Le ronde dell’orrore

Va dato atto a questo Governo che la legalizzazione delle ronde, con il telefonino o senza, è senz’altro una trovata pubblicitaria molto azzeccata. Il problema è che non basta cambiare canale per mettere fine alle sue pessime conseguenze.

Ritengo, infatti, che il provvedimento sulle ronde sia da respingere per molteplici ragioni, di merito e di metodo.

In primo luogo, le ronde che escono da questo decreto rappresentano una pericolosa delega ai privati della gestione di un pezzo di sicurezza pubblica, il primo passo per la legalizzazione della giustizia fai-da-te. L’articolo 117 della Costituzione (alla lettera h) riserva allo Stato la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, escludendo da questa sua potestà sovrana la sola “polizia amministrativa locale”. Riconoscere un ruolo a organizzazioni private costituisce un vulnus per la sovranità statale e può condurre a esiti imprevedibili. Il fatto che siano i sindaci, d’intesa con i prefetti, a potersi servire di tali anomale collaborazioni non ne sminuisce la pericolosità.

Le ronde potranno intervenire contro ogni persona, ogni gruppo, ogni situazione che dal loro punto di vista potrà rappresentare un “disagio sociale”. Così come espresso tale assunto ha un’ampiezza indeterminata e può riguardare situazioni ed episodi che nulla hanno di criminoso. Non vorrei, insomma, che qualche membro delle ronde possa vedere il “disagio sociale” anche in alcuni soggetti deboli, emarginati o semplicemente parte di una minoranza. Penso ai mendicanti, ai senzafissadimora, alle prostitute, agli immigrati in genere, ma anche agli omosessuali o a gruppi di giovani magari troppo chiassosi.

C’è poi un’altra questione. Personalmente trovo sconcertante che non si sia tenuta in debito conto l’eventualità di disagevoli sovrapposizioni con l’azione delle forze dell’ordine. Sono proprio quest’ultime che da sempre svolgono il ruolo di sorvegliare sulla sicurezza dei cittadini, assolvendo i propri compiti con professionalità anche quando la loro dotazione è insufficiente.

A tal proposito, risulta bizzarro – per usare un eufemismo – che il Governo spenda tante energie nell’ufficializzazione delle ronde, mentre il Ministero dell’Interno taglia i finanziamenti per la sicurezza e pertanto i fondi stanziati per il 2009 serviranno a malapena al solo rifornimento di carburante degli automezzi delle forze dell’ordine. Il Dipartimento della pubblica sicurezza ha perfino diramato una circolare che interrompe le manutenzioni delle vetture.

Siamo, insomma, alle solite: da un lato Governo e maggioranza fanno demagogia vantando in astratto maggiore sicurezza; dall’altro, in concreto, tagliano i fondi a chi materialmente ha il dovere e la professionalità per garantircela.

Occorre sottolineare – e lo dico da italiano che conosce da oltre un quarto di secolo l’esperienza dell’emigrazione – la pericolosa confusione tra immigrazione e criminalità che è spesso sottesa a questo decreto e a molti atti e dichiarazioni di esponenti di Governo e maggioranza.

Le stesse persone che negano l’entità drammatica della crisi economica che tocca anche e soprattutto il nostro Paese, invitando a non temere e non aver paura, danno invece troppo spesso l’impressione di usare la cronaca nera per creare consenso elettoralistico verso la compagine di Governo.

Miope è ogni politica che punta sulla repressione e non bada affatto all’integrazione degli immigrati, i quali – come ha di recente segnalato l’Istat – producono oltre un decimo del nostro Pil.

Se questo decreto verrà approvato, purtroppo, quello dell’integrazione diventerà sempre più un percorso a ostacoli, figlio di un contesto culturale in cui lo straniero è un diverso da allontanare dalla vista, ma che va bene finché bada ai nostri anziani o coltiva i nostri campi, qualche volta anche clandestinamente.

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