Per poter osservare e giudicare un'opera d'arte non è suffi¬ciente possedere un bagaglio di nozioni e di punti di riferimen¬to storici. Risulta anche opportuno conoscere l'uso degli strumenti che adoperavano gli artisti. Per questo motivo il nuovo ciclo della serie «Arte si Impara», dedi¬cato alle tecniche espressive, è aperto a tutti gli studenti di scuole di ogni ordine e grado e a coloro che, ai pri¬mi approcci con l'arte vogliano accostarsi con passione a questo ramo del conoscere.
La prima sera¬ta è dedicata alla tecnica del disegno. L'artista di tutti i tempi si è sempre espresso in questo modo, tracciando su una superficie un insieme di linee nel tentativo di ricostruire la propria impressione.
La produzione dei grandi pittori è sempre stata legata ad un discorso di dipendenza dal committente, solitamente un personaggio che ricopriva una determinata carica e deteneva il potere in un certo ambito In questa prospettiva il disegno assumeva per l'artista una doppia valenza: lo studio dell'idea in lu¬ce e l'esecuzione dì una sinopia da presentare come anticipo del risultato definitivo, al commit¬tente. Fino al 1300-1400 ci rimane ben poco della produzione artistica disegnata, perché gli studi venivano eseguiti su mate¬riali deperibili, come il papiro o la pergamena. Infatti la fabbri¬cazione della carta, retaggio delle invasioni arabe, ha avuto ini¬zio in Toscana. 1ntorno alla seconda metà del 400, con la prima cartiera di Fabriano.
Durante il Medioevo tra il 200/300 parte la maggior produ¬zione su pergamene e codici, soprattutto nei paesi del Nord, con disegni che rappresentava¬no avvenimenti storici e perso¬naggi religiosi, anticipando, co¬si, il gusto per la miniatura dei Libri d'Ore del '400, nell'ambito del gotico internazionale.
Gli artisti cominciarono a la¬vorare su carta con strumenti particolari: punte di metallo, ar¬gento e piombo. La grafite fu scoperta intorno al XVI secolo in Inghilterra ma si diffuse in tut¬ta Europa intorno all'800.
Le punte di metallo permet¬tevano un segno deciso é forte, quelle di rame più lieve e deli¬cato. Spesso il foglio veniva co¬lorato a tinte scure, in modo da creare l'effetto ombra, con l’uso della biacca o della mollica di pane.
Intorno al XV secolo si sviluppò la tecnica del sanguigno, una terra rossa compatta a volte miscelata con gomma radica impiegata da molti artisti tra cui Michelangelo e Leonardo che la preferivano, perché permetteva di attribuire una valenza plasti¬ca al volume.
Nel corso del Rinascimento si diffusero diverse tecniche quali il pastello, insieme di polveri co¬lorate, amalgamate e trasformate in stilo, e il carboncino, ra¬metti di salice cotti al forno.
La penna e l'inchiostro si af¬fermarono già a partire dal V – VI secolo a.C. Il disegno a penna richiedeva maggior sicu¬rezza e capacità perché non permetteva correzioni.
Cennino Cennini uno dei più famosi trattatisti della fine del '300 spiega che, per il pittore, il disegnare a penna e un. metodo per affinare il cervello.
Di conseguenza si sviluppò il concetto per cui tramite il dise¬gno l'artista entra in. contatto con la realtà, attraverso questa forma espressiva, immediata¬mente legata all’idea. Tale pen¬siero si protrae per tutto l'uma¬nesimo con L B. Alberti che nel suo trattato «De Pingendi» at¬tribuisce un forte valore alla si¬nopia che ha il compito di rap¬presentare l’idea, mentre il co¬lore in secondo luogo, va a riempire i contorni tracciati. Nel 600, Zuccari affermava che il di¬segno permette all’uomo di con¬cepire il pensiero di Dio, recu¬perando così l'aspetto intimamente religioso dell'arte.
La proiezione di diapositive ha spaziato da Taddeo Gaddi e tutti i giotteschi, fino al Gotico internazionale, con Pisanello e Gentile Da Fabriano, per poi approdare alla Bottega del Verrocchio e al primo Rinascimen¬to Fiorentino con Botticelli e il suo maestro Filippo Lippi fino a giungere allo studio dello sfumato leonardesco.