Sabato 18 aprile aprirà i battenti a Bitonto (BA), presso il cinquecentesco Palazzo Sylos Calò, la Galleria nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”. Nel luglio 2004 è pervenuta in donazione allo Stato, per il tramite del ministero per i Beni e le attività culturali, una importante raccolta di 229 dipinti e 108 disegni, databili dal XVI secolo a tutto il Novecento, nucleo significativo di una singolare collezione formata in anni di appassionata ricerca da Girolamo e Rosaria Devanna di Bitonto, il cui desiderio era la fruizione pienamente pubblica del bene senza sacrificarne il legame col territorio e la città di origine. Il prossimo aprile, la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici e la Soprintendenza Bsae della Puglia, destinataria finale della donazione, inaugurano la prima Galleria nazionale della Puglia dedicata all’arte moderna e contemporanea. L’ambizioso progetto ha richiesto in questi anni un notevole sforzo di sinergie da parte del Mibac e delle sue istituzioni periferiche, cui ha corrisposto l’interesse e la pronta adesione della Regione Puglia e dell’Amministrazione civica di Bitonto. Dal completamento delle attività di precatalogazione e documentazione fotografica, indispensabile anagrafe di tale singolare patrimonio, alla individuazione e alla designazione della sede idonea, il cinquecentesco palazzo Sylos Calò; dal reperimento dei fondi necessari per il restauro e la musealizzazione, che ha visto l’impegno congiunto della Comunità europea, dello Stato e della Regione Puglia, al progetto di ordinamento museale e alla predisposizione dei supporti conoscitivi per la migliore fruizione delle opere; gli indispensabili apparati didattico-didascalici e una guida breve del museo, a cura della stessa soprintendenza; dalla progettazione alla direzione dei lavori di restauro architettonico e di adeguamento dell’immobile alla nuova destinazione d’uso ad opera della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Bari e Foggia.
L’importanza del nascente museo è nella peculiarità del suo patrimonio che, per la forte presenza di artisti stranieri, si configura come offerta culturale eccentrica, nuova e stimolante rispetto ai tradizionali percorsi d’arte della maggior parte dei musei storici italiani, in forte e quasi esclusiva connessione al territorio di appartenenza. Di grande interesse è la presenza di bozzetti e studi preparatori, di copie e repliche, peculiari di una raccolta di formazione recente e rinveniente tutta dal mercato antiquario e che, specie per i soggetti religiosi della grande pittura controriformata, costituiscono preziosi veicoli di conoscenza e di approfondimenti per la storia dell’arte. Prezioso il corpus di disegni che comprende inchiostri, pastelli, carboncini, matite, sanguigne, acquerelli su carta o su pergamena, di artisti italiani ed europei, databili tra XVI e primi del XX secolo. Gli studi critici già editi, la schedatura, gli interventi sulla guida breve stanno a dar conto della estrema varietà e della complessità del patrimonio che si presenta allo stato attuale delle conoscenze. Nel contempo si intendono sollecitare e progettare nuove riflessioni e contributi, allargati a più studiosi e specialisti, che affrontino in maniera sistematica le molteplici questioni ancora aperte relativamente a problematiche attributive, a soggetti iconografici non individuati, a cronologie ed ambiti culturali in attesa di più certa definizione.
Il progetto di ordinamento museale ha tentato di preservare la percezione e il senso di patrimonio di collezione privata della raccolta, cercando far emergere il filo conduttore che negli anni ha suggerito ai donatori gli acquisti, gli scambi, le scoperte. Pertanto esso ha inteso suggerire più percorsi conoscitivi che, volta a volta, assecondino o accendano attorno alle opere curiosità, desiderio di conoscenza, voglia di approfondimenti, di sperimentare, di ritornare a visitare il museo. Il percorso di visita articolato in cinque sezioni, dal Cinquecento al Novecento, accoglie circa 170 dipinti secondo un criterio prevalentemente cronologico, ma in ragione anche dei contesti cui pertengono le singole opere. Fuori percorso si presenta un delizioso frammentino di pittura su tavola con una Testa di santa, pervenuto in donazione con una attribuzione orale di Federico Zeri al pittore trecentesco Giovanni da Rimini ma, nella qualità sinuosa della linea, più moderna dell’arcaico giottismo di Giovanni, a sottolineare, comunque, la fortuna in ambito collezionistico dei Primitivi italiani. Il Cinquecento è rappresentato da artisti tra cui spiccano Il Veronese, El Greco e Giovan Filippo Criscuolo. Apre il secolo un piccolo gruppo di icone di pittori cretesi da riconnettere a quel fenomeno di circolarità di manufatti e di maestranze dopo la caduta di Costantinopoli in mano turca nel 1453 e la diaspora di pittori nell’Egeo, ma il corpus di opere del secolo si spinge anche verso centrosettentrione e Oltralpe a cominciare dal ritratto di San Carlo Borromeo di Giovanni Antonio Figino al San Giovanni Battista del fiammingo Jan Soens. La collezione inoltre presenta qualche bell’esempio di pittura veneta con un Ritratto di gentiluomo, che per l’altissima qualità rinvia allo splendido capitolo della ritrattistica di ambito tizianesco, e l’Ecce Homo di Leonardo Corona.
