I primi passi di Obama, la credibilità  internazionale ed il rispetto reciproco

L’impressione che si trae dai primi passi della nuova amministrazione americana, targata Obama, è positiva. Per le cose dette da Obama, per gli impegni assunti con il popolo americano durante la campagna elettorale e confermati ora nei primi passi concreti della nuova amministrazione.
La cerimonia di insediamento del Presidente americano non è stata solo un atto formale. Ha avuto il significato di rinnovare l’impegno comune – del Presidente ma anche di tutti gli americani – ad applicare e proteggere i valori fondativi della Costituzione. La cerimonia di insediamento di Obama mi ha ricordato quanto importante sia per il popolo americano la Costituzione. Ed i primi passi del nuovo Presidente confermano tutto ciò. Anche su Guantanamo si torna alla Costituzione. Tra dodici mesi si chiuderà definitivamente un capitolo buio della storia americana. Si torna a “combattere” il terrore con le armi della legalità. Questo passaggio marca le differenze tra Obama e Bush.
Nel suo primo giorno di insediamento alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto ai vertici militari di “raddoppiare gli sforzi” per arrivare ad un “ritiro responsabile” delle truppe dall'Iraq. Obama intende quindi impegnarsi nella pianificazione necessaria per arrivare a un ritiro militare responsabile, esattamente ciò che si era impegnato a fare in campagna elettorale. Il processo di pace in medio oriente può trarre solo benefici da questo ritorno alla legalità, anche internazionale, aprendo la strada ad una tregua tra Israele e Palestina, alla ricerca complessa ma necessaria di un percorso che porti ad un cessate il fuoco permanente e ad una nuova fase di dialogo. Per essere credibili sulla pace occorre essere credibili sul piano internazionale e credo che Obama stia lavorando bene in questa direzione.
Ne è una prova il richiamo alla nuova credibilità internazionale, al ritiro responsabile dall’Iraq “lasciando l’Iraq al suo popolo”, alla necessità di forgiare una pace guadagnata a fatica in Afghanistan, a lavorare per la pace e per ostacolare, fermare, ogni spettro di minaccia nucleare ed ambientale. Importante inoltre è l’evocazione della grande America, nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù e non credenti, che è riuscita a superare le divisioni religiose, culturali e linguistiche e che non può e non deve tornare indietro ma giocare un ruolo internazionale fondato su elementi positivi. Significativo l’impegno per le nazioni povere, per combattere l’indifferenza verso chi soffre, per contrastare il consumo indiscriminato delle risorse e gli effetti sul nostro pianeta.
Obama ha parlato delle sfide economiche che tutti abbiamo di fronte senza nascondere il fallimento collettivo nel compiere le scelte dure volte a contrastare l’avidità e l’irresponsabilità di pochi. Mi è parso un discorso equilibrato che ha rafforzato in me la convinzione che Obama ha le carte in regola per svolgere bene il ruolo di Presidente degli Stati Uniti d’America. Le aspettative sono tante e sono sempre eccessive.
Credo sia importante ricordare che oggi abbiamo tutti gli strumenti per svolgere una mediazione su tutti i piani, sia politico che economico. Ritengo che la mediazione di politica estera non possa che passare attraverso gli organismi internazionali e che – analogamente – la risposta globale alla crisi finanziaria ed economica non possa che essere affidata alle sedi di confronto. La nuova amministrazione Obama garantirà una presenza credibile in questi ambiti. È evidente che il peso degli Stati Uniti sullo scenario mondiale impone la dovuta attenzione ad una Presidenza che pare “innovatrice” su elementi fondamentali quali la legalità internazionale. Le aspettative quindi non sono eccessive se si ritiene che il buon lavoro del Presidente Obama – sulla base degli impegni assunti e confermati in questi primi passi – avrà conseguenze positive per tutti. Dobbiamo, però, oggi essere tutti all’altezza delle sfide del nostro tempo.
Il Governo italiano deve governare bene in Italia e non lo sta facendo! Ad esempio, a livello di contrasto della crisi economica – per quanto attiene alle scelte di sostegno alle famiglie, ai pensionati, alle fasce sociali più deboli, alle imprese e al sistema economico in generale – occorre essere credibili a livello “domestico” per potersi offrire credibilmente al necessario coordinamento internazionale. Così come a livello mondiale la nostra politica estera deve sapersi “affermare” per i forti richiami alla legalità internazionale ed al multilateralismo. Essere in sostanza parte di una nuova fase “mondiale” della costruzione di pace e dialogo. In questo senso credo che i rapporti tra Italia e Stati Uniti non subiranno cambiamenti sostanziali. Certamente sarebbe utile – non solo con gli Stati Uniti – avere un rapporto basato sul rispetto reciproco. Quel rispetto che è mancato da parte del Brasile nei confronti dell’Italia sul caso Battisti.

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