GUERRA DI GUERRIGLIA FRA LE DUE SICILIE

Tratto dalgiornale online ” il licatese”

scritto da Agostino Spataro

Nella storia della Regione siciliana mai si era giunti ad un degrado come quello in atto che ha visto

consumarsi, in meno di 24 ore e all’insegna della rappresaglia, due fatti politici gravissimi all'interno del

centro-destra.

Com’è noto, i fatti si sono svolti in una successione stucchevole: Udc e Pdl approvano, con 8 voti contro

i 7 di Mpa e Pd, il “prelievo” dell’articolo-cardine del loro ddl sul riordino della sanità, per tutta risposta

Lombardo da corso all’approvazione (con 4 assessori in fuga dalla seduta di giunta) delle minacciate

nomine dei direttori generali. Segue la ritorsione di Udc e Pdl che, a tamburo battente, varano il “loro”

progetto sulla sanità, mandando a quel paese Lombardo e, soprattutto, il suo assessore Russo.

Quindi tutti volano a Roma, chi da Berlusconi, chi da Cuffaro, a cercare conforto e soprattutto una

soluzione al brutto pasticciaccio combinato a Palermo.

Sperando che con qualche assegnazione compensativa si possa sanare un conflitto che appare

insanabile.

Tutto ciò accade- se ci fate caso- a meno di un anno della strepitosa, facile, vittoria elettorale.

E’ lecito domandarsi: come faranno a convivere, a co-governare, per altri quattro anni?

Si tirerà a campare, ma fino a quando? Lombardo e soci non vogliono prendere atto che quest'alleanza

è nata male e sta evolvendo al peggio.

La coalizione di centro-destra, infatti, è stata assemblata in un clima di grave disorientamento, di panico

persino, nell’urgenza di parare l’enorme falla che le dimissioni di Cuffaro avevano aperto nel blocco di

potere dominante.

Il risultato è stato un accordo ambiguo, raffazzonato, meramente elettorale e di potere, perché oltre tali

orizzonti questi signori non sanno vedere.

E lo dimostrano le furibonde risse di questi giorni per un direttore o per una Asl in più o in meno.

Ma questo è solo l’aspetto esteriore di una guerriglia sorda, senza regole, combattuta fra consolidati

gruppi di potere che si contendono, tramite i partiti, quanto resta delle risorse della regione.

Quando di parla o si scrive di certe pittoresche rivalità fra Catania e Palermo o fra le due Sicilie si

omette o s’ignora che in realtà lo scontro è fra due sistemi di potere simili per natura, ma diversi per

strutturazione, dinamiche operative e oltre che per dislocazione territoriale.

Non ci riferiamo alle “due Sicilie” della storia, formula bizzarra inventata dai regnanti di Napoli per

risarcire con una facezia l’orgoglio ferito della nobiltà siciliana per il mancato insediamento della corte a

Palermo, ma a quelle che, grosso modo, oggi s’identificano con la fascia orientale e occidentale dell’Isola.

Il declino del sistema palermitano, stantio e più parassitario, ha indotto il gruppo di potere catanese e

siculo-orientale a puntare sull’elezione di Raffaele Lombardo per tentare un riequilibrio a suo favore.

Insomma, una sorta di “guerra di guerriglia” spietata che si combatte assessorato per assessorato,

Asl per Asl, Ato per Ato, ecc.

Credo che questo sia il filone da seguire per capire un po’ meglio quello che sta accadendo alla Regione.

Non c’è dubbio che, in tale contesto, il partito che maggiormente può ostacolare questo disegno è l’Udc

di Cuffaro insediata nei gangli vitali dell’amministrazione. Non a caso la scure di Lombardo si è accanita

di più contro i rappresentanti di tale formazione.

In gergo, la chiamano “decuffarizzazione”, ma per far cosa?

Nel fare le nomine il governatore avrà avuto tante buone ragioni per escludere o far ruotare gli uomini di

Cuffaro, tuttavia i neo-nominati non sono di vero cambiamento, ma di mera sostituzione.

In sostanza, le scelte operate non fuoriescono dalla vecchia logica di potere clientelare, semmai

denotano la necessità di esercitare un controllo diretto dei flussi di spesa. Soprattutto, in vista dei tagli

prefigurati con il federalismo fiscale varato dal governo Berlusconi e, in generale, con le diverse misure

di riduzione dei trasferimenti verso la regione e gli enti locali, molti dei quali, fra cui il comune di Palermo,

sono con l’acqua alla gola.

Insomma, mentre si offusca la prospettiva di sviluppo dell’Isola, questi signori si azzuffano per una

poltrona di direttore, per una consulenza, per un appalto, per una fornitura, per un contributo per

foraggiare feste e festini e sedicenti centri di studio, false accademie, sodalizi sportivi e quant’altro

produce la fantasia malata degli architetti del sottogoverno diffuso.

Uno scontro forsennato, tutto interno al centrodestra, che ha trasformato la politica in una giungla

infernale, nella quale non si capisce cosa ci faccia il Partito democratico.

Anche questo è un segno evidente di una crisi di fondo che, certo, non può essere risolta con

ammiccamenti e sterili furbizie. La politica siciliana è come impazzita. Sarà il panico o la paura di non

farcela, fatto sta che gira a vuoto mentre la tempesta s’annuncia, terribile, all’orizzonte prossimo venturo.

In realtà, sotto la scorza di tale impazzimento si cela l’incapacità delle forze politiche (di governo e

non solo) di progettare un nuovo futuro per i siciliani.

Paralizzati dalle loro stesse incapacità, i partiti guardano con terrore alla crisi e alle scadenze elettorali

imminenti (europee ed enti locali) e perciò ripiegano sulla spartizione dell’esistente.

Questa non è strada che spunta. Bisogna cambiare seriamente metodi e indirizzo politico e

programmatico. A cominciare da Lombardo che dovrebbe prendere atto della crisi del suo governo e

della maggioranza che lo dovrebbe sostenere e trarne le dovute conseguenze. Per molto meno,

Renato Soru si è dimesso da presidente della giunta di centro-sinistra sarda.

Ma in Sicilia l’istituto delle dimissioni sembra sia stato abolito. Per superare il problema, basta la

benedizione di Berlusconi e la promessa di un nuovo accordo elettorale. Alla faccia della sbandierata

Autonomia!

Cambiano Rosario

Colonia

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