Ben rappresentati sono “i due secoli d’oro” della grande pittura barocca del Seicento e Settecento. Oltre Artemisia ed Orazio Gentileschi, Beinaschi, Lanfranco, citiamo la bella tavola con Cristo Deriso attribuita a Bernardino Mei, gli studi preparatori e i bozzetti come il modello per la pala del Martirio di sant’Erasmo di Poussin per San Pietro, il Martirio di san Lorenzo di Le Sueur per la grande pala già nella chiesa di Saint-Germain L’Auxerrois a Parigi, oggi in collezione Buccleuch e Qeensbury, San Pietro liberato dal carcere di Vouet, di un originale perduto cui è affiancata la più tarda versione di Chrestien, la Visita di sant’Antonio abate a san Paolo Eremita di Francesco Fracanzano. Ancora i ritratti, di Baglione, Miel, Voet, e quello atrtribuito a Velasquez, le nature morte, le scene mitologiche. Per il Settecento insieme alla grande scuola napoletana, rappresentata, tra agli altri, da De Matteis, De Mura, Falciatore, Giaquinto, Giacinto Diano e Sebastiano Conca, sono presenti D’Anna e Mariano Rossi, Narici con il bozzetto per la pala di Marcianise, Batoni, Milani con lo studio per La morte di Oza. Singolare è l’apertura alla grande cultura europea, con Melendez e Lorenzo Tiepolo, Fussli, Hamilton, Gros, Delacroix, von Lenbach, Winterhalter.
Altrettanto singolare è il nucleo di pitture tra Otto e Novecento ove pure – accanto a dipinti francesi, tedeschi, inglesi e danesi – spicca un cospicuo numero di opere italiane di ambito essenzialmente meridionale, con particolare riguardo agli artisti napoletani e pugliesi, settore quest’ultimo che solo da pochi decenni riceve finalmente le dovute attenzioni dalla critica: da Gioacchino Toma a Giuseppe De Nittis, da Domenico Morelli a Giuseppe Casciaro a Francesco Netti, da Federico Rossano a Francesco Speranza, da Salvatore Fergola a Michele Cammarano, a Mancinelli, infine i numerosissimi disegni. Relativamente all’arte contemporanea, accanto ad alcuni rappresentanti delle avanguardie storiche, Bernard, De Carolis, Sartorio, Marasco, sono da registrare le singolari presenze di Joseph Stella e Beatrice Wood, di cui nella donazione sono cinque tra acquerelli e pastelli che documentano gli interessi per la cultura d’Oltreoceano dei collezionisti. Ai disegni, che richiedono una diversa modalità di fruizione e di salvaguardia e ai dipinti, che si è deciso al momento di non esporre, saranno dedicati un ambiente attrezzato con cassettiere idonee per la corretta conservazione, la consultazione e lo studio, postazioni informatiche per interrogare la banca dati dell’intera collezione, infine depositi attrezzati e visitabili. Bitonto è un grosso centro a poche decine di chilometri dal capoluogo pugliese, sede di Municipio in età romana, quindi di cattedra vescovile almeno dalla prima epoca normanna, uno dei maggiori centri dell’Italia vicereale dalla seconda metà del Seicento seconda per popolazione nella regione solo a Lecce. La sede deputata alla Galleria è il restaurato Palazzo Sylos Calò, elegante edificio tardo rinascimentale che prospetta sulla vasta piazza del Castello, piazza civica per eccellenza, già sede del Sedile del Popolo, dalla fine dell’Ottocento fulcro tra la città antica ed il nuovo borgo. Con la sua elegante loggia a cinque arcate che si apre sul fianco nord ne costituisce, per chi entra da Porta Baresana, fondale scenico ideale.