On. Narducci (UNAIE), lavoratori italiani in Gran Bretagna: Affrontare insieme nell’UE la crisi contro ogni vento di xenofobia

La fine dello sciopero proclamato dagli operai della raffineria Lindsay, indetto per protestare contro l’appalto assegnato dalla Total alla società italiana Irem – che prevedeva il ricorso a lavoratori italiani e portoghesi – ha rasserenato il clima carico di tensioni di questi ultimi giorni, ma non può in nessun caso cadere nel dimenticatoio. Il “cessate il fuoco” è stato per altro ottenuto garantendo l’assunzione di 102 lavoratori britannici, una mossa saggia che tuttavia apre un ampio fronte di riflessione sul lavoro nell’Unione Europea e sulla libera circolazione delle persone al suo interno.

“Far finta che nulla è accaduto equivarrebbe a nascondere la polvere sotto il tappeto. Non è possibile che i capitali inglesi possano circolare liberamente, mentre i lavoratori esteri dovrebbero starsene a casa propria evitando di recarsi in Inghilterra a lavorare secondo quanto sancito dal principio della libera circolazione dei lavoratori nell’UE”. Questo il commento a caldo dell’on Franco Narducci, presidente dell’Unaie (Unione nazionale associazioni immigrati ed emigrati). ”La formula del British jobs to British workers – ha affermato l’onorevole – è assolutamente da rifuggire in un contesto che, di fronte alla crisi finanziaria vede rafforzarsi i venti del protezionismo”.

Certo occorrono regole più strigenti e forse anche misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone, sul modello sperimentato per esempio in Svizzera, obbligando le imprese che lavorano in trasferta a rispettare le condizioni di lavoro e salariali vigenti nel paese ospitante. “L’esplosione di collera del lavoratori inglesi ci aiuta a comprendere meglio, ha rimarcato l’on. Narducci, la battaglia condotta qualche anno fa dai lavoratori e dai sindacati contro la direttiva Bolkestein e il tentativo di introdurre nel mercato del lavoro una forte dose di dumping salariale.

“Finora la Gran Bretagna – ha sottolineato Narducci – ha sempre avuto molti benefici dall’appartenenza all’Europa dando poco in contropartita e ha approfittato della sua storia e della sua economia globalizzata, per altro utile al resto dell’UE. Ma come ogni recessione economica, la situazione sta ora portando alla luce le tensioni che sono fermentate sotto il successo economico; il crunch è ora arrivato e allora si gioca alla legittima difesa dimenticando che per continuare a costruire un grande mercato comune è necessario che la domanda e l’offerta di lavoro si devono incrociare in ogni punto del suo territorio”.

Quanto è accaduto deve servire da monito ai Governi europei chiamati ad affrontare gli effetti della crisi finanziaria globale sull’economia reale; le forze politiche che pensano di incassare il consenso dal malessere e di speculare sul risentimento agitando il protezionismo, devono essere isolate poiché oltre a ledere un cardine fondamentale dell’Unione Europea, la libera circolazione delle persone, si contrappongono alla possibilità reale di uscire dal tunnel della crisi. Molti economisti, infatti, hanno evidenziato in questi ultimi giorni la grande importanza del modello europeo per affrontare le sfide che abbiamo davanti.

“In questo contesto – ha precisato l’on. Narducci – non possono passare inosservate le dichiarazioni di strumentale solidarietà rivolte dal ministro Luca Zaia ai lavoratori inglesi; si alimentano così i risentimenti contro i lavoratori stranieri in Inghilterra e per caduta contro gli immigrati in Italia, forse il vero obiettivo del Ministro. La crisi finanziaria ed economica ha altre profonde ragioni, e questo il Ministro lo sa, derivanti anzitutto dalla speculazione forsennata che ha dominato il mondo della finanza negli ultimi venti anni, che ha immesso dose massicce di titoli tossici sui mercati. La bramosia di ricchezza e di denaro (tutto e subito) che alimenta quel mondo non è certo la filosofia che regna tra i gruppi sociali più deboli ed è veramente fuori posto accendere la miccia di una guerra tra poveri che competono per il benessere non più crescente della ricchezza complessiva. Non lo possiamo permettere, soprattutto in un Paese come l’Italia apprezzato in tutto il mondo per la sua tradizione solidaristica ed umanistica” ha concluso l’On. Franco Narducci.

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