Il Partito degli Italiani dall’Estero fa paura a chi non lo vuole

Perché sconvolge i programmi e gli interessi consolidati di pochi

Certo, una compagine che irrompe nel panorama politico menzionando gli italiani all’estero fa paura. Le motivazioni sono semplici: non serve per chi ha il suo orticello che coltiva da tempo.
Gli eletti all’estero. Nessuno degli eletti all’estero, né della XV legislatura né della XVI, ha mai avanzato una ipotesi di Partito per gli italiani all’estero. Nessuno, né di destra né di sinistra, né al governo né all’opposizione. Perché? Perché è una ipotesi che non conviene a nessuno di questi e non si deve fare, non se ne deve neanche parlare. Si fa di tutto, se ne pensano di tutti i colori: Comitati, Fondazioni, associazioni e movimenti, ma di partito non si deve parlare. Un partito fa paura, spaventa, non si sa cosa nasconde e quando la gente sente parlare di partito allora si intimorisce, fugge e non ti dà il suo consenso. Tutto ciò che non è partito va bene purché venga coniato ed organizzato all’estero. Presentarsi come movimento o associazione è meglio, sembra una cosa più pulita, meno aggressiva. Gli eletti all’estero sono per i movimenti, non tanto per i partiti dobbiamo dedurre dal momento che non ne hanno mai parlato e neanche gli passa per l’anticamera del cervello. Come se non si sapesse che dietro l’ipocrisia spudorata della parola “movimento o associazione” si celassero dei veri e propri partiti. Infatti, le comunità di italiani riuniti in associazioni e movimenti sono innumerevoli ed esse fanno politica sul territorio. In parole povere significa che questi movimenti ed associazioni vivono di forza propria e con questa forza propria possono fare pressioni presso le maestranze locali per poter risolvere i loro problemi. Hanno i numeri e con i numeri un portafoglio di voti da spendere. Non dimentichiamoci della doppia cittadinanza. Questa permette di votare anche per eleggere i parlamentari stranieri nei loro luoghi di residenza. Non significa niente, oppure significa tutto?
Gli eletti all’estero, una buona parte di essi, sono a capo di grandi movimenti associativi di italiani fuori patria. Praticamente essi si ritrovano ad essere dei veri e propri “parlamentari” locali però con nomina e relativo stipendio italiani. Chi glielo farebbe fare ad intraprendere questa avventura i cui risvolti non sono facilmente gestibili? Chi glielo fa fare se quello che presentano in Italia come movimento, ma che invece è un vero e proprio partito all’estero, gli fa gioco per la loro politica sul territorio?
Ecco perché grandi intelligenze forse esageratamente sicure di sé come un senatore eletto all’estero hanno pensato bene di candidarsi addirittura alla presidenza della Repubblica Argentina.
Molto bene potremmo dire, in fondo è anche un motivo di orgoglio per l‘Italia se, hai visto mai, dovesse riuscirci. Allo stesso modo sono utilissime e lecite quelle associazioni e quei movimenti di cui sopra. Ma se tutta questa analisi corrisponde al vero, come è assolutamente vero, a che cosa serve eleggere parlamentari all’estero e trapiantarli in Italia? Perché votare all’estero con modalità a detta di tutti anticostituzionali? Essi sono molto più potenti nei loro luoghi di residenza piuttosto che in patria. In Italia sono una noce nel sacco e girano a vuoto senza che gli dia credito nessuno. In fondo, per costituire un partito non occorre affatto essere eletti in Italia. Le possibilità sono o di farsi eleggere nel parlamento straniero, oppure mettersi a capo di un “movimento” con il quale fare politica sul territorio. Contano i numeri, i voti.
Il Partito degli Italiani dall’Estero (P.I.E) si presenta invece come forza politica in Italia perché non vuole avere orticelli da curare all’estero. Vuole addirittura che il partito sia di tutti gli italiani e che porti le loro istanze nei palazzi che contano con un gruppo parlamentare vero e consistente, allora sì che avrebbe senso essere a capo di un “movimento” come i benpensanti sogliono chiamare. Il P.I.E pretende di ridare dignità a quella gente che ancora pensa all’Italia con gli occhi lucidi e che a questa può essere molto utile.
Che si abbia paura di questa iniziativa lo si evince dal fatto che si fa finta di niente. Nessuno degli eletti all’estero ha mai pensato di prendere posizione contro o a favore di queste asserzioni più volte esternate e dichiarate a gran voce. Ergo…
Gli eletti in Italia. Peggio che andar di notte! Per la classe politica italiana, dividere la ricchezza dell’elettorato significa impoverirsi ed arretrare. Condividere, cedere, mollare una parte di voti per un partito nuovo è una iattura che porta all’indebolimento delle compagini di partito esistenti quando non alla loro scomparsa . E poi, «che vogliono questi? Tanti anni all’estero ed ancora rompono, cosa pretendono? Quali diritti? Dove pagano le tasse? Sanità, Costituzione, leggi? Andassero al diavolo! Cosa hanno più a che fare con queste cose dal momento che non sono più italiani? Se vogliono tutto questo venissero in Italia a vivere, cosa sono andati a fare all’estero se poi devono scocciarci di continuo»?
Ce l’hanno detto. L’hanno confessato più volte ed in tanti a noi che scriviamo davanti ad un caffè, in confidenza “detto tra noi”, mangiando una pizza, passeggiando in transatlantico. Come dobbiamo fare più che scorticarci lingua e seccarci la gola affinché la gente prenda coscienza?
Occorre fare il partito qui e subito, non c’è nessun’altra possibilità per farsi sentire ed incidere nel Parlamento italiano…lo si voglia o no.

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