di Andrea Mazzoleni*
Gli italiani all’estero si attendono dal Parlamento Nazionale il rispetto di un’etica politica che risponda puntualmente alle promesse fatte all’elettorato e a un genere di rappresentanza che assuma le dimensioni di servizio dovuto alla collettività che e non sia soggiogato dalla strumentalizzazione del voto per fini di interessi partitici. Il valore del voto estero significa solo ed esclusivamente rispetto e lavoro da compiere per le nostre comunità, che per 60 anni sono state tenute in un “dimenticatoio legislativo” accentuato negli ultimi anni dalla Partitocrazia presidenzialista conseguenza della legge elettorale che responsabilizza solo i leader dei partiti relegando in un angolo i candidati delle circoscrizioni nazionali. L’obiettivo di un sistema istituzionale moderno deve tendere ad una politica che torni ad essere propositiva, tollerante, coraggiosa e appassionante tra persone animate dal desiderio di contribuire a migliorare la vita della nostra comunità, elaborando idee innovative e agendo concretamente per realizzare un progetto di società sempre più libera, giusta e socialmente avanzata.
I rappresentanti eletti devono tenere presente gli interessi della comunità italiana all’estero e creare quei canali informativi che facciano conoscere in Italia il lavoro e la realtà delle nostre comunità, favorendo lo sviluppo di quei rapporti di collaborazione che, nell’era della globalizzazione, sono fondamentali per il rafforzamento del nostro sistema Paese.
Un programma che si rispetti deve abbracciare tutte le problematiche della nostra realtà. L’Italia può riconquistare una posizione di eccellenza nell’economia globale se utilizza pienamente una risorsa troppo a lungo trascurata: ” Gli italiani residenti all’Estero “.
Nella società attuale il lavoro determina in modo importante l’essere, la morale, la dignità e l’immagine di sé dell’individuo oltre a rappresentare una fonte di reddito.
Le sue funzioni strettamente legate ad aspetti psicologici, individuali e sociali, ne riflettono l’importanza nella facilitazione dei contatti iinterpersonali e nella creazione dell’identità individuale e sociali. Nel corso degli ultimi decenni questi fattori sono stati influenzati dal cambiamento del sistema socio-economico che ha influenzato il rapporto dell’individuo con il lavoro provocando incertezza, precarietà e sofferenza.
L’esperienza di lavoro nei servizi territoriali mi ha fatto incontrare quotidianamente non solo i casi cosiddetti più gravi, affetti da problematiche psicologiche/psichiatriche incompatibili con una normale vita di relazioni familiari, sociali, lavorative ecc., ma anche persone con disagi più lievi, persone che hanno famiglia, lavoro, cultura. Diventa necessario essere flessibili ed adattabili, non per proprio piacere, ma per la sopravvivenza del proprio impiego. Quando un lavoratore, per motivi che rispondono esclusivamente a leggi produttive o di mercato, è declassato o non si vede riconosciuto nelle proprie attitudini, subisce, sul piano psicologico, nella sua configurazione identitaria, un vero e proprio trauma, spesso sottovalutato se non del tutto ignorato: l’identificazione lavorativa, l’autostima, il sistema delle sue motivazioni, l’organizzazione delle sue personali sicurezze vengono meno. Ciò crea una “situazione sociale marcata dal malessere del lavoro, dal timore di perdere il proprio posto di lavoro e non poter tornare ad avere più una vita sociale, e di dover impegnare la vita solo nel lavoro e per il lavoro, con l’angoscia legata alla coscienza di un’evoluzione tecnologica che non risolve le necessità sociali. È un processo che rende precario tutto il vivere sociale.”
Occorre quindi, in tempi rapidi, procedere ad un fattivo sostegno e ad una facilitazione del percorso di integrazione per tutti coloro che si trovano confrontati con ostacoli e difficoltà. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), da alcuni anni, definisce con il termine di Human Mobile Population, gli immigrati, i rifugiati, i richiedenti asilo, gli esuli, i lavoratori in transito, i viaggiatori, i turisti, cioè le persone che, a vario titolo, si spostano da un Paese all'altro. Secondo i dati dell'OMS, nel 2000 sono stati oltre 1 miliardo gli individui che almeno una volta sono usciti dai propri confini nazionali. In particolare gli emigranti in cerca di lavoro sono stati 135 milioni. Una massa in crescita: negli anni Ottanta erano 70 milioni
Il nostro impegno deve anche essere teso al giusto riconoscimento dei sacrifici sostenuti dai nostri genitori e dai nostri nonni. Sacrifici che hanno oggi prodotto una generazione di persone che costituiscono un immenso potenziale sia per il paese di origine che per il paese ospitante, con un’ottima preparazione professionale e un bagaglio di esperienza importante: esempi che sono per l’Italia un valore aggiunto di grande importanza”.
Riportiamo quindi nel Parlamento Italiano la pratica dell’ascolto, la cultura dell’attenzione e l’etica della solidarietà e per questo ci impegniamo ad agire per una politica che diffonda la conoscenza, sviluppi la cultura, protegga l’ambiente, promuova un’equa redistribuzione delle risorse economiche, realizzi le libertà individuali, concretizzi una rete di solidarietà sociale efficace e condivisa.
*Socioterapeuta e giornalista, Classe 1954, nato a Como, coniugato e padre di due ragazze, abita a Rancate e ha mantenuto la nazionalità italiana. Ritiene di poter mettere a disposizione la propria esperienza nel leggere gli aspetti meno evidenti delle persone avendo da sempre lavorato in ambito psichiatrico, settore da lui definito un privilegiato osservatorio delle dinamiche sociali.