Eppur si muove

di Andrea Ermano

C'era una volta un autorevole economista ed ex parlamentare diessino reduce dal fallimento della Bicamerale, il professor Michele Salvati. Fu costui che lanciò una brillante idea: superare la vecchia fissazione socialdemocratica dentro un contenitore nuovo, leggero, liquido e molto sexy. Correva l'anno 2003 e si scrissero, nero su bianco, delle cose veramente fantastiche sul grande e assolutamente geniale progetto che doveva segnare l'inizio di una New Age italiana, lo spirito di Berlinguer rivestito di panni kennediani a riaprire il nostro famoso laboratorio di eccellenza… un modello per l'Europa e per il mondo intero. Fummo rivisitati dai fantasmi di Cesare e Traiano, Anchise, Enea e della vergine Cammilla, di Eurialo e Turno e Niso che annunciarono l'avvento del Veltro dantesco a riformar l'Italia “tra feltro e feltro”.

Non furono avvistati altri pianeti abitati e forse per questo gli entusiasti nella loro Unio Mystica si astennero dal proclamarsi modello d'esportazione anche per i primi della classe nella costellazione Alpha Centauri. Detto fatto, decisero di chiamarlo “Partito Riformista” o qualcosa del genere. Inaugurarono alle europee del 2004 il nuovo veicolo, ma non fu un gran successo. E poi, quando gli eletti giunsero a Strasburgo, furono invitati a compilare i moduli d'iscrizione dei gruppi parlamentari, che rimasero quelli. I rutelliani, sfrattati dal PPI per mano berlusconica, finirono nel gruppo liberale dove vennero risocializzati da Marco Pannella e ne furono un po' scossi. Tutti gli altri restarono semplicemente nel PSE.
Poi arrivò il referendum sulla procreazione assistita e i socialisti di Boselli, percepiti come un inutile fardello laicista, vennero enucleati dal nuovo progetto riformista che assunse allora il nome di “Partito Democratico”. In esso i DS con la Margherita convergevano in un processo di autoscioglimento a tappe forzate che eludeva tre nodi fondamentali: 1) l'ancoraggio socialista europeo, 2) la tutela degli interessi dei lavoratori e 3) la salvaguardia della laicità.
Un progetto indefinito in tutte e tre queste dimensioni apparve a molti completamente slegato dalla realtà. Ma il piano inclinato delle ambizioni di potere e delle forzature propagandistiche impedì ogni serio dibattito. Il gruppo dirigente del Pci-Pds-Ds stava conducendo la sinistra italiana al Capolinea, come disse Emanuele Macaluso, esponente storico del Pci, tirando nel 2007 le somme di un dialogo tra sordi: “Chi pensa che la nascita del Pd farà il miracolo, e il sistema politico funzionerà al punto da dare soluzione ai problemi… inganna se stesso e crea le condizioni di un fallimento le cui conseguenze saranno pagate da tutti”. E da queste colonne già un anno prima avevamo scritto, nel nostro piccolo, che se il Pci-Pds-Ds si fosse sciolto nel PD abbandonando l'approdo del socialismo democratico europeo e provocando dunque l'ennesima spaccatura all'interno della sinistra italiana e internazionale, ebbene più o meno questi tre effetti ne sarebbero verosimilmente conseguiti: 1) un notevole spostamento a destra dell'asse politico nel nostro Paese; 2) un sensibile spostamento a destra dell'asse politico europeo; 3) un lieve spostamento a destra dell'asse terrestre. Così avevamo scritto, nel nostro piccolo. E così è stato.

