Perché reprimere le potenzialità  dell’immigrazione regolare?

E’ in discussione in queste ore al Senato il ddl “Sicurezza” approvato mercoledì scorso in Commissione Sicurezza e Affari Costituzionali alla Camera. Rispetto al già restrittivo disegno di legge 733, si aggiungono ora una serie di emendamenti, prevalentemente leghisti, che contengono propositi a dir poco xenofobi e che ci auguriamo – se c’è ancora qualche persona responsabile nella maggioranza – non vengano approvati. Facciamo alcuni esempi.

Si conferiscono maggiori poteri agli Enti locali per “avvalersi di associazioni di cittadini per segnalare eventi a danno della sicurezza e cooperare al presidio del territorio”: in altre parole, si legittimano le ronde padane e simili, prefigurando un futuro nel quale esse saranno tranquille anche se agiranno abusi contro i presunti individui pericolosi. Magari verranno anche finanziate da qualche Comune, indebolendo tra l’altro il ruolo dei corpi preposti alla pubblica sicurezza.

Si propone di denunciare i senzacasa in un apposito registro a cura del Viminale. Di espellere entro 5 giorni e con una multa fino a 10mila euro (come la pagheranno?) i clandestini. I quali non potranno neanche sposarsi, secondo un emendamento che vuole vietare i matrimoni a chi non ha il permesso di soggiorno. Quest’ultimo a sua volta diventerà più difficile da ottenere sia in termini di burocrazia (soprattutto garanzie sul domicilio e severi test di lingua, anche per gli studenti) che di costi (tra tutte le pratiche si arriva a circa 200 euro).

I campi rom – chiede un altro emendamento – saranno ospitati dai Comuni solo dopo un referendum cittadino: è facile immaginare, con tutta la disinformazione sul tema che ci è valsa un richiamo ufficiale dell’Europa, che nessuno accoglierà neanche nella peggiore periferia questi campi, in un rimpallo continuo di responsabilità. Ma soprattutto: quale Comune vorrà spendere soldi per fare un referendum sul tema?

La Lega Nord ha poi dato il peggio presentando emendamenti come i seguenti, che si commentano da soli. Blocco dei flussi di ingresso per 2 anni. Pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche (quindi anche l'accesso al pronto soccorso) per gli immigrati irregolari. Per i medici obbligo di segnalazione degli irregolari. Per accedere agli alloggi pubblici, cioè alle case popolari, occorrano almeno 10 anni di residenza in Italia. E, ancora, la proposta di stop ai ricongiungimenti familiari per procura e il divieto di girare nei luoghi pubblici a volto coperto in modo che la persona sia sempre riconoscibile (su questo il Carroccio chiede che venga applicata in maniera più rigorosa la norma già esistente).

Viene proposto infine anche il permesso di soggiorno a punti, del quale avevo già parlato con amarezza. “Contestualmente alla presentazione della domanda per il permesso di soggiorno”, dice il testo, bisogna sottoscrivere un “accordo di integrazione articolato per crediti”, il quale prevede il certificato di conoscenza dell’italiano, l’adesione alla “Carta dei valori della cittadinanza italiana”, le “conoscenze basilari del sistema giuridico”, l’attestato di frequenza ad un corso di “integrazione sociale e culturale”, e la dimostrazione di “un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita della comunità”. Insomma, una specie di patente a punti, decurtabili a chi commette illeciti amministrativi (come le multe) o tributari (come le tasse).

Quello dell’integrazione diventa sempre più un percorso a ostacoli, figlio di un contesto culturale in cui lo straniero è un diverso da allontanare dalla vista, ma che va bene finché bada ai nostri anziani o coltiva i nostri campi clandestinamente.

Reprimere le potenzialità dell’immigrazione regolare è un errore. Il PdL dovrebbe riflettere sulle ragioni politiche che spingono la Lega ad elevare l’asticella su questi temi in questo momento. Dopo il trattato di Lisbona, immigrati e politiche d‘integrazione si trasformeranno in merce di scambio per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea? Scelta questa importante, che sostengo, ma che deve essere autentico atto di politica internazionale.

Mentre gli Usa eleggono presidente un cittadino multietnico come Obama, noi reprimiamo le potenzialità dell’immigrazione regolare. Non possiamo continuare su questa strada, lo credo fermamente. Per questo ho presentato una proposta di legge in controtendenza, volta a istituire il Consiglio nazionale per l’Integrazione e la Multiculturalità. Un organismo che promuova, coordini e monitori le politiche dell’integrazione sociale e culturale degli immigrati in Italia, sia a livello periferico che centrale, attraverso il contributo plurale di operatori del settore, organizzazioni di immigrati, associazioni delle categorie produttive e pubblica amministrazione. Visti i tempi la strada sarà dura, ma potrebbe diventare anche una partecipata battaglia di civiltà.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: