In tutta l'area del Mediterraneo si parla d'impero romano, epoca romana, dominazione romana, civiltà romana.
Ovunque meno che in Francia dove invece si nominano sempre e solo i gallo-romani. Quale e quanto grande è stato l'apporto della componente gallica alla civilizzazione del territorio francese durante l'epoca della dominazione romana?
Quando e chi è stato l'artefice del cambiamento di lettura della storia che ha portato alla formulazione del concetto di periodo gallo-romano? Mi piacerebbe conoscere anche come si è proceduto, quali provvedimenti sono stati presi a livello governativo e in quanto tempo si è raggiunto il risultato di uniformare la visione nazionale francese degli eventi storici che si sono succeduti alla conquista delle Gallie da parte di Giulio Cesare.
Giovanni Decio , giovanni.decio@alice.it
http://www.corriere.it/romano/
Caro Decio,
Lei ha colto un aspetto interessante della cultura storica francese, ma il fenomeno concerne quasi tutti i Paesi dell'area europea ed è strettamente legato al concetto di Stato nazionale come si va progressivamente definendo nel corso dell'Ottocento. Per affermare i propri diritti e la propria legittimità, la nazione deve dimostrare che le sue radici affondano nel passato e che gli abitanti della sua terra possono vantare gloriosi antenati. Mentre le stirpi reali europee pretendevano discendere dagli eroi della guerra di Troia, i popoli debbono trovare i loro capostipiti nelle tribù guerresche che hanno occupato i loro territori in epoca romana o medioevale. Grazie al lavoro di storici, filologi, drammaturghi, poeti e librettisti d'opera, il passato comincia a popolarsi di nuove figure, spesso abbellite dalla leggenda o da utili interpretazioni nazionalistiche: Alessandro il Grande, unificatore dell'Ellade, la regina Boadicea, simbolo della resistenza britannica contro gli invasori romani, Arminio, vincitore delle legioni di Varo nella selva di Teutoburgo, il Cid campeador, valoroso rappresentante della cristianità contro i mori nella Spagna medioevale, il paladino Orlando, vittima dei saraceni a Roncisvalle, Adelchi, re dei longobardi e alfiere della pace nell'Europa carolingia, il principe Igor, condottiero delle tribù slave contro gli invasori polovci. In loro onore vengono costruiti monumenti, soprattutto verso la fine dell'Ottocento, che diventano meta di pellegrinaggi nazionalisti. Per l'epigrafe che doveva decorare il gigantesco memoriale di Arminio, i tedeschi lanciarono un concorso internazionale che fu vinto, paradossalmente, da un latinista italiano, vale a dire da un erede degli odiati romani.
Il paradosso è soltanto apparente. L'epigrafe del monumento di Arminio fu scritta in latino perché l'ascendenza romana dei popoli europei venne sempre orgogliosamente riconosciuta e rivendicata. Ma l'identità nazionale era tanto più originale e convincente quanto più ogni popolo poteva affiancare alla romanità un dato genetico diverso e particolare. Fu questa la ragione per cui i francesi cominciarono a parlare di epoca gallo-romana e fecero di Vercingetorige un eroe della storia nazionale. Qualche storico offrì il contributo delle proprie ricerche patriottiche, ma l'operazione fu resa possibile soprattutto dall'impegno con cui i ministri dell'Educazione nazionale della Terza Repubblica commissionarono manuali di storia che diffondevano questa lettura gallo-romana del passato nazionale. Quando i ragazzi venivano chiamati alla lavagna per recitare ad alta voce il loro primo compito di storia patria, le loro prime parole erano «Nos ancêtres les Gaulois », i nostri antenati galli.