La scrittura di sé e le trasformazioni esistenziali
Il diario e l’autobiografia sono accomunati dalla costruzione dell’Io, quale istanza psichica in relazione con la realtà e i rapporti esterni. L’autobiografia è più comunicativa e diretta verso l’esterno, mentre il diario è autodiretto ed entrambi vengono investiti di proiezioni psichiche inconsce e di vissuti intimi e affettivi che si esprimono nel diario, ambito del ripiegamento su se stessi e del dialogo e dell’espressione emotiva di sé. Spesso la stesura del diario porta ad una scrittura automatica, quasi inconscia, che trasporta l’autore in uno stato semionirico, in cui esprime i vissuti più intimi ed emotivi, i frammenti inconsci ed affettivi, facendo in modo che il diario si trasformi in una sorta di oggetto transizionale in cui proiettare gli stati d’animo della propria infanzia, il quotidiano dell’esistenza, i vissuti del tempo presente, pur rimanendo vincolati ad una dimensione “puerile” che impedisce di svincolarsi da determinati affetti, da figure antiche da tempo introiettate, da proiezioni psichiche amicali, affabulatorie, suadenti ed allusive, difficili a morire tra le piaghe intrapsichiche e recondite del nostro super-io. La scrittura autobiografica si svolge all’interno di una temporalità dedicata al proprio sé, spesso negato perché connotato dall’ozio e sottratto alle leggi socialmente riconosciute della produttività e dell’utilità. Il tempo dedicato a sé può essere ricondotto alla categoria di libertà individuale, in una dimensione caratterizzata da lentezza, all’interno del vissuto
frenetico quotidiano, in cui non è previsto il momento di riflessione, uno spazio temporale che stimola la comunicazione con se stessi, in cui è possibile esercitare la pratica del raccoglimento al fine di attribuire senso e significato a tutte le esperienze che si susseguono a ritmo serrato e richiedono di essere rielaborate individualmente. Un tempo multiplo contiene il tempo del sogno, della fantasticazione, della riflessione, della conoscenza intrisa di emozionalità. Questi sono diversi aspetti tipici del rapporto intimo interiore soggettivo. La dimensione del sogno e della fantasia sono una risorsa vitale per la propria salute psichica, alimentando la creatività e stimolando una specie di tregua in cui è protagonista la sfera soggettiva. Lo spazio individuale dell’intersoggettività deve essere tutelato, difeso da un’eccessiva invasione della realtà esterna. Un valore soggettivo alla propria esistenza nella consapevolezza di un’unicità intrinseca è attribuito dai ricordi personali, dal proprio unico e irripetibile percorso esistenziale. Da questi momenti di raccoglimento e di rifugio dalla pressione degli eventi è resa possibile la terapia, in quanto cura del disagio. Infatti la dimensione del tempo dedicato a sé è rappresentabile come un “giardino segreto” in cui risulta possibile coltivare il rapporto intrapersonale e approfondire il dialogo introspettivo e autoreferenziale, per raggiungere una più intima introspezione analitica e solipsistica. L’attenzione al racconto della propria persona nella personale storia di vita risulta quale momento iniziatico per le molteplici suggestioni, per lo stupore dell’anima come occasione di scoperta e riscoperta di sé, riappropriandosene e rinnovando la curiosità verso la propria interiorità, in un processo di dinamiche intrapsichiche che conducono ad una sempre più specifica metaconoscenza. Il tempo della scrittura si svolge prevalentemente di sera, quando gli impegni della giornata sono stati esauriti e ci si dedica alla propria persona, in solitudine, unica condizione in cui è potenzialmente avverabile il dialogo autocentrato in modalità introspettive, che durante la sera esercita la sua funzione liberatrice dagli affanni diurni, in un’atmosfera caratterizzata per tradizione dalla riflessione sugli eventi vissuti, infatti durante il periodo serale avviene il ripensamento delle proprie azioni, il ripiegamento riflessivo sugli avvenimenti che predispone all’intima riflessione, come una specie di nicchia ideale in cui instaurare un autentico rapporto solipsistico. Lo spazio tutelato della scrittura autobiografica appartiene al soggetto che lo cerca e lo crea per intima necessità, quale luogo isolato, appartato, impermeabile agli affanni, in cui assaporare la propria libertà e le proprie qualità di analisi autoriflessiva, in una dimensione spazio-temporale assolutamente soggettiva che permette di ricrearsi, ritrovarsi, rifocillare l'anima. Il passaggio progressivo verso un’indispensabile autoconsapevolezza consiste nel riallacciare rapporti con la propria personalità, scoprendo il piacere di ascoltarsi e parlarsi, in cui il confronto aperto e autentico con se stessi implica il coraggio di mettersi in discussione, per cui la struttura diventa strumento autoformativo in quanto permette la coscentizzazione, l’interiorizzazione dei propri difetti ed il conseguente tentativo di crescita e di cambiamento. Quest’ultima istanza, il cambiamento appunto, testimone del significato pedagogico ed educativo del racconto di sé, si presenta, in primis, come processo naturale insito nel percorso metabletico dell’esistenza, evidenziato dalla riflessione autoreferenziale. Il processo trasformativo è legato anche all’esperienza della scrittura autobiografica, essa stessa generatrice di dinamiche autoreferenziali metabletiche e trasformative, in quanto le capacità espressive sono potenziate dalla stesura del racconto della propria storia di vita. Un importante livello di cambiamento, legato all’introiezione dei propri limiti, nasce dal tentativo di cambiarsi perché la scrittura autobiografica è prima di tutto un percorso di crescita, quale cambiamento desiderato che si esprime in un progetto su di sé, consapevoli della responsabilità nei confronti della propria crescita e del personale potere autoformativo.
Demetrio Duccio ( a cura di), L’educatore auto(bio)grafo, Milano, Unicopli, 1999, pp. 236