A Palazzo Venezia una mostra antologica del grande artista informale abruzzese
di Giorgia Duò *
ROMA – Si è aperta a Roma il 19 dicembre scorso, e rimarrà aperta fino al 25 gennaio 2009, la personale del Maestro abruzzese, curata da Gabriele Simongini: “Marcello Mariani: la via pittorica al sacro (1957-2007)”. La mostra, ospitata negli Appartamenti Barbo del prestigioso Museo Nazionale di Palazzo Venezia, sede della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano, sintetizza cinquant’anni di attività creativa attraverso una quarantina di opere, di dimensioni importanti, realizzate dal pittore a partire dal 1956, quando il Mariani aveva solo 18 anni. L’antologica è arricchita da una sezione di immagini del celebre fotografo Gianni Berengo Gardin, scatti vitali e reali, veri ritratti del Mariani osservato mentre lavora all’interno del suo suggestivo atelier.
Il Maestro, tra i più grandi artisti italiani del secolo, persegue una pittura che è in continua evoluzione; di straordinario impatto percettivo ed emozionale può definirsi, anche se riduttivamente, informale. Le sue tele, infatti, sono caricate da tracce materiche più calde (strati di pittura e macchie di colore) introdotte energicamente per tributare alla propria opera astratta una dimensione più espressiva, profondamente ed intensamente lirica. Così facendo la sua arte entra in contatto con il pubblico e comunica la propria tormentata ricerca del concetto di “sacro”, che non è anelare al divino, piuttosto riflettere su ciò che non è profano, ossia non è legato alla vita naturale. La sua pittura, dunque, si propone di svelare quell’essenza sublime che travolge e sconvolge l’esistenza dell’uomo. Non a caso il pittore dice di sé: “sono uno sciamano”. Infatti, solo gli sciamani, attraverso l’intuizione, sono in grado di cogliere e rivelare quel sacro che è esigenza di realtà e comprensione.
Basta percorrere le sale dell’esposizione per comprendere in tutta la sua semplicità e complessità il cammino artistico-evolutivo compiuto dal Maestro. Con grande coerenza il pittore mostra una capacità di rinnovamento inconsueta, grazie al suo temperamento curioso e alla sua voglia di conoscenza. In cinquant’anni di attività, è riuscito a non ripetersi mai. Mariani passa dalle tensioni dei primi paesaggi indagati e prodotti negli anni Cinquanta, alle felici esplorazioni della nozione biologica di cellula dei due decenni successivi: “Dentro una goccia di sangue c’è tutto il mondo”, asserisce significativamente.
Alla fine degli anni Ottanta l’abruzzese traspone sulla tela i conflitti interiori con contrasti e lacerazioni di forme, passo necessario per approdare agli “archetipi” degli anni Novanta, dove i profili primordiali hanno i colori delle terre, preferiti perché più veridici. Nel nuovo millennio le forme archetipe sono colonizzate da visionarie presenze angeliche, vere e proprie epifanie di luce e apparizioni piene di energia. Le terre lasciano il posto a grandi campiture di colori accesi, e una felicità stridente permea la sua opera più recente frutto dell’incontro con la solare e “colorata” cultura del Madagascar. Un cammino lineare e niente affatto scontato che non ci consente di immaginare dove il Maestro domani approderà.
Marcello Mariani è nato all’Aquila nel 1938. Si forma all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nei primi anni Sessanta gira l’Europa, incontra artisti e scrittori. Rientrato in Italia, frequenta Roma e conosce Boille, Manzoni, Rotella, Lisi e Rauschenberg. Insegna all’Istituto Statale d’Arte dell’Aquila. All’inizio degli anni Sessanta si dedica alla pittura informale, sull’influenza di Burri, che conosce e frequenta. Incontra inoltre Mario Ceroli, Lucio Fontana e Carmelo Bene, che sul giovane artista hanno un influsso determinante per la sua ricerca pittorica. Nel 1974 conosce Beuys e rafforza la sua convinzione in una terza via umana e sociale, fuori dal capitalismo e dal comunismo. In quello stesso anno espone insieme a Guttuso, Accardi e Consagra. Nel 1979 inizia il ciclo di viaggi in Oriente, in Madagascar ed in Australia, dove a Melbourne terrà due mostre personali. Rientrato in Italia sviluppa la sua pittura arricchendola di intense tracce materiche. Pittura quasi muraria, originaria e simbolica dell’essenza. Numerose le sue partecipazioni ad esposizioni con le grandi firme della pittura contemporanea. Nel 2007, a Castelbasso, è invitato a partecipare alla rassegna sull’arte informale europea ed americana, accanto alle opere dei più grandi artisti del ‘900, quali Fontana, Burri, Vedova, Pollock, Kline, Fautrier, Wols, Afro, Appel, Baj, Tapis, Boille, Soulages, Hartung. La pittura di Mariani è molto diversa da quella dei contemporanei. Il suo è uno splendido e luminoso informale, dai toni caldi e poetici. Le sue tele sono superfici memoriali, sfiorate dalla luce e dal segno, tracce di un'esistenza incerta, tragicamente esistenziale.