Cesare Battisti: Rifugiato politico?

La “Folha de Sao Paulo”, uno dei principali quotidiani del Brasile, pubblica un articolo dell’On. Fabio Porta (PD) sul “caso Battisti”. Riportiamo di seguito il testo in italiano

Nel corso della mia recente visita a Brasilia insieme al Vice Presidente della Camera dei Deputati italiana Maurizio Lupi, ho avuto modo di spiegare al Presidente della Camera dei Deputati Michel Temer e ai miei colleghi brasiliani la posizione del Parlamento italiano sul “caso Battisti”, confermata da una mozione approvata all’unanimità dal parlamento lo scorso 26 febbraio.
In tutti i nostri incontri abbiamo ribadito il pieno e grande rispetto per le istituzioni brasiliane, dissociandoci da quanti in Italia hanno utilizzato impropriamente e inopportunamente questa delicata vicenda per riproporre vecchi e offensivi stereotipi sul Brasile.
In questo contesto la richiesta di estradizione di Cesare Battisti, avanzata dal Governo Prodi all’indomani dell’arresto del terrorista italiano a Rio de Janeiro nel 2007, deve essere considerata per i fatti specifici ai quali si riferisce, e non in base a letture errate dell’Italia degli anni ’70 o, peggio ancora, di quella di oggi.
In una lunga intervista a “Carta Capital” Giancarlo Caselli, uno dei più autorevoli magistrati italiani e grande protagonista della lotta alla mafia e al terrorismo, ricorda come numerose prove confermino le responsabilità personali di Battisti: testimonianze, perizie, documenti, armi e munizioni sequestrate nonché la ricostruzione di tutta la storia del PAC (Proletari Armati per il Comunismo). Tutta la documentazione e i testi delle sentenze sono pubblici, e si trovano anche pubblicate sul sito www.vittimeterrorismo.it ; da questa lettura è facile comprendere come Battisti sia stato oggetto di un processo giusto nel pieno rispetto di tutte le regole dello Stato di diritto.
Quello che non è possibile “leggere” nelle sentenze è forse il clima e la storia politica dell’Italia degli anni ’70; qualcuno in Brasile ha provato a descriverla come un Paese “non democratico” dominato da “leggi speciali” e in mano a poteri occulti come “Gladio” o la “loggia P2”. L’Italia dei cosiddetti “anni di piombo” era invece uno Stato dove vigeva una democrazia piena e ricca, anche se in un contesto storico complesso e drammatico: era il Paese di Moro e Berlinguer e del compromesso storico; del Presidente della Repubblica “partigiano”, il socialista Pertini; dello Statuto dei lavoratori e delle principali riforme dello stato sociale volute dai partiti di centro-sinistra.
Le bombe (di “destra”) hanno fatto stragi terribili di innocenti, come la strage di Milano del ’69 o quella della stazione di Bologna dell’80. I proiettili (di “sinistra”) hanno colpito “selettivamente” centinaia di persone, spesso sindacalisti e operai, oltre a personalità come Aldo Moro. Ricordo queste cose per affermare una prima verità: negli anni ’70 terroristi di “destra” e di “sinistra” avevano un unico obiettivo: la democrazia, lo Stato di diritto, il movimento operaio e, particolarmente, il Partito Comunista Italiano.
Dopo quegli anni, tanti terroristi sono finiti in carcere. Tanti altri sono scappati. Alcuni di loro vivono tranquillamente in paesi democratici ma che, per ragioni umanitarie, non danno l’estradizione che l’Italia richiede.
L’unico terrorista italiano al mondo ad aver ottenuto uno status di “rifugiato politico” è Battisti. Perché?
La Francia, per esempio, non ha detto che Marina Petrella è rifugiata politica. Ha solo detto che per ragioni umanitarie non dà l’estradizione. Punto. Se avesse concesso lo status di rifugiata politica il mio Paese avrebbe protestato come sta facendo per Battisti.
Per la prima volta, e contro la decisione del CONARE, lo ha detto il Brasile per Battisti. Se si concede lo status di rifugiato politico si suppone che l’interessato: a) Ha commesso crimini di carattere politico; b) Stia fuggendo da uno Stato dittatoriale che ingiustamente lo perseguita.
Ma cosa c’è di politico dietro all’assassinio di un macellaio o di un gioielliere e, soprattutto, da quale Paese dittatoriale sta fuggendo Battisti?
Io sono di sinistra da sempre, sono all’opposizione del governo Berlusconi, ma nego che oggi in Italia ci sia una dittatura. Fino all’anno scorso governava Prodi. Poi ci sono state elezioni e ha vinto Berlusconi. Mi dispiace e farò di tutto perché torni al governo la mia parte. Ma in Italia non c’è una dittatura.
Vivo e lavoro da anni in Brasile, ho moglie e figlie brasiliane, amo e conosco questo Paese e mai accetterò che venga attaccato e ridicolizzato in maniera arrogante e strumentale; con la stessa determinazione, però, mi sia permesso difendere l’Italia contro interpretazioni sbagliate e fuorvianti che nulla hanno a che vedere con la realtà di oggi.

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