DINAMICHE DI DISAGIO ADOLESCENZIALE IN CLASSE, TRA SCUOLA E TERRITORIO

ADOLESCENZA, EDUCAZIONE E AFFETTI

Recensione al libro “Fare male, Farsi Male” -F. Angeli- Milano a cura di E. Rosci.
Presentazione del libro presso la CASA DELLA CULTURA 16 giugno 2003 – Milano
Relatori: G.P. Charmet, E. Rosci, A. Maggiolini (Il Minotauro, Milano)
Cfr P. Bertolini, L. Caronia, Ragazzi Difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La Nuova Italia, Milano 1993

I ragazzi considerati “difficili” manifestano comportamenti percepiti come dissonanti rispetto ai modelli condivisi, e danno la percezione effettiva di un disagio interrelazionale all’interno del gruppo sociale. Per gran parte dell’approccio pedagogico, ma anche psicologico, il progetto rieducativo del ragazzo difficile parte dalla presa in considerazione della storia di vita personale, collegata agli affetti, alle figure primarie di riferimento, ai codici comunicativi della prima infanzia, alle dinamiche affettive che si sviluppano all’interno del contesto familiare.
Il paradigma pedagogico teoretico individua il contributo del soggetto nella costruzione del proprio modello d’interpretazione del mondo e di azione sullo stesso.
Con il paradigma fenomenologico si individua il comportamento deviante come la parte di un tutto complesso ed individuale: il soggetto.
Dal tutto si può comprendere la parte. Il “ragazzo difficile”, nella sua globalità di persona, fornisce indizi per cogliere il comportamento deviato.
Una relazione educativa, per essere autentica, deve fondarsi sul presupposto di una reale comunicazione con l’altro, in un interscambio che provochi una rivisitazione e rielaborazione personale.
Spesso negli adolescenti si avverte un profondo disadattamento interiore, ossia assenza di intenzionalità, per cui il soggetto risulta incapace di attribuire senso e significato alla realtà. Subentra una svalutazione del sé affidata spesso ad un altro coetaneo o ad un adulto, inseguendo una inutile fuga dal proprio sé, che a volte raggiunge gli estremi del suicidio e dell’abuso di sostanze.
Con la distorsione dell’intenzionalità si verifica un eccesso dell’io, una volontà assoluta di affermare se stessi, con un posto centrale ed esclusivo nella costruzione della realtà, che paradossalmente rivela una fondamentale incapacità di comunicare con l’altro. L’”altro” diviene un esclusivo mezzo di affermazione di sé, come spettatore del proprio esibizionismo narcisista.
Lo scopo pedagogico mira ad una strutturazione dell’intenzionalità, ossia la capacità, anche creativa, di attribuire senso e significato al mondo e alla realtà, giungendo così ad una riappropriazione soggettiva, all’adattamento sociale, al reinserimento, all’entropatia.
L’intervento educativo ed anche psicologico sono volti ad ampliare l’orizzonte qualitativo del mondo relazionale del ragazzo, al fine di costruire condizioni di ripensamento della realtà, con l’obiettivo di rieducare e condurre all’ottimismo esistenziale e colmare le carenze con pratiche di restituzione, come attraverso l’educazione al bello, al difficile, all’impegno, al senso di responsabilità.
All’interno del libro “Fare male, farsi male” vengono testimoniati tre livelli importanti su cui opera l’istituto di analisi dei codici affettivi “Il Minotauro” di Milano: il livello della formazione ereditato da Franco Fornari che lasciò ai suoi allievi il compito di portare un’ottica psicanalitica al di fuori del setting, ma di utilizzare la teoria psicanalitica dei codici affettivi nei contesti gruppali ed istituzionali. Questa è l’anima originaria del Minotauro, nato intorno al 1985, con l’obiettivo di cimentarsi in progetti più ampi ed in qualche modo di portare il soccorso, la consolazione e la comprensione che la figura psicanalitica può dare, in un ambito culturale più ampio e non prettamente duale e clinico.
In questo libro è testimoniata una forte propensione del centro “Il Minotauro”, a fare ricerca di base, anche spesso su vari argomenti su cui non è stato scritto nulla e su cui non si ha un confronto bibliografico di supporto. Questa passione per la ricerca si è attivata per partire dalla formazione: non si può praticare formazione se non si conosce il gruppo, l’istituzione, il problema di cui si tratta. Quindi la ricerca è a sostegno del lavoro istituzionale, ma essa ha assunto anche un significato diverso, di sostegno alla clinica. In un’ottica psicanalitica classica, quando si tratta di adolescenza, si considera la riedizione di tematiche critiche della prima infanzia. In questo senso si reperiscono dei meccanismi così originari e così antichi in qualche modo fondanti la concezione e costruzione stessa del soggetto infantile, che se si rivede l’adolescenza come riedizione, non è così importante conoscerla nella propria fenomenologia attuale, perché se i meccanismi osservabili sono relativamente invarianti, riguardando la psiche profonda, in un certo senso si può credere, nella ricerca, all’interno del setting psicoanalitico, di conoscere già ciò che non si conosce, in quanto nei soggetti analizzati si ritroveranno dispositivi affettivi, modalità di ripetizione, comportamenti relativi alle difficoltà nel rapporto con le figure primarie di riferimento. “Il Minotauro” non crede, al contrario, nelle riedizioni. Charmet in un altro testo corale pubblicato nel 1990 “L’adolescente nella società senza padri”, nell’introduzione vira decisamente con il discorso verso la clinica, trattando di blocco dei compiti evolutivi e soprattutto di futuro e non di passato, come regista dell’evoluzione adolescenziale. Forse lo stesso gruppo de “Il Minotauro” non ha ancora integrato del tutto le potenzialità di queste affermazioni blasfeme, perché in ambito psicoanalitico prendere in considerazione il futuro come regista, colloca in una condizione difficile e critica in cui è rischioso permanere. I consulenti e gli operatori de “Il Minotauro”, partendo da questi presupposti, sono riusciti ad ampliare le prospettive come nuova forma mentis ed ulteriori conoscenze. La comprensione e la visione del futuro, passa attraverso una competenza anche fenomenologica, per cui risulta indispensabile conoscere le culture adolescenziali, come si declinano attualmente le rappresentazioni del sé degli adolescenti, attraverso quali mode e modalità. Quando di fronte ad un taglio clinico che presenta un nuovo problema, la mente del gruppo, spesso si attiva, iniziando una ricerca, il nuovo paziente può porre un ulteriore quesito. Con la clinica classica si potrebbe comprendere , capire e analizzare quel paziente, svelando le regole di appartenenza ad un determinato contesto sociale o ad un certo carattere culturale. La consultazione psicologica sembra l’unica all’interno della quale vaste aree di adolescenti possono transitare utilmente, essendo la psicoterapia dedicata ad una fetta marginale di adolescenti, tendenzialmente molto evoluti, e di condizioni particolari.
Una conoscenza preliminare di affetti sociologici, di rappresentazioni culturali tramite cui gli adolescenti esprimono il loro disagio e l’identità confusa, è un passaggio davvero cruciale e fondamentale.
In questo testo, rispetto ad altri libri corali pubblicati, si avverte una presa di distanza nel modo tradizionale di fare clinica, in particolare riguardante ragazzi con maggiore difficoltà di simbolizzazione. Forse si tratta proprio di una clinica che consente di operare in generale con gli adolescenti tramite un modello analitico che può dare un contributo anche ad altre fasce d’età.

