di Emilia Sina-Margelisch
E’ la pratica della democrazia che rende grande una organizzazione piena di ideali come le ACLI
Premessa .
Il recente Congresso nazionale delle ACLI Svizzere ha visto la discesa in campo di due candidature: quella del Presidente uscente Ennio Carint e quella di Emilia Sina, ex Presidente intercantonale della Svizzera tedesca. Una candidatura quest’ultima , nata spontaneamente dalla base aclista , in nome di una forte richiesta di rinnovamento del gruppo dirigente e della linea delle ACLI.
Pur essendo stata votata dal 25% dei delegati ,questa candidatura e il programma che la sosteneva è stata completamente rimossa dai comunicati ufficiali finali a commento del Congresso,in nome di un unanimismo di facciata che rivela ancora una volta una forte carenza di dialettica interna ,democratica , pluralista e rispettosa di tutte le opinioni anche se minoritarie.
Una sottovalutazione che non tiene conto del consenso maggioritario, ottenuto da Emilia Sina , in una delle realtà del paese a fortissima presenza aclista ,quale la Svizzera tedesca ove sono presenti 22 circoli delle ACLI , punto di riferimento con i loro servizi patronali e formativi di migliaia di nostri connazionali.
Al fine di colmare questa “amnesia” ho ritenuto utile divulgare il mio commento al Congresso.
Si invia con preghiera di pubblicazione la lettera inviata ai delegati e agli iscritti della ACLI Svizzere:
Carissimi amici, vi scrivo alla fine di un Congresso che come immaginavo ha evidenziato le contraddizioni insite nelle ACLI svizzere che permane all'interno dell'organizzazione contro ogni forma di rinnovamento e d’innovazione e contro chi con coraggio le persegue.
Un congresso nel quale ,se pur in modo minoritario, si è comunque evidenziata una vitalità e un anelito democratico per rafforzare valori ed idealità la nostra organizzazione di cui occorrerà tener conto.
Il Congresso ha confermato l'assenza di mediazione tra nuove e vecchie generazioni,una impossibilità di confronto dialettico,una mancanza di visione del mondo che ci attende e soprattutto la mancanza di un percorso per costruire un nuovo gruppo dirigente in grado di affrontare il nuovo
.A ciò vorrei aggiungere il mio giudizio negativo sulla presa di posizione a favore del candidato Carint ,da parte di chi attualmente svolge un importante ruolo istituzionale.
Meglio sarebbe stato un atteggiamento più equilibrato e neutrale ,visto che egli deve la propria posizione all’attivismo a suo favore di molti militanti aclisti,tra cui la sottoscritta.
Nonostante ciò io ho mantenuto un atteggiamento sobrio , rinunciando allo scontro e ai personalismi che certamente avrebbe pagato di più in termini di consenso ma che avrebbe svilitola mia ricerca di un consenso consapevole e costruttivo. Nella mia relazione ho tentato di far pensare,di far riflettere ma tale era il rifiuto del pluralismo che nessuna risposta mi è venuta dal Presidente il quale ha semplicemente ignorato la presenza di un’altra candidatura ,dopo aver tentato in tutti i modi di convincermi a non presentarla ,
Detto questo,non sono affatto pentita della mie scelte: sono serena e agirò con la coerenza e la lealtà che mi ha sempre contraddistinto nella mia azione a favore delle ACLI. Occorre a mio avviso ,guardare ai fatti e ai risultati prodotti dal Congresso in modo razionale, affinché possiate tutti trarne dei giudizi e dei convincimenti che vanno al di là dei numeri e dell'impatto emotivo nel quale ci si sta attardando dividendo le ACLI tra vinti e vincitori, perdendo così di vista il cammino che occorre da subito intraprendere
. Il Presidente scopre, dopo aver cavalcato le divisioni territoriali di essere in una unica organizzazione quando pur di far prevalere la sua linea di conservazione sono state emarginate intere aree del paese..
