La scuola di Francoforte
Gli studi psicoanalitici sulla personalità autoritaria fondano la critica serrata e l'opposizione radicale contro tutti i regimi dittatoriali, contro gli autoritarismi di ogni credo politico e i comportamenti governativi prevaricatori, presenti anche attualmente in alcune parti del pianeta. Questi potentati attuano la distruzione e l'annientamento spietato dei più deboli, considerati feccia della terra, materiale umano, da eliminare perché le risorse economiche del globo non sono sufficienti per tutti.
La figura di Reich rappresenta quindi il tentativo di porre in relazione e far reagire efficacemente la dimensione psicologica e quella sociale, su un terreno di incontro, la politica, il cui artefice della trasformazione è lo psicanalista militante.
Ma viene meno proprio lo spazio politico.
Al termine della prima guerra mondiale gli intellettuali tedeschi sono incerti se sostenere i socialisti moderati per salvaguardare le libertà borghesi, oppure militare nel partito comunista bolscevizzato, accettando la leadership di Mosca.
La ricerca di una terza alternativa caratterizza la posizione dell'istituto per la ricerca sociale di Francoforte inaugurato nel 1923 e composto da studiosi di diversa formazione culturale.
Una critica verso la società si progetta indipendentemente dalla politica dall'istituzione, dalla cultura di massa.
La scuola rappresenta il primo caso di trasferimento del patrimonio intellettuale del marxismo in una struttura organizzativa di tipo accademico.
Alla base vi è il rifiuto di ogni riduttivismo così come di ogni cultura di pensiero in un sistema compiuto e si stabilisce un divario tra teoria e prassi politica come reazione all'incapacità del proletariato ad assumere quella posizione di protagonismo rivoluzionario.
La scuola di Francoforte si pone una serie di quesiti che mettono in gioco la cultura, l'autorità, la famiglia, quest'ultima riconosciuta come luogo privilegiato della riproduzione sociale.
È nei processi educativi e soprattutto nei rapporti famigliari non intenzionali e coscienti che l'autorità funziona, si legittima, si riproduce.
Il bambino viene in contatto con l'autorità attraverso la figura del padre e la fa propria.
È compito della famiglia riprodurre i caratteri di cui la società ha bisogno, perché le relazioni familiari sono determinate da quelle sociali e non possono essere radicalmente mutate se non con sovvertimenti rivoluzionari.
È la società quindi che plasma le relazioni familiari.
Spetta a Fromm fornire l'anello mancante che collega la sovrastruttura ideologica alla base socioeconomica. Egli individua nel carattere sadico anale l'organizzazione libidica più funzionale al capitalismo.
La conclusione è che il rapporto autoritario non è semplicemente coercitivo, ma comporta una forte dose di complicità da parte della persona subordinata che ha investito di libido l'obbidienza sino a desiderare le forme estreme di sottomissione, come il masochismo.
La stessa dinamica è quella della identificazione edipica mediante la quale il super io dell'autorità viene introiettato sino a costituire parte dell'apparato psichico del sottoposto.
Lo studio sull'autorità e la famiglia dà luogo a tre figure: la personalità autoritaria, l’intermedia e la rivoluzionaria, denominata democratica nelle ricerche riprese negli Stati Uniti.
Gli studi sulla personalità autoritaria
Per sfuggire alle persecuzioni razziali, l'istituto si trasferisce negli Stati Uniti, in quel sistema economico che criticava tanto.
A contatto con esso, il potenziale marxista diminuisce, subentrando valori di tipo liberale.
Le indagini qui svolte sull'autoritarismo, si accentrano sul tramonto del padre, prima considerato responsabile della sottomissione psicologica su cui si fondano gli autoritarismi della riproduzione sociale, come rappresentante sociale inghiottito dall'anonimato dei rapporti tardo capitalistici, burocratici e massificati.
La famiglia si rivaluta così come possibilità di difesa da una società disumanizzante.
Si analizzano i meccanismi che stanno alla base dell'intolleranza razziale e religiosa e del suo corrispondente cognitivo, il pregiudizio.
Il nazismo, innanzitutto, non è un fenomeno locale abnorme, una patologia inspiegabile, ma l'espressione estrema di elementi presenti, in potenza, nelle organizzazioni stesse del capitalismo avanzato.
Da una indagine risultò un profilo antropologico della personalità autoritaria con caratteristiche molto vicine a quelle del carattere sadomasochista descritto da Fromm.
Dalla rilevazione del comportamento autoritario manifesto, si passa all'analisi delle convinzioni autoritarie, sino a giungere al livello latente, costituito dalle strutture psicologiche profonde, sindrome autoritaria.
Alla base vi è un conflitto edipico irrisolto, in cui l'aggressività verso il padre viene trasferita in obbedienza masochistica ed in ostilità sadica.
L'inibizione psicologica viene poi acquisita dalla repressione sociale, generando comportamenti irrazionali.
All'opposto della personalità autoritaria si colloca, non, come negli studi sulla famiglia del periodo francofortese, la personalità rivoluzionaria, ma bensì quella democratica.
La scuola abbandonò l'iniziale radicalismo marxista per una collocazione intermedia, liberale, democratica, criticata dai conservatori, che giudicavano troppo riduttivo identificare l'autoritarismo con il fascismo, e dai marxisti che denunciavano la liquidazione della soggettività e centralità della classe operaia.
Il valore del loro lavoro, comunque, era contenuto non tanto nei dati quantitativi raggiunti, ma nei problemi sollevati.
La scuola di Francoforte esplicita il rapporto tra psicanalisi e filosofia, finora latente, porta alle estreme conseguenze l'incontro con il marxismo della psicanalisi, mette in luce i fattori di impossibilità insiti in entrambe le dimensioni conoscitive: l'uomo non può essere libero perché la società lo condiziona e ogni progetto rivoluzionario è destinato ad arenarsi contro i fattori di resistenza insiti nell'inconscio.
L'unica alternativa è la figura dell'intellettuale critico, che riattiva l'individualismo eroico della filosofia tedesca idealistica.
Un'altra ibridazione tra filosofia politica e psicoanalisi è costituita dall’analisi esistenziale, una reazione alla psichiatria tradizionale che ha prodotto una nuova antropologia ed una modalità di rapporto con l'altro che costituisce ormai un patrimonio irrinunciabile.
La filosofia interviene riducendo la conflittualità e la promiscuità del modello psicoanalitico, sostituendo al clamore delle pulsioni, l'immagine più narcisistica di un uomo centrato su se stesso e protagonista della propria storia.