Lungi ora da noi rivendicare una fin troppo facile profezia. No, il vero enigma consiste qui nel mondo politico, sindacale e della cultura di sinistra italiana: come hanno potuto consentire che avvenisse ciò che è poi realmente accaduto e che ora sta, come si sul dire, sotto gli occhi di tutti? Ricordiamo a questo proposito la tesi del prof. Pietro Scoppola, grande intellettuale della sinistra cattolica e padre spirituale del PD. A Orvieto egli asserì che il nuovo partito era necessario sostanzialmente per evitare che il Vaticano si buttasse tutto a destra. A tale scopo occorreva che i DS soccorressero il bunker assediato della sinistra cattolica disdicendo perciò la loro giovane e incerta identità euro-socialista.
La tesi del professor Scoppola è stata confutata dagli eventi. Ma essa conteneva fin dall'inizio un serio errore di giudizio. E non tanto perché il Vaticano – come scriveva Gramsci “rappresenta la più grande forza reazionaria esistente in Italia. Per la chiesa, sono dispotici i governi che intaccano i suoi privilegi e provvidenziali quelli che, come il fascismo, li accrescono”. Gramsci enuncia una solida nozione, ma in teoria la Chiesa cattolica potrebbe, al limite, anche buttarsi a sinistra: improbabile (dopo Costantino), ma non impensabile. E quanti grandi spiriti italiani, da Francesco d'Assisi a Pier Paolo Pasolini, hanno sperato che si ritornasse alla Chiesa delle origini, alla sublime comunità utopica fondata sull'estensione universale dell'amore fraterno. Però Francesco d'Assisi e Pier Paolo Pasolini sapevano bene che una Chiesa “di sinistra” sarebbe possibile a una irrinunciabile condizione: la povertà.
Attendersi che la Chiesa come istituzione possa essere ricca (e dunque avida), ma anche “di sinistra”, e sia pur solo parzialmente di sinistra o di centrosinistra, offende il buon senso. La meccanica del rapporto Stato-Chiesa nell'Italia, nella quale lo Stato versa miliardi alla Chiesa e la Chiesa detiene un potere di arbitrato praticamente su tutto, dovrebbe illuminare la menti degli immemori. Se la “povertà” di Gesù, San Pietro e San Francesco oggi semplicemente non c'è, e se dunque la Chiesa del cattolicesimo reale appare strutturalmente, istituzionalmente, collocata “a destra”, occorre allora focalizzare l'aspetto decisivo della questione, che sembra invece sfuggito alla teologia politica “democratica”. E cioè che il Vaticano, una volta posizionatosi “a destra”, lì resta. Tutt'intero.
Sì, certo, possiamo appellarci ai cattolici di base, al basso clero, al volontariato e a quant'altri: ma non era un poco folle attendersi che il Vaticano si lasciasse dividere dal PD?
Da ciò consegue che appellarsi ai cattolici di base, al basso clero, al volontariato e a quant'altri si configura eo ipso come una grande dichiarazione di battaglia culturale contro l'egemonia vaticana sul mondo cattolico italiano. Impresa non propriamente lieve. Impresa impossibile senza il sostegno di molti alleati, meglio se grandi, forti e ben strutturati.
Ciò premesso, parrebbe assurdo andar per alleati dentro la Curia romana. Converrebbe piuttosto non perdere d'occhio le grandi organizzazioni della sinistra europea e internazionale. E poi bisognerebbe evitare danni al tessuto politico-organizzativo della sinistra in casa propria… Inoltre, il buon senso consiglierebbe di coltivare una linea classicamente laburista (cioè anti-blairiana) di attenzione nei riguardi del sindacato e del mondo del lavoro. Infine, occorrerebbe giudiziosamente difendere la laicità dello Stato, senza arretrare di un solo millimetro.
Roba vecchia. Modelli superati. Socialdemocrazia.
Il PD ha invece pensato bene di fare qualcosa di nuovo: napalmizzare la sinistra politica, il sindacato e il mondo laico. Incassando infine una benedizione vaticana… alle ronde.
Purtroppo è andata proprio così. E purtroppo non possiamo discuterne con il compianto professor Scoppola. Ma che ne pensa di questa catastrofe dai contorni epocali l'altro gran padre del PD, il citato professor Michele Salvati? Lui dal Corriere attribuisce la colpa dello sfracello ai “capi-corrente” privi di fede nel bipolarismo: “Non ci credono [nel bipolarismo] e, tramite continue polemiche e pretesti – e soprattutto esasperando il conflitto laici-cattolici – inducono anche il popolo di centrosinistra a non crederci”. Si noti l'accusa di avere esasperato “il conflitto laici-cattolici”! E i “capi-corrente” del PD, poveretti, che avevano praticamente passato sotto silenzio persino le censure vaticane al Capo dello Stato (chissà che direbbe Salvati di Angela Merkel la quale sulla vicenda del vescovo negazionista ha preteso dal papa tedesco una chiara parola di condanna).
Ma il negazionismo non c'entra e la colpa, per il Professore, è dei capi-corrente che esasperano la laicità: “Di qui la confusione, la mancanza di identità… Di qui lo smottamento dell'elettorato, uno smottamento che si accentuerebbe con una reggenza assediata da capi-corrente”, prosegue il Professore, rivendicando nel suo fondo sul Corriere il “Diritto ad un chiarimento”. Chiarimento che avrebbe dovuto essere un congresso da tenersi nel giro di poche settimane (con una macchina organizzativa non ancora costruita). “Naturalmente un congresso è rischioso”, concede benevolmente il professore, ammettendo il sussistere di due rischi: “rischio di spaccatura o rischio, ancor peggiore, di mancato chiarimento”. Ma “chi non si accorge del pericolo” — è il commento finale di Salvati sulla sua creatura democratica — “merita di morire”.
Ohibò. In realtà, non possiamo che rallegrarci se i “capi-corrente” del PD hanno isolato alcune frange di opinionisti irresponsabili elevando invece il vicesegretario Franceschini alla carica di segretario nazionale in sostituzione del divertito Veltroni, “divertito” in senso etimologico strettissimo per cui chi “diverte” lascia una “vacanza” non da fare ma da “colmare”.