ADATTAMENTO APPRENDITIVO
La dimensione cognitiva nel processo percettivo

Elaborato di ricerca
su parte del saggio di R. Canestrari, Psicologia generale e dello Sviluppo, Bologna

La percezione è un processo mediante cui traiamo informazioni sul mondo in cui viviamo. L’atto percettivo può essere primitivo e immediato (non intellettuale), oggettivo (legato a condizioni esterne al percipiente), globale e unitario. Esistono situazioni in cui le realtà fisiche (suoni, vibrazioni) non hanno il loro corrispondente percettivo in situazioni di assenza fenomenica di realtà fisiche senza percezione. Le nostre possibilità percettive non sono in grado di cogliere tutta la gamma di onde elettromagnetiche, o ultrasuoni oppure lo spettro visibile dai 400 ai 700 millimicron. Esistono situazioni in cui in assenza di realtà fisica avviene la percezione in situazioni di presenza fenomenica, per esempio il silenzio e il buio sono sensazioni che percepiamo diverse dalle realtà fisiche.
Come si ricostituisce a livello fenomenico l’unità dell’oggetto fisico?
Wertheimer mostra i principali fattori di campo percettivo: vicinanza, somiglianza, continuità di direzione, esperienza passata.
Come l’identità, la grandezza, la forma di un oggetto possono rimanere invariate anche quando la proiezione retinica dell’oggetto varia al variare dei rapporti spaziali?
La grandezza dell’immagine retinica è sempre uguale, varia solo la distanza tra occhio e oggetto.
Perché percepiamo il mondo tridimensionalmente quando sulla retina l’immagine è piatta?
Perché percepiamo gli indizi di profondità fisiologici (meccanismi oculari), psicologici (indizi pittorici) nella sovrapposizione di luci e ombre in prospettiva aerea o lineare.
La psicologia associazionistica sostiene che riusciamo a cogliere l’espressività dei comportamenti altrui tramite il confronto con il nostro comportamento quando ci troviamo nello stesso stato d’animo dell’altro (empatia). Ma se la percezione delle qualità espressive è vera, possiamo cogliere nel prossimo solo i comportamenti e i sentimenti da noi esperiti. La psicologia dice che la comprensione dell’espressione è un fatto percettivo primario perché basato sulla struttura-evento e non sull’apprendimento.
Esistono meccanismi che trasformano i passaggi fisici del tempo, in segnali sensoriali. L’uomo è capace di orientarsi temporalmente secondo percezione e prospettiva temporale. Questo è il vissuto psicologico della persona che può avere rappresentazioni del passato e del futuro, vivendo nel presente in cui le rappresentazioni temporali dirigono il suo comportamento.
Esistono fattori innati o appresi. La percezione è innata. Il bambino distingue colori, forme diverse, profondità, toni diversi per cui la pratica e l’esperienza dei vissuti influiscono la percezione.

