Un milione e mezzo di case americane sott’acqua

Ancora oggi alcuni parlano di questa crisi come di una fase recessiva appena iniziata , altri invece insistono che, pur essendo la fase di crisi acuta, tuttavia non si puo’ ancora parlare di “recessione” perche’ questa scatta solo dopo che per due trimestri consecutivi il PIL (prodotto interno lordo) di un paese presenta un indice di crescita negativo.
Intanto bisognerebbe precisare a quale paese ci si riferisce, poiche’ il PIL e’ un indicatore tipico di ogni singola economia, percio’ gli Stati Uniti hanno il proprio ed ogni paese europeo anche. Quindi gli USA potrebbero essere in recessione, e l’Italia no, o viceversa. Comunque, tecnicamente, nessun paese e’ ancora in recessione, anche se le economie di tutti i paesi hanno gia’ rallentato molto. Pero’ le stime di crescita degli economisti per i prossimi 6 – 12 mesi sono tutte orientate al pessimismo, anche considerando il fatto che gli effetti peggiori di questa crisi, quelli che hanno falcidiato la liquidita’ delle banche e messo KO tutte le borse, si sono verificati proprio recentemente, tra la meta’ di settembre e la meta’ del corrente mese di ottobre.
I riflessi negativi di questa fase negativa acuta si riperquoteranno pertanto sulle economie a partire da questo mese, e quindi “tecnicamente” prima di poter affermare che siamo in recessione dovremmo aspettare sei mesi.
Ma lasciamo pure fare queste dissertazioni a chi fa l’economista di mestiere. Il mio (e di molti altri) parere e’ invece che la recessione e’ sostanzialmente gia’ in corso, e forse lo era gia’ dall’inizio dell’anno, se vogliamo considerare il momento in cui la crisi ha preso una piega grave, di non immediato ritorno.
Che si andasse incontro ad una crisi grave, che sarebbe sfociata in recessione, era gia’ avvertibile dallo scorso autunno, quando apparve evidente che la cocciutaggine del governo americano in una difesa a oltranza del libero mercato porto’ alla decisione di non atttuare urgenti provvedimenti per raffreddare la crisi dei mutui “subprime”, e che cio’ avrebbe innescato una crisi grave, con seri rischi anche di recessione.
Quella crisi ha messo a nudo l’eccessiva liberta’ dei mercati finanziari e la presenza di una gigantesca “bolla” speculativa, estesa in tutto il mondo, sui derivati finanziari che avevano finanziato proprio quei mutui. Bolla che a sua volta, quando ha cominciato a sgonfiarsi, ha trascinato in un gorgo inarrestabile tutte le banche d’affari, non solo americane, che sopra quella bolla avevano navigato allegramente e irresponsabilmente.
A peggiorare il tutto si era nel frattempo scatenata in borsa anche una irrefrenabile corsa al rialzo dei prezzi del comparto energetico, con il prezzo del barile di petrolio che toccava e superava i 150 dollari al barile. Questa “fiammata” bastava gia’ da sola a dare un durissimo colpo alla fiducia dei consumatori di tutti i paesi non produttori di petrolio e gas per energia (tra i quali gli USA, tutti quelli della vecchia Europa, piu’ Cina e India).
Quindi, con tutto quello che e’ successo, e sta ancora succedendo, non si capisce proprio dove qualcuno riesca ancora ad esprimere dubbi sulla recessione.

Eppure c’e’ chi, anche ai massimi livelli di responsabilita’ di governo, ancora non sa che pesci pigliare.
Prendete per esempio il governo americano, la cui inazione, pareggiata solo da quella del Congresso (spesso in guerra tra di loro), ha portato all’assurdo che ancora oggi, 14 mesi dopo che la crisi dei mutui americani ha mostrato tutta la sua virulenza, non ha ancora preso, a fronte di questo specifico problema, alcun serio e definitivo provvedimento.
Si giustificano dicendo che la causa dell’inazione sta nel circa un milione e mezzo di case “sott’acqua”.
No, non sono gli uragani (in qualche caso si pero’) a far andare sott’acqua (underwater) le case, e’ un modo di dire americano per significare quelle case che, a causa della perdita di valore seguita al crollo del mercato immobiliare, hanno visto il proprio valore di mercato scendere abbondantemente sotto quello che era stato prestato dalla banca per l’acquisto.
In questi casi diventa piu’ conveniente per il proprietario della casa lasciare che la banca si riprenda la casa attraverso la rapidissima procedura del “foreclosure”, piuttosto che pagare le rate del mutuo. Questo e’ ancora piu’ vero nei molti casi di coloro che non avevano acquistato la casa per abitarla, ma come forma di investimento, che ora e’ diventato non piu’ conveniente e quindi viene abbandonato senza rimpianti. Lasciando peraltro in molti casi nelle peste non solo le banche (che perdono almeno il 25-30% di quel denaro prestato), ma spesso anche dei poveri innocenti inquilini che si trovano sfrattati pur avendo sempre pagato regolarmente l’affitto.
Oltre a quelle che sono gia’ sott’acqua, negli USA ci sono altri 19 milioni di case che potrebbero andarci presto, entro il 2010.
Certamente, il governo si trova nella non facile situazione che, se decide di aiutare i proprietari di case “sott’acqua”, per esempio utilizzando il fondo di 700 miliardi stanziato il mese scorso, si troverebbe in breve tempo una fila di 19 milioni di mutuatari a chiedere l’aiuto di Stato. Praticamente tutti quei 19 milioni troverebbero addirittura convenienza a non pagare il mutuo della casa anche in quei casi che potrebbero farlo. In questo caso, calcolando a 200.000 dollari il valore medio dei mutui (fonte IHT) il debito teorico di cui il governo si dovrebbe fare garante sarebbe pari a 3.800 miliardi di dollari. Troppi anche per il governo USA.
Una soluzione sarebbe quella di affidare ad agenzie specializzate l’individuazione dei casi veramente bisognosi e “salvabili”, ma era gia’ stata scartata lo scorso inverno, perche’ istituire delle agenzie specializzate a questo scopo richiederebbe tempo e comunque avrebbe dei costi.
Ma il tempo intanto e’ passato senza far niente, la crisi diventa ogni giorno piu’ grave e il denaro necessario a tamponarla aumenta sempre di piu’.
Ci possiamo consolare vedendo che Greenspan, l’osannato ex presidente della Federal Reserve americana dai tempi di Reagan e fino a due anni fa, grande teorico del mercato assolutamente libero, ha ammesso oggi in una intervista, quasi in stato di shock, di essersi sbagliato?
Lui ha sempre creduto fermamente che le banche si sarebbero autoregolate grazie alla forza del mercato, oggi ha pero’ ammesso sconsolato che la crisi ha raggiunto dimensioni che mai avrebbe immaginato.
Beh, ringraziamolo almeno per l’onesta’ intellettuale, ma se solo avesse aperto gli occhi l’anno scorso (quando altri meno noti di lui diedero l’avviso, inascoltati da Bush & C.), probabilmente tutto questo casino non sarebbe successo.

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