E vabene le primarie del partito nuovo leggero liquido molto sexy… Ma meglio tirare a campare che tirare le cuoia. Perché io preferisco le fatiche del navigar al naufragare dolce che sempre quest'orizzonte chiude tra il dire e il fare. Oplà, dire fare baciare lettera testamento. E fu così che il reggente colmò rapidamente la vacanza del leader divertente. Sette giorni netti. Un record.
Scherzi a parte, chapeau. E Franceschini non ha nemmeno eluso i nodi politici di cui dicevamo. “In Europa”, ha detto, “non potremo mai stare in un luogo in cui non ci siano i socialisti europei”. E ha aggiunto che il PD si batterà per l'unità sindacale e che “per tutti noi è inviolabile il principio sacro della laicità dello Stato”.
A conclusione del suo discorso ha assunto questo impegno: ''Se mi eleggerete segretario il mio primo atto domani sarà a Ferrara. E, di fronte al castello Estense dove in una lunga notte del 1943 furono trucidati dalle squadre fasciste tredici cittadini innocenti e furono lasciati per ore sulle strade della città, perché li vedessero tutti, anche i ragazzi che andavano a scuola… Chiederò a mio padre, che ha 87 anni ed è stato un partigiano, di portare la sua vecchia copia della Costituzione Italiana e le giurerò fedeltà''.
Se son rose… Quanto all'alleanza con il PSE la verifica si avrà a breve. Quanto invece alla Costituzione – che afferma essere la Repubblica fondata sul lavoro (Art. 1) e dichiara l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione o di opinioni politiche (Art. 3) — vedremo se Franceschini saprà tener fermo il timone del PD rispetto alle stelle fisse del lavoro e della laicità. Per lo meno in merito a quest'ultimo punto, può contare su precedenti d'eccezione nei due maggiori leader del cattolicesimo democratico italiano, Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi.
E però Dario Franceschini gode di un vantaggio rispetto ad essi: capeggia una forza politica non-democristiana. In altre parole: la sua base condivide per lo più il sistema di valori del riformismo europeo. Questo è un dato di fatto piuttosto consolidato, che si combina con questo leader che ha assunto questi impegni di antifascismo, laicità e laburismo… Ironia della storia, forse siamo di fronte a una costellazione effettivamente nuova, quanto meno per il nostro Paese, quanto meno nel suo secondo Dopoguerra.

Il sito del PD con il dicorso de suo neo-segretario:

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