di Alessio di Florio
Lo scorso 8 dicembre, giorno in cui la Chiesa festeggia il dogma dell'Assunzione di Maria al Cielo, durante l'omelia, il mio parroco ha accusato, riprendendo un tema molto ricorrente nei discorsi di papa Ratzinger, molti cattolici di essere fedeli a metà, pronti a credere ma solo a precisi se e ma.
Lo confesso, sono tra questi. E' vero la mia appartenza a Sacra Romana Chiesa è piena di se e ma.
Amo Dio quando si schiera con gli ultimi, conforta gli afflitti, condivide i dolori e le sofferenze dei poveri della Terra, denuncia lo scandalo degli armamenti e della speculazione finanziaria sulle spalle dei Paesi poveri.
Una Chiesa che abbraccia i potenti, i guerrafondai e calpesta i diritti dei disabili non è la mia.
Appartengo alla Chiesa che si fa umile compagna, condivide il pane, con le donne e gli uomini. Una chiesa umile, aperta, capace di dialogo e vicinanza.
Una Chiesa che condanna i sofferenti non crede nel mio Dio.
Appartengo alla Chiesa se, come scrisse don Tonino Bello, ha 'la nausea di una vita egoista e assurda' e che vive 'un'esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio'. Una Chiesa a cui 'il Bambino che dorme sulla paglia' toglie il sonno e fa sentire il guanciale del letto 'duro come un macigno' finché non avrà 'dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio'.
Una Chiesa che sfratta i poveri dalle abitazioni e mette a tacere chi denuncia lo scandalo di leggi ad personam, che tutelano i ricchi e bastonano i poveri, non mi interessa.
Il mio Dio, senza sfumature o timori, spinge alla denuncia delle diseguaglianze sociali, dell'ingiustizia economica, della povertà e dello scandalo dei poveri. Una Chiesa che si faccia, come nella parabola evangelica, prossima dei diseredati, dei migranti senza documenti. E che non ha paura a gridare davanti ai potenti, alle istituzioni e ai ricchi.
Appartengo ad una Chiesa che denuncia lo scandalo delle violenze sulle donne, delle sevizie, degli stupri che giornalmente subiscono, spesso in famiglia.
Una Chiesa che impone alle donne, in nome dell'ideologia familista, di essere sottoposti ai mariti e di subire in silenzio non predica il Dio che amo.
Amo Dio se è il Dio della speranza, della profezia vissuta e vivente. Il Dio che guida l'uomo alle massime vette dell'amore e della libertà. Il Dio che fa rotolare i macigni 'della solitudine, della miseria, della malattia, della disperazione, del peccato' per dirla ancora con don Tonino.
Un Dio che fa 'riscoprire la gioia di donare' e mette 'nell'anima una grande speranza'. Un Dio che, nell'immensa 'sala travaglio' del mondo echeggia nel vagito dei bimbi e dona un 'sorriso di indicibile tenerezza' alle speranze e alle attese di un uomo nuovo
Il Dio dei 'sepolcri imbiancati', che vendono la salvezza per un obolo d'oro e a parole lo santificano. Per poi chiudere gli altri fuori dalla porta, perché non hanno un bel vestito e non usano il profumo dei lussuosi e dei gaudenti. Perché emanano il profumo dei cantieri, del sudore di una giornata di fatica e dolore anche se è il 25 o il 31 dicembre. E non hanno conti in banca a 6 zeri, ma solo le bollette di una famiglia che al 15 deve fare i conti con uno stipendio o una pensione quasi terminata.
Questo è il Dio degli ipocriti, dei falsi profeti, dei benpensanti. Se questo è il loro Dio non è il mio. Quando resta fuori dalla porta allora lo amo.
Tra pochi giorni la tradizione cattolico-romana festeggia il Natale. Alcuni lo festeggieranno nel caldo delle loro abitazioni e delle loro Chiese. Spenderanno milioni di euro in addobbi (vedete le strade e le vetrine dei negozi piene delle luci più colorate e diverse) e in pranzi epulonici.
E ci saranno molti che non troveranno posto su nessuna tavola, che non vedranno (se non di sfuggita, prima di essere cacciati dal commesso del negozio ) il trionfo del consumismo luminoso, che non rideranno e scherzeranno in splendide luci. Vivranno il freddo, il gelo, la fame nella 'magica notte'.
Come Lazzaro.
Come quel bambino che, nella notte empia, non trovò posto in albergo. Quel bambino che, tra la Santa Claus Corporation, gli alberi addobbati, le strade illuminate a giorno, l'ipocrisia dei benpensanti e dei gaudenti, non trova spazio nelle nostre case, nelle nostre vie. Girate per le città, entrate nelle case. Quanti vecchi barbuti vedrete, quanti abeti (veri o sintetici che siano), quanti addobbi i più strani vedrete sulle pareti e sulle finestre? Tanti, tantissimi.
Per un bambino povero, vestito di cenci, per la sua immagina tenera solo i ritagli (in fondo al presepe, in un angolino nascosto). E i posti a tavola sono tutti prenotati. Nessuna sedia vuota in attesa di colui che può arrivare anche dopo l'ultimo momento, di qualcuno che bussa alla porta e porge una mano. Vuota.
«Maria che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
I pastori che vegliano nella notte “facendo la guardia al gregge” e scrutano l’aurora vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.»((ildialogo.org)
(Auguri scomodi, don Tonino Bello)