Cosa c’è dietro la rosa

di Barbara Alessandrini

Dalla ‘mignottocrazia’ al ‘mattatoio’. E poi finalmente basta, fine, stop. Lo scontro Guzzanti – Carfagna si è concluso ufficialmente sulle corde del simbolico linguaggio floreale utilizzato dal giornalista senatore del Pdl, che ha offerto una rosa bianca alla ministra più chiacchierata di questa legislatura. Forse troppo rapidamente, considerando la pruriginosa vocazione di lettori e ascoltatori ad abbeverarsi alla sempiterna fonte di giovinezza rappresentata dal gossip ‘scopereccio’, o meglio di ‘fellatio’, doviziosamente servito come il pollo della celeberrima scena di Tom Jons, tra un antipasto di cronaca nera e una minestra rosso pomodoro di commenti esteri ‘Obama – entusiasti’, dai media cartacei e non. Addirittura, nell'ultimo post sull'invitante argomento, datato 5 novembre, Guzzanti sostiene di aver reagito alla minaccia di querela da parte dell'avvenente ministro rallegrandosi con lei “perché io a mia volta ho querelato tutti coloro che spargono menzogne sul mio conto e apprezzo chi ha la schiena dritta”. In realtà, più della rosa, sembra, poté la puntualizzazione. Quella con cui Guzzanti ha chiarito che, di fronte alla eventualità di una citazione per danni, davanti al giudice avrebbe “fornito le indicazioni e i testimoni con i loro racconti”. Tanto più che “la minaccia di querela di Mara Carfagna” non preoccupa Guzzanti che esclude alcuna vocazione alla lite personalizzata con lei né alcuna intenzione di alimentarla. Martedì mattina l'ultimo atto: la rosa bianca e le scuse accettate da parte della ministra. Colpevole, a detta del senatore, di averlo provocato “a freddo” beccandosi la “reazione a caldo” che ha causato l'intasamento del blog per via di un ‘thread’. Dove il senatore ha chiarito, se con spericolata e sublime sofisticazione o meno lo avranno giudicato i lettori, l'intenzione di elevare il dibattito dal “verminaio di pettegolezzi e voci per muovere verso frontiere ed orizzonti più vasti”. Ciò che preme a Guzzanti è affrontare il rapporto tra la politica e i criteri di scelta. Come dire: dalla fossa delle Marianne alle vette dell'Everest. O meglio, un esemplare caso di quel modo di procedere che dal particolare conduce all'universale e che, ahimé, nemmeno il ‘tacchino induttivista’ ripreso da Popper sarebbe in grado di smontare. Poi è arrivata la rosa bianca. E, sebbene Natale sia alle porte, la Carfagna difficilmente finirà nel forno. Anche perché, ufficiosamente, la ‘querelle’ tra il senatore e il ministro si sarebbe avviata a conclusione in ben altri termini. Chi vocifera di un intervento da parte del capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. In fibrillazione per il dilagare incontrollato (ancora non ci sono argini che la politica possa mettere al torrentizio fiume che scorre on line) di una polemica in cui si è infilata, nel guardingo silenzio dell'universo parlamentare, anche la deputata del Pdl Melania Rizzoli a difesa d'ufficio della Carfagna. E chi ipotizza addirittura che sia stato Berlusconi ad imporre il silenziatore. La strattonata è comunque servita a concludere la vicenda nel migliore dei modi. Anche se l'irritazione del premier per l'incontrollato e inaspettato ritorno di quell'intossicato mix tra soap opera, thriller e hard movie in cui da mesi si intrecciano intercettazioni hard, politica e media, deve aver inquietato a tal punto il premier da non evitargli l'ultima gaffe su Obama “abbronzato”. (Laici.it)

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