembra o immediato e definirla
vocazione è esagerato. Durante le scuole superiori comincia l'interesse per
la Storia. Probabilmente anche grazie all'influenza di un grande storico che
ho avuto come professore, che ci faceva leggere, ricercare, pensare e ci
guidava a capire ed analizzare la dimensione umana dei fatti, si chiamava
Alberto Salas. Storico, soprattutto della Conquista dell'America e del
rapporto tra spagnoli e indiani. Non si arrendeva alle teorie. È riuscito a
dare una nuova dimensione della lettura storica, senza mai comprare … le
versioni ufficiali, ricordo che ci diceva sempre: << Attenti!!! State
attenti!>>. Scriveva molto bene. Questo ha sicuramente influito nella mia
scelta di dedicarmi alla Storia all'Università.

Patrizia Marcheselli
Portale dei Lombardi nel Mondo
www.lombardinelmondo.org

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