“Quanno ce vo’ ce vo’”

di ROMANO MARTINELLI

Va reso atto a Walter Ciccione. Nel suo articolo, 4 marzo scorso sulla TRIBUNA ITALIANA, “La visita del Senador Firrarello… il solito film,” ha spiattellato pubblicamente quanto in troppi nella collettività dicono solo in privato.

È il solito film. Da pidocchietto, sembra ormai, dopo prime, seconde, ennesime visioni di una sceneggiatura (meglio, forse, una sceneggiata) rifritta e scontata nei rifacimenti. Infatti, il senatore siciliano Firrarello —nome dalle leggere assonanze borboniche col compianto-non-più-di-tanto Franceschiello re— in veste di neopresidente di un sedicente Comitato per gli affari degli italiani all`estero, ha sprecato fiato proprio e tempo altrui, con slancio da esordiente, a dire che racconterà al presidente Berlusconi i guai degli italiani in Argentina.

Farà quattro chiacchiere, viene da supporre, o magari ne basteranno tre, visto che il guaio più assillante —l`indigenza tra i nostri anziani— bersaglia un genere di connazionale in via ad alta velocità d`estinzione, cortesia anagrafe e stenti. Anche troppe, semmai, tre chiacchiere prima che qualche sussidio non soltanto simbolico dal Belpaese finisca in tasca ai destinatari prima che loro finiscano in crematorio o sotto i cipressi.

“Italiani, brava gente,” stando a un articolo di fede che non pochi italiani in Italia fanno l`impressione di recitarsi addosso. Brava con chi, ci si domanda. Con tutti a patto che non siano italiani, a sentire il corrispondente di un`agenzia stampa britannica, reduce da una lunga trasferta di lavoro al Tevere. “Nobody is so unpleasant to an Italian as another Italian” (“Nessuno è tanto sgradevole con un italiano quanto un altro italiano”), sentenziava. Non risparmiava neppure la latinissima dea Mamma, alla faccia del dogma, predicato ancora nella Penisola, che “la Mamma, come Garibaldi, non si tocca.”

Ne sanno forse qualcosa gli espatriati eletti a Montecitorio e a Palazzo Madama. Dal nostro ex senatore Pallaro, presosi del ricattatore da certi colleghi per aver impedito la caduta di un governo Prodi disposto a rinsanguare di quattro soldi le risorse per gli emigrati, fino al nostro attuale deputato Merlo, che si sente gorgheggiare come l`Italia deve decurtarle perché diventata simil- francescana. Nel frattempo, “er malloppo” degli evasori fiscali in Patria raggiungerebbe oltre cento miliardi di euro e sono svariate centinaia di milioni gli aiuti per l`estero. Esclusa la diaspora. Compresa, però, la Libia che i suoi antichi residenti italiani ha scippato e scacciato, facendogli cader dall`alto il favore di metterli alla porta anziché davanti al plotone di fucilazione per il regime “noir” addebitato al colonialismo littorio in camicia altrettanto nera di tre-quattro generazioni fa. Alla Libia, Berlusconi ha chiesto scusa e ha dato una barca di soldi in progetti. Alla diaspora, ha chiesto voti e ha dato tagli in bilancio. Il classico gesto dell`ombrello in italianissimo segno di riconoscenza, stando al corrispondente britannico. Non solo a lui.

Argomento piuttosto frequente nel cicaleccio di collettività a Buenos Aires è appunto quanto ci vorrà ancora perché Roma dica senza giri di parole al compatriota trapiantato oltreoceano “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato.” Una sorta di toto-menefreghismo giocato nei “cafés a la italiana” della capitale argentina. Come a dire chi ha avuto le rimesse —l`Italia— se le tiene, ringrazia e suggerisce a chi le ha date di farsi i fatti suoi. Politica Emigratoria, al netto di eufemismi. Con tanto di maiuscole nella solennità degli enunciati rigonfi di aria fritta del Palazzo.

L`aria fritta che pare aver riscontrato Ciccione nel suo pezzo pubblicato dalla TRIBUNA ITALIANA. Giornale che ha da decenni il galantomismo di trattare la parata di cinquanta e passa consigli dei ministri e/o legislature delle due Repubbliche come governi invece che come stipendifici per politici in un gioco delle parti definito corso mascherato da certi osservatori stranieri. “Tutto, nell`Italia ufficiale, è un`operetta,” incalzava il giornalista britannico. Valutazione, si crede, non prevalente nella collettività italiana al Plata. Finora.

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