L’apprendimento

Il meccanismo che permette all’individuo di adattarsi alle molteplici richieste dell’ambiente, presenta diverse tipologie.

Condizionamento classico stimolo-risposta

La nutrizione del neonato è una catena di azioni in cui non vi sono elementi appresi perché l’azione è attivata da uno stimolo di contatto. Dopo alcune settimane il comportamento del bambino non è più un riflesso istintivo in quanto egli apprende a succhiare e anche a nutrirsi. Accanto al meccanismo innato subentra quello derivato. Pavlov è il primo a studiare la genesi dei meccanismi derivati. Scopre che le ghiandole salivari dei cani entrano in funzione non solo per ingestione di cibo con stimolo incondizionato, ma per il suono di un campanello e l'accensione della luce come stimoli condizionati. Le connessioni tra stimolo e risposta sono riflessi condizionati. Le reazioni condizionate sono divise in acquisite, che si stabiliscono dopo l’addestramento e quelle naturali che si attuano in modo spontaneo. In assenza di stimoli le relative reazioni condizionate cessano.

Condizionamento operante

Esistono molteplici forme di adattamento all’ambiente: sono attività spontanee dell’organismo che entra in interazione con molti stimoli. Skinner perfeziona con molti esperimenti la sua teoria. La Skinner Box è una gabbia fornita di una leva che fa cadere il cibo a seconda della pressione che esercita l’animale che viene premiato con questo. Così avviene il rinforzo che può essere positivo (premio) e negativo (punizione).

Apprendimento verbale

Erbinghaus attua le prime ricerche sull’apprendimento verbale. In base a gruppi di sillabe senza significato, con lettere e numeri, il criterio di apprendimento era raggiunto quando ogni elemento della lista permetteva di evocare l’elemento successivo.

Apprendimento cognitivo

Secondo Tolman il comportamento è guidato dalle aspettative originate dalle esperienze già fatte.

La memoria

La memoria è una struttura psichica che organizza l’aspetto temporale del comportamento. L’evento passato lascia una traccia che influenza l’evento successivo. Lo studio della memoria concerne nell’osservazione di come le tracce degli eventi si organizzano, nella fissazione o apprendimento, nella ritenzione e nel ricordo in cui si vede cosa il soggetto ha ritenuto e come..

Modelli generali della memoria

Il modello associativo è il più antico per spiegare il funzionamento della memoria. Si caratterizza per il fatto di poter descrivere le relazioni associative tra le informazioni in memoria.
Il modello stimolo-risposta si richiama alle teorie comportamentiste che si basano sulla connessione tra stimolazione ambientale e risposta comportamentale.
Il modello HIP (Human Information Processing) si propone di considerare l’uomo che opera sull’informazione esterna codificandola e distingue due tipi di memoria, memoria a breve termine STM e memoria a lungo termine LTM.
Il modello costruttivistico pone l’accento sul ruolo determinante delle operazioni compiute dal soggetto. La memoria è un insieme di processi che selezionano, organizzano e rielaborano informazioni esterne, per cui l’organizzazione dell’informazione è soggettiva, dipende dall’individuo.
Nel modello pluricomponenti la memoria non conserva uno stimolo in una sola maniera, ma sotto forma di diverse componenti. Esistono due sistemi di codifica degli stimoli, il sistema verbale e il sistema per immagini. Se lo stimolo è la figura di un oggetto, il soggetto lo codifica con sistema per immagini.

Elaborazione delle informazioni in memoria

Nella struttura della memoria, in tutti i modelli è presente la distinzione per fasi nell’elaborazione delle informazioni. Lo stimolo esterno al soggetto può essere rappresentato da una frase descritta sotto forma di onda sonora. La trasduzione sensoriale avviene quando la frase è un evento fisico per il soggetto per cui le onde sonore vengono convertite in impulsi elaborati dal sistema nervoso centrale. Il registro sensoriale è il magazzino dell’informazione in cui il soggetto conserva lo stimolo per poco tempo. E’ una memoria immediata che conserva informazioni in submagazzini, quali la memoria ecoica (conserva informazioni sensoriali) e la memoria iconica (informazioni visive). Il riconoscimento percettivo permette di attribuire significato allo stimolo registrato. La memoria a breve termine STM conserva l’informazione a breve tempo in un magazzino cerebrale. Così ogni nuovo elemento immesso potrebbe essere dimenticato, ma sottoposto a un processo di reiterazione, passa dalla memoria primaria alla secondaria. Con la memoria a lungo termine LTM l’informazione elaborata nella STM è conservata per tempi più lunghi. Sono diversi i fattori che contrastano la ritenzione mnestica. Le cause dell'oblio risiedono nelle interferenze che scaturiscono dal materiale da apprendere e dalle attività realizzate prima o dopo la fissazione. La ritenzione mnestica è migliore durante il sonno quando il livello di attività generale è più basso.

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