di Mario Pancera
Così don Mazzolari nel 1949. Oggi, dopo sessant’anni, «ci veniamo sporcando sempre di più»
«Tra coloro che si adoperano di fare “del tanto peggio il tanto meglio” e coloro che compulsano le statistiche per vedere se qualche cosa s’avvia, stiamo con quelli che, tra difficoltà di ogni genere, si sforzano di risalire la corrente», affermava don Primo Mazzolari su «Adesso» del 1° marzo 1949: sessanta anni fa.
C’è qualche sacerdote che oggi scrive ai cattolici italiani un testo intitolato «Vogliamo un’Italia pulita, una cristianità viva» ?, rivolgendosi in particolare ai Casini, ai Prodi, ai Lombardo, ai Letta, ai Di Pietro, ai Mastella, a tutti coloro che si definiscono cattolici o cristiani e che si occupano della politica nel nostro paese? Forse c’è, ma la sua voce è debole o viene subito soffocata.
Volere un’Italia pulita e una cristianità viva: tutti i sacerdoti dovrebbero gridarlo dai pulpiti, negli oratori, scriverlo sui giornali, sui manifestini che mandano nelle case. Ma proprio tutti. Mazzolari lo chiedeva agli uomini politici. Sembra una pretesa, diceva, «però, a spiriti cristiani, che in un’ora decisiva lavorano in campo politico e sociale per qualche cosa che diviene necessariamente una testimonianza pro o contro la religione, il chiedere una sensibilità più pronta e una maggiore decisione per affrettare i tempi e provvedere tempestivamente alla salvezza del paese, è un atto di fiducia che, mentre li impegna, li onora».
Ovvero: stimolando questi uomini al lavoro rapido e onesto diamo loro prova di fiducia e gli facciamo un onore. Invece, molti politici che si dicono cattolici, davanti alle osservazioni si inquietano, si agitano, si sentono disturbati. Perché mai? Non si sentono cristianità viva, non sono orgogliosi di battersi per un’Italia pulita? Non sanno di essere impegnati per la salvezza del paese?
Ripeto, era il 1949, si era ancora nel secondo difficile dopoguerra. Questo testo è attualissimo. «C’è anche l’aspetto morale e spirituale del paese, che finora non si è ripreso. Direi che ci veniamo sporcando sempre di più», testimoniava il sacerdote. La scorrettezza professionale è in aumento, com’è in aumento la sfiducia reciproca, l’odio di classe, la corsa al godere, il rifiuto di portare».
In quegli anni, in Italia era forte la componente comunista. «Senza un adeguato sforzo morale», la «politica marxista avrà il sopravvento su quella cristiana». «Il comunismo può essere fermato con mezzi politici, ma superato soltanto sul fronte del costume, poiché esso attacca l’uomo prima delle istituzioni: e una volta che il fondo dell’uomo non tiene, una politica cristiana diventa insopportabile. Disgraziatamente, nel suo assalto contro l’uomo il comunismo può contare su parecchi alleati, i quali, pur figurando nello schieramento anticomunista, mentre lo combattono per motivi economici di prestigio, concordano pienamente sul modo di vedere ed intendere la vita».
«Sono gli stessi che plaudono a Scelba [ministro democristiano degli Interni] quando fa intervenire la “Celere” per impedire l’occupazione di una fabbrica e lo coprono di ingiurie se fa sequestrare un emporio pornografico; che approvano il Governo se resiste a un’ingiunzione faziosa sul piano economico e muovono alte lamentele ad ogni proposta di riforma onesta e gridano contro “la scuola asservita” per il solo fatto che in essa si rispetta la religione».
Cambiano i nomi, non i tempi. «Conviene ricordare a codesti innamorati dell’ordine e della disciplina che la tranquillità del Paese e la sua prosperità non sono legate a un apparato di polizia, ma a un costume morale che dev’essere instaurato prima di tutti da coloro cui l’onestà è meno costosa, perché il pane ce l’hanno, la casa ce l’hanno e molte altre cose che i poveri non hanno. Un Paese non pulito è un vaso inquinato, che guasta qualsiasi cosa, anche la giustizia, anche l’ordine».
Che cosa dire di meglio, oggi, sui cattolici del Pd, dell’Udc, del Pdl, della nuova Dc? Sostenendo la necessità di avere una cristianità viva, don Mazzolari affermava che «una Chiesa è sempre nell’azione vivificante dello Spirito», ma «se nel loro sforzo personale o associato, i cristiani operanti nella società non rimangono congiunti alla sorgente della verità e della carità, si smarriscono e divengono fatui».
Li vediamo ancora oggi questi cristiani «smarriti» e ben felici di esserlo. «Una cristianità viva non ha soltanto una tradizione da conservare e un prestigio da far valere», concludeva don Mazzolari, «ma una salvezza da comunicare a tutti, ricchi e poveri, vicini e lontani, traducendo in termini di adesso la Parola che non passa, senza dimenticarla, senza far scontare alla Chiesa le proprie stupidità e la propria ignavia, pagando di persona errori e audacie. Una cristianità è viva non per l’insegna che porta sull’albero maestro, ma se ai remi ha braccia valide, se Cristo è al timone».