I suoi più accesi sostenitori in modo sguaiato, hanno celebrato la sua vittoria (dopo avermi insultato per bene al Congresso) in modo primitivo e folkloristico con canti e urla che ben poco hanno a che fare con lo spirito cristiano delle ACLI, ( parlo del signor Plutino per chi non lo avesse visto alla fine dell’assise congressuale),evidenziando ancora una volta l'azione di personaggi trasformisti come il signor Alban che pur di avere a disposizione un microfono (e un ruolo) si sono spesi come al solito a favore del più forte di turno , alimentando il dissidio e la contrapposizione interna persino nella provincia di appartenenza,la mia provincia.
Il tutto si è giocato non su quanto io ho detto o espresso in termini d’idee e progettualità ma solo sulla mia competizione con il Presidente uscente, giudicata da taluni prematura se non inopportuna.
Probabilmente in questo giudizio pesa la differenza di età tra me e il Presidente il fatto di essere una donna. Una cinquantenne a quanto pare non può ambire a una carica nazionale, nonostante sia stata presidente intercantonale per otto anni di 22 circoli distribuiti su sette cantoni di lingua tedesca, rispetto a un settantenne, senza essere giudicata “arrivista”. Forse dovremmo imparare dalla Chiesa cattolica che manda in pensione i nostri vescovi a settant'anni o dalle ACLI nazionali che hanno puntato su un giovane come il Presidente Oliviero,invece che esprimere giudizi superficiali su una candidatura la mia,scaturita dalla base aclista.
Vale la pena segnalare a chi oggi inneggia alla maggioranza dei numeri come elemento intoccabile di verità per sminuire il pluralismo interno ,il concetto di “minoranze attive”.
A tutti costoro ricordo ,citando testualmente dai sacri testi della sociologia moderna che :
“Le minoranze vitali non vanno alla ricerca del consenso e guardano al confronto con il mondo, con la modernizzazione, con i processi d’innovazione, I poteri forti, le classi dominanti cercano solo facili consensi. Questo crea una distanza enorme tra la minoranza vitale e la maggioranza dei più,legata al conformismo. Le minoranze attive nel tempo possono condizionare le maggioranze e diventare esse stesse alla fine maggioranze. Una minoranza attiva, dunque, che manifesta uno stile consistente contrario allo spirito del tempo (privo, cioè, di concessioni al vento della storia o alle mode del secolo), deve mettere in programma la possibilità di un insuccesso, almeno temporaneo, perché si scontra, nel suo agire, con un naturale effetto di repulsione degli individui per loro natura conservatori.”
Caro Presidente nel “conformismo”, una maggioranza tende a suscitare negli individui un modo di pensare “convergente”, mediante il quale un individuo può adottare o rifiutare un punto di vista prevalente, ma in ogni caso tende a valutare un problema dalla stessa prospettiva assunta dalla fonte. Una minoranza, invece, produrrebbe un'attività cognitiva “divergente”, spingendo l'individuo a considerare il problema non solo dal punto di vista della fonte (minoritaria), ma da molteplici prospettive .
Nella democrazia le minoranze vanno rispettate. Occorre prendere esempio dalla Chiesa che non deroga mai dai suoi principi,anche quando non è in linea coi tempi e anche quando è minoritaria nella società. Non sempre chi è in maggioranza ha ragione o tutte le ragioni. Non avremmo superato i totalitarismi se fosse passata questa logica e non potremmo oggi manco criticare Berlusconi che nel bene e nel male rappresenta la maggioranza degli italiani.
E’ la pratica della democrazia che rende grande una organizzazione piena di ideali come le ACLI
Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto e anche coloro che magari non mi hanno ancora compresa ,rassicurandoli che io non appartengo alla categoria di chi se ne va per una battaglia persa. Io rimango e rimarrò nelle ACLI.
In fondo a chi può far paura una piccola donna armata solo delle sue idee di fronte ai tanti così convinti e così rassicurati dall’esito congressuale finale, al punto di non citarmi nel comunicato finale distribuito alla stampa alla fine del Congresso?
Con cordialità Emilia Sina-Margelisch