Ordini professionali. Per l’Antitrust frenano sulle liberalizzazioni… ma andrebbero aboliti per liberare mercato e professioni

Secondo un'indagine conoscitiva avviata a gennaio 2007 sugli ordini professionali e le liberalizzazioni della legge Bersani, i cui risultati sono stati diffusi oggi dall'Antitrust (1), la maggior parte di questi fa resistenza. Si tratta di 13 ordini che hanno mostrato una scarsa propensione ad adeguarsi alle nuove norme, non accogliendo nei propri codici deontologici quelle innovazioni che possano aumentare la concorrenza. La liberalizzazione delle parcelle, la pubblicita' sui servizi che offrono e la costituzione di societa' multidisciplinari per rendere piu' articolato e concorrenziale l'offerta, sono considerati ostacoli allo svolgimento dell'attivita'. L'Antitrust ha “messo diversi puntini sulle 'i'” ed ha anche dato suggerimenti al legislatore oltre che agli specifici ordini. Ma come SEMPRE avviene in questi casi, crediamo si trattera' di parole al vento. L'interlocutore non ha mai mostrato intenzione di ascoltare suggerimenti che rimettessero in discussione il proprio potere di corporazione. Sordita' che riguarda sia gli ordini che i legislatori.
I primi perche' strutturalmente sono demandati dai loro “associati obbligati” (altrimenti si scordano di esercitare compiutamente la professione) alla difesa delle proprie conquiste, anche in dispregio di diritti costituzionali, del lavoro e del consumo.
I secondi (i legislatori) perche' sono quasi sempre legati ed espressione di lobby che hanno come scopo quello di mantenere i privilegi ed estendere gli stessi.
Il quadro che ne abbiamo, bloccando concorrenza, mercato e relative liberta', e':
– difficolta' di chi sarebbe quotato ad esprimere le proprie potenzialita';
– servizi di difficile fruizione perche' mancanti di informazioni che aiutino il consumatore ad una scelta oculata;
– tariffe alte, poco trasparenti e impugnabili con estrema difficolta' (a parte i casi di truffe manifeste, si dovrebbero impugnare proprio presso lo specifico ordine che, per definizione, tutela i propri associati e non i consumatori).
Un ambito, quello degli ordini professionali, dove vige la regola del piu' forte, del piu' “ammanicato”, del piu' arrogante, e tutto con la compiacenza del potere esecutivo e legislativo.
In questo periodo istituzionale di restaurazione, inoltre, sono gia' molte le voci e le proposte in Parlamento che tentato di far venire meno quei piccoli spiragli che -pur se inattuati e violati come denunciato dall'Antitrust- erano stati portati dai decreti Bersani.
A nostro avviso i tentativi di riforma degli ordini sono inutili.
Quand'anche qualcosa dovesse apparire, si tratterebbe comunque di fumo negli occhi.
Solo l'abolizione degli stessi potrebbe democratizzare offerte e domande, cosi' come abbiamo anche noi proposto in alcuni casi grazie a disegni e proposte di legge di parlamentari che si sono fatti portavoce delle nostre istanze (2).
Si tratta di aprire un mercato che oggi non c'e': quello dei luoghi in cui il cittadino consumatore cerca professionalita' per vivere meglio potendo scegliere il miglior rapporto qualita'/prezzo, e non solo per far guadagnare delle corporazioni.

(1)
(2)

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

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