Di Luca Pignataro
Università di Teramo
Una delle più prestigiose riviste italiane di studi storici, “Nuova Storia Contemporanea”, nel corso del 2008 si è occupata di alcuni temi che riguardano le relazioni tra Italia e Grecia. Nel numero 4 (luglio-agosto 2008) ha pubblicato un articolo di Filippo Cappellano dedicato all’Occupazione italiana della Grecia 1941-1943, basato su documenti italiani sinora non studiati. Il precedente numero 3 (maggio-giugno 2008) ha ospitato invece un mio articolo dall’emblematico titolo Ombre sul Dodecaneso italiano, frutto di tre anni di ricerca in archivi di diversi Paesi. In esso si mettono in risalto le carenze su questo argomento (l’occupazione e poi possesso italiano delle isole egee dal 1912 al 1945) della storiografia sia italiana sia greca, troppo spesso affidata a personaggi che è eufemistico definire impreparati. È triste vedere come il passato delle relazioni tra i due Paesi sia stravolto da gente che sostiene di scandalizzarsi perché, a suo dire, gli italiani chiamano “alleati” i vincitori della seconda guerra mondiale per mettersi sul loro stesso piano, come se anche l’Italia avesse vinto la guerra: erano in realtà gli inglesi e gli americani a chiamare se stessi “alleati”, dunque noi italiani non abbiamo fatto altro che recepire il termine da loro usato. O ancora: taluno ha affermato che la storia del Dodecaneso italiano sarebbe taciuta perché piena di “ombre”, mentre in realtà è la storia della regolamentazione di vari aspetti (la riscossione delle imposte, la polizia urbana, gli orari dei negozi, l’igiene pubblica, la promozione dell’agricoltura e la tutela delle foreste, il catasto, il divieto di maltrattare gli animali da tiro, la limitazione della caccia, le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, i contratti di prestazione d’opera, la scuola e lo stato giuridico degli insegnanti, i segretari comunali e il controllo dei bilanci dei municipi, le abilitazioni professionali…) della vita sociale, analogamente a quanto avveniva in ogni Paese europeo improntato a quello che si chiama “Stato moderno”: tutte cose che la popolazione locale ammira e rimpiange (si veda l’interessantissimo libro di Nicholas Doumanis, purtroppo non tradotto in greco), ma che a taluni risultano sgradite perché sembrano quasi mettere in dubbio il diritto della Grecia sul Dodecaneso! Anche il tanto conclamato fascismo (termine peraltro che induce a malintesi, dato che in Grecia da molti si intende erroneamente per fascismo anche il nazionalsocialismo tedesco o addirittura la dittatura dei colonnelli!), che viene rinfacciato a ogni pie’ sospinto, nelle isole del Dodecaneso era rappresentato da poche persone, che fecero danni nel periodo successivo al 1936 ma risultarono invisi anche a molti altri italiani che risiedevano in Egeo. Particolarmente grave, oggi che ormai anche la Grecia fa parte dell’Unione Europea nella quale si tutelano le minoranze, è poi il fatto che, per mostrare unicamente il volto greco del Dodecaneso, si trascurino volutamente le storie degli ebrei e dei musulmani che lì vivevano e in parte vivono ancora. Ho dunque avuto modo di riscontrare una bizzarra alleanza fra alcuni ambienti ellenici, molto accalorati nel difendere una versione della storia patria ispirata a miti nazionalistici, e certi esponenti del mondo accademico italiano, mossi viceversa da un rifiuto della propria identità nazionale, al punto da voler leggere le vicende passate del proprio Paese con interpretazioni anacronistiche che distorcono la realtà in senso dispregiativo. Gli uni si caratterizzano per un malinteso senso di patriottismo, gli altri al contrario per mancanza di pietas e di rispetto verso il proprio Paese e i propri connazionali vissuti nel passato; gli uni e gli altri per un concetto disinvolto o lacunoso di ricerca storica. L’autore di questo articolo si limita a ricordare che non ha alcun senso oggi voler a tutti i costi giustificare o condannare il dominio italiano in Egeo (episodio circoscritto e certo non riproponibile: nessuno in Italia mette in dubbio l’opportunità che il Dodecaneso sia ellenico!), tanto più se a volerlo fare sono persone che all’epoca non erano nemmeno nate, e per questo giungere ad alterare o mutilare le fonti. Compito dello storico è ricercare la verità, e ben venga l’interesse per la storia del Dodecaneso, ma solo se a tale ricerca della verità e a serietà di metodo è ispirato, nonché al rispetto del lavoro di chi a ricostruire tale storia si è dedicato da diversi anni, senza godere di prebende ufficiali o luci della ribalta, anzi magari persino con qualche sacrificio personale.
Luca Pignataro
Università degli Studi